Anteprima
Vedrai una selezione di 6 pagine su 21
Tesi, Traducción del cuento "De algún tiempo a esta parte" de Max Aub. Análisis y comentario Pag. 1 Tesi, Traducción del cuento "De algún tiempo a esta parte" de Max Aub. Análisis y comentario Pag. 2
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tesi, Traducción del cuento "De algún tiempo a esta parte" de Max Aub. Análisis y comentario Pag. 6
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tesi, Traducción del cuento "De algún tiempo a esta parte" de Max Aub. Análisis y comentario Pag. 11
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tesi, Traducción del cuento "De algún tiempo a esta parte" de Max Aub. Análisis y comentario Pag. 16
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tesi, Traducción del cuento "De algún tiempo a esta parte" de Max Aub. Análisis y comentario Pag. 21
1 su 21
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Credo che ora abbia un po' meno freddo. Di cosa ti stavo parlando? Ah sì, della Spagna. Tu sì

che lo sapevi cos'era un carro armato. Anche gli internazionali. Un giorno abbatterono le linee

nemiche. I soldati spagnoli erano quasi rimasti senza ufficiali, a causa della loro ribellione, e

non sapevano ancora manovrare quei congegni. Per un motivo o per l'altro, quelli che

guidavano il macchinario, tutti volontari stranieri, giovani e vecchi, ex soldati, operai di Parigi,

di Berlino, di Cuba, contadini da tutte le parti del mondo, si trovarono soli in mezzo alle linee

fasciste. Non vedendo la fanteria, decisero di tornare indietro. Ma dato che non conoscevano

bene il territorio si perdettero. Erano tornati in terra franca, ma non lo sapevano. Ti rendi

conto, no? Erano già in salvo, ma non lo sapevano. Gli finì il carburante. Quindi scesero dai loro

carri e li distrussero. E quando sopraggiunsero i repubblicani, siccome essi non avevano

uniformi distinte da quelle dei superiori, i volontari, credendo che fossero fascisti, si tolsero la

vita: perché non li torturassero o non li obbligassero a dire ciò che sapevano sotto tortura o ad

inventare ciò che non sapevano. Perché anche tra di loro vi erano tedeschi con familiari nel

Reich. E russi. Non ti sembra una storia terribile? E una storia meravigliosa. Non si saprà mai

chi fossero, né come si chiamassero. E' il contrario della paura. Dice Richter che questa si

chiama solidarietà, e che là sono stati sepolti in più di ventimila. Ventimila madri che piangono

perché non sanno dove sono sepolti i loro figli, però ventimila che sanno perché sono sepolti.

Ventimila madri che hanno la certezza che i loro figli non stessero dalla parte degli altri... Che

non sono nel dubbio come sono io. Ma è vero che non è possibile che Samuele fosse in

combutta con quelli? E comunque, sai che a Grossman hanno lasciato la fabbrica? E anche la

banca. Ha solo cambiato nome. E non ne vuole sapere più niente di noi. I suoi soldi gli sono

costati. Io accetto tutto ciò che il Signore vuole mandarmi come sofferenza, ma c'è qualcosa in

me che mi spinge a gridare il dolore delle mie ferite. Lo so che ormai non mi ascoltano più

nemmeno queste pareti. Forse mi sente Susanna, là in America. Sai che non lasciano che i

Lowenthal se ne vadano in Brasile? Hanno tutte le carte in regola, ma esigono che paghino i

contributi di ciò che possedevano, di tutto ciò che gli hanno sottratto. Dato che gli hanno tolto

quel che avevano non possono pagare. Sono andati a trovare Grossmann perché li aiutasse.

Non li ha voluti ricevere. Quando morirà gli si riempirà lo scheletro di lerciume e sarà

tormentato all'infinito. Non te lo volevo ancora dire, ma Susanna mi ha scritto da Chicago,

dicedomi che devo fare tutto il possibile per provare di uscire, che loro mi invieranno il denaro

di cui ho bisogno. Subito sono venuti quelli della polizia a dirmi di accettare. Hanno fatto la

stessa cosa con la zia Maria, e quando ha ricevuto i dollari se li sono tenuti loro, per pagare le

loro imposte... Non appena ti hanno portato via la seconda volta, sono andati alla fabbrica,

hanno fatto un inventario e hanno confiscato ciò che c'era. Dopodiché hanno portato le fatture

di ogni cosa e ho dovuto pagare come se avessimo comprato le nostre cose. Walter ha provato

di protestare: gli hanno mostrato l'inventario. Dato che non c'erano più soldi, il capo del

gruppo si è tenuto tutto. Elsa mi ha detto che sono anche stata fortunata: suo padre l'hanno

messo a lavorare ad uno dei suoi tornii, fino a che non avesse pagato il dovuto per la morte di

von Rath con i suoi giornali. Dicono che l'abbiano fatto uccidere loro stessi. Tutto d'un colpo si

sono liberati di lui perché li disturbava, e hanno dato la colpa agli ebrei. Von Rath... Te lo

ricordi, no? Io avevo lasciato la torta a metà. Andai a casa di Marta. All'entrata del viale vidi

venire verso di me un gruppo di persone; non erano molti, no. Urlavano in mezzo alla strada,

facevano fermare le automobili vicino alla parete, aspettando di vedere che succedeva. Mi

presero per il braccio, provando di trascinarmi perché stessi con loro, ma io mi ero resa conto

di ciò che si trattava e gli dissi che non mi sentivo bene. E mi lasciarono andare. Non sono mai

stata una persona che si fa notare. Ricordo che il cielo era basso e che svolazzavano in cerchio

alcuni fogli di carta. Io stavo tremando, avevo freddo. Ma non come adesso, perché adesso

ormai ho paura. No, non ho paura. La paura adesso è di tutti. E' l'odio ciò che ho ora, e l'odio

riscalda. Si sentivano dei rumori da lontano, e io non potevo nemmeno girare la testa. Poi me

ne andai in tutta fretta. Perché ti racconto di nuovo questa cosa? O ho sempre pensato che tu

lo sapessi e non te l'ho mai raccontato? Di quanto mi sarò allontanata? Di venti passi? Subito

dopo vidi i negozi distrutti. Almeno dieci. Ti ricordi? Di fianco al negozio di Schlesinger c'era

quella dei vecchi di Bratislava che vendevano vestiti usati; poi il negozio di cianfrusaglie di

Fuchs e la cappelleria di quel bravo ragazzo di Berlino che si è voluto sposare con la figlia di

Marta, e, dall'altra parte, il caffè e la tinteria degli Schiller. E in mezzo alla strada era pieno di

gente; sul marciapiede, pieno di vetri rotti. Sembravano specchi e su di loro si specchiava il

cielo. Edmondo, il figlio maggiore degli Schiller, con la sua espressione indecifrabile, spazzava

il marciapiede di fronte a casa sua, molto serio, con gli occhi bassi. Mi ha visto e non ha detto

nulla. Un uomo lo guardava fissamente e rideva; prese una pietra da non so dove e ruppe lo

specchio che c'era su un lato del negozio. "Lavora, figlio di un cane, che non ti costa nulla", gli

ha detto. Forse alcuni si sono vergognati, perché si sono girati e se ne sono andati. Io non mi

potevo muovere. Dentro il negozio di Fuchs non c'era nessuno e per il marciapiede correva un

rivolo di sangue; due bambini lo guardavano, molto seri. "Io l'ho visto", ha detto uno dei due.

"Voleva picchiare un S.S." La gente era accorsa di nuovo e io, anche se avessi voluto, non sarei

potuta passare. Avevo paura che qualche vicino mi riconoscesse. Tutto questo per quel rivolo

di sangue. "Sangue di maiali" dicevano. "Lavalo", ordinarono a Edmondo. Lui continuava a

spazzare come se non si accorgesse di quello che stava succendendo. "Che lo pulisca", gli

gridarono in due o tre, tra di loro c'era una donna che sembrava ubriaca. "Ci senti?" gli dissero.

Lo sai che il poveretto è sordo come una campana. "Se non lo pulisce, che lo lecchi", urlò la

donna. Quell'idea mosse un gran entusiasmo e si avventarono in quattro sopra il ragazzo. Lo

presero, due per i piedi e due per le braccia, e lo dondolarono come una scopa, con la testa in

basso, sfregandogli il grugno contro le piastrelle del marciapiede. Ogni volta compariva più

sangue. E non mi potevo allontanare. Ti rendi conto? Non potevo. Al ragazzo dovevano

conficcarsi i vetri nella faccia. Si stancarono dopo poco, perché i due ragazzetti si erano

intrufolati all'interno del negozio ed erano usciti con due "renards" attorno al collo. La gente si

precipitò dentro il negozio come un torrente. Pestarono Edmondo, che se ne andò

trascinandosi al suolo fino a casa sua. Io in quel momento ero incastrata in un portone, perché

la gente continuava ad aumentare. Mi sentivo come morta. Volevo andarmene, uscire, gridare,

ma non riuscivo. Mi stringevano contro il muro, mi schiacciavano. Credo che ad un certo punto

svenni, ma non potei nemmeno cadere per terra dato che ero sostenuta da tanti corpi. Nel

frattempo arrivarono i pompieri, perché la casa di fronte stava bruciando, ma gli ostruirono il

passaggio con le asce che si erano portati dietro. La gente urlava: "Che brucino, che brucino."

Un uomo, ben vestito, ruppe l'unico vetro ancora integro in casa di Anna. Sembrava

soddisfatto della sua impresa, come un bambinetto orgoglioso della sua mira. Urlavano tutti

come matti. Io non mi potevo muovere se non dove mi portava la folla. Come quando abbiamo

preso la metro, a Parigi, non più di dieci anni fa. A una donna che gridava come un'ossessa

venne un attacco di nervi, cadde e la pestarono. Sembravano posseduti dal demonio. Credi che

potesse essere così? Sembrava che avessero fame. Credevo di morire. La guerra dev'essere una

cosa simile, anche se voi ci raccontate altre cose per tranqullizzarci. Quello che ricorderai di

sicuro è di come arrivai a casa. E di come piansi abbracciata a te. Tu cercavi di calmarmi, come

sempre, assicurandomi che non ci sarebbe potuto accadere niente. Parlammo poco mentre

cenammo; ricordo solo che mentre ti servivo il caffè, ti dissi: "Sono quasi contenta che sia

morto". E che piansi. Allora riuscivo ancora a piangere. Tu mi davi delle pacchette sulla spalla,

dicendomi: "Su, non essere sciocca, non essere sciocca", come se avessimo vent'anni. Quella

stessa notte vennero per te. E ti liberarono il giorno seguente. Perché ti hanno preso? Non l'hai

mai saputo. Quella notte fu spaventosa, anche peggio di queste di adesso. Pensavo solo come

sarebbe stato facile uccidermi, e meno doloroso. Se avessi avuto qualcuno vicino forse mi sarei

suicidata. Morire soli è più difficile che morire con un'altra persona di fianco. Per questo

capisco Emilia Kühne. Era durante le celebrazioni delle feste in occasione della rottura del

fronte est dei repubblicani spagnoli. "La morte non ha importanza", diceva Emilia. Ma non

voleva morire da sola. E venne a cercarmi. Non perché morissi con lei, ma perché le stessi

accanto in quel momento. Io non ne ebbi il coraggio, mi rifiutai e ci andò Maria. Maria era

molto coraggiosa: quando eravamo piccole era sempre la più decisa, era sempre la prima a

salire l'inferriata di quel giardino in cui della casa andavamo a giocare noi, i bambini del

palazzo. Maria era quella che rispondeva al portiere, quando gli pestavamo il prato. Stette con

Emilia fino alla fine. Si avvelenò. Maria tenne la sua mano dentro la sua fino a che non morì. Fu

un peccato, ma un bel peccato. Io non avrei potuto farlo. Di sicuro Emilia aveva sofferto più di

chiunque altro. Più di me, lo sai che non è vero; ma più di chiunque altro...

Avrei voluto dormire, anche se per poco. Ormai non dormo quasi mai, o se dormo non me

ne accorgo. Fa troppo freddo. Domani devo pulire la nostra sala da pranzo. Ogni mobile mi

ricorda la nostra vita, e quella di Samuele. Non mi hanno lasciato il tempo di portare via nulla.

Roberto ha detto alle S.S. che non avevano alcun diritto, che avrebbe chiamato il commissario.

Gli hanno risposto di farlo, s

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
21 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/07 Lingua e traduzione - lingua spagnola

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Luzziola di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della lingua spagnola e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof del Barrio de la Rosa Florencio.