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Risolto il problema di quale approccio
linguaggio e la realtà (approccio filosofico e non scientifico), ci si pone un’altra
domanda: fin dove si spinge la capacità umana di plasmare il mondo attraverso il
linguaggio e, al contrario, quanto il linguaggio modella la mente umana e i suoi
pensieri? nell’opera
Questa questione viene affrontata nello specifico La diversità delle
lingue, che verrà analizzata nel prossimo capitolo. 13
3 La diversità delle lingue
«In quest’opera mi propongo di considerare il nesso che lega la diversità delle
25
lingue e la divisione dei popoli alla produzione della forza spirituale umana»
Con queste parole Humboldt termina l’introduzione alla sua ultima opera. Il suo
intento è chiaro: indagare le più alte manifestazioni dello spirito umano che
costituiscono il terreno comune da cui poi si declina l’infinita varietà del genere
umano.
La divisione del genere umano in popoli e gruppi etnici e la diversità delle lingue e
degli idiomi sono bensì fenomeni connessi l’un l’altro immediatamente, ma sono pure
a loro correlati e subordinati ad un terzo fenomeno superiore: al prodursi della forza
26
spirituale umana in forme sempre nuove e spesso più elevate.
Tra le manifestazioni più elevate si trova, ovviamente, il linguaggio, che è anzi
condizione necessaria al/per il plasmarsi dello spirito e del mondo. Lo studio del
linguaggio deve essere quindi sempre imprescindibilmente legato allo studio
dello spirito umano, e viceversa:
Lo studio linguistico comparato, l’indagine precisa e approfondita dei molteplici modi
in cui innumerevoli popoli assolvono il compito della formazione del linguaggio, a
tutti, in quanto uomini, indistintamente assegnato, perde ogni più alto interesse, se non
si collega al punto in cui la lingua è connessa al plasmarsi della forza spirituale della
27
nazione.
Già delle prime pagine, quindi, si coglie la critica humboldtiana alla linguistica
comparata dell’epoca, che studia la lingua senza connetterla con lo sviluppo della
forza spirituale della nazione. Al contrario, la linguistica dovrebbe rendersi conto
che la diversità delle lingue comporta una diversità delle visioni del mondo, e che
quindi, data la natura spirituale delle lingue, esse possono essere indagate solo
tramite una fusione tra filosofia e linguistica. Un altro concetto che appare sin da
subito è quello di nazione, concetto che lui elabora in particolare durante il suo
soggiorno a Parigi. La nazione non è semplicemente un’istituzione politica o
statale, ma è uno dei primi ambiti in cui la differenziazione linguistica si
manifesta. Infatti, sebbene la lingua, in quanto creazione del linguaggio, sia una
facoltà umana che si esprime solo nell’atto individuale del parlare, per essere tale
deve appartenere a una comunità, e questa comunità, secondo Humboldt, è prima
di tutto la nazione. La nazione perciò si presenta da una parte come un terreno in
cui si sviluppa una lingua nazionale, una lingua cioè condivisa da un più ampio
numero di persone; dall’altra, la lingua plasma l’identità nazionale, poiché, come
detto in precedenza, non si può giungere a nessuna percezione del mondo senza
l’intermediazione linguistica.
Questi concetti verranno poi ripresi e approfonditi nel corso dell’opera.
25 W. von Humboldt, Über die Verschiedenheit des menschliches Sprachbaues und ihren Einfluß auf die
geistige Entwicklung des Menschengeschlechts, trad. italiana La diversità delle lingue, Lecce, Laterza,
2000, pag. 10.
26 Ivi, pag. 9.
27 Ibidem. 14
Considerazione generale sul processo di sviluppo dell’umanità
3.1
Nel primo capitolo Humboldt approfondisce in particolare la sua definizione di
spirito e, ovviamente, il suo intrinseco rapporto con il linguaggio. Si parte
dall’inizio, dal momento in cui l’uomo è potenza non ancora diventata atto (per
citare Aristotele):
Originariamente tutto è interna ad esso [lo spirito umano]: la sensazione, il desiderio,
il pensiero, la decisione, il linguaggio e l’azione. Ma non appena viene a contatto con
il mondo, ciò che è interiore continua ad agire per sé, determinando, attraverso la
28
forma che gli è propria, le altre attività interne o esterne.
Ecco che, come avevamo già accennato in precedenza, lo spirito umano, non
appena viene a contatto con il mondo, inizia a plasmarlo secondo «la forma che
gli è propria». In questo processo di formazione del mondo il linguaggio di certo
non può mancare, essendo, appunto, una delle forme più elevate dello spirito:
Il linguaggio è profondamente intrecciato allo sviluppo spirituale dell’umanità, lo
accompagna per ogni grado di progresso o regresso locale, di modo che lo stato di
cultura di un’epoca è riconoscibile anche in esso. Vi è tuttavia un’epoca in cui non
scorgiamo che il linguaggio, dove esso non accompagna semplicemente lo sviluppo
29
spirituale, ma ne prende interamente il posto.
C’è un momento, quindi, in cui il linguaggio stesso rappresenta lo sviluppo
ed è il momento in cui l’uomo concepisce il mondo esterno tramite
spirituale,
l’atto linguistico di designare gli oggetti attorno a sé. Da una parte, perciò,
abbiamo il linguaggio, che rappresenta una fase spontanea dello sviluppo
dell’uomo; dall’altra, abbiamo la lingua, che è invece legata alla vita dei singoli
individui, popoli e nazioni, e nasce e muore insieme a essi:
Il linguaggio possiede un’attività spontanea che si rende a noi visibilmente manifesta,
benché inesplicabile nella sua essenza, e, considerato da questo lato, non è un prodotto
dell’attività, ma una emanazione volontaria dello spirito, non è un’opera delle nazioni,
[…] Non è un vano gioco di
ma un dono che a esse è toccato per il loro intimo destino.
parole affermare che il linguaggio è un’attività spontanea che scaturisce solo da sé
stessa ed è divinamente libera, mentre le lingue sono legate e dipendenti dalle nazioni
30
cui appartengono, poiché si sono posti entro limiti ben determinati.
Humboldt poi prosegue prendendo le distanze dalla teoria della dialettica
hegeliana che aveva riscosso tanto successo nella sua epoca. Mentre Hegel
ritiene che il processo di sviluppo dello spirito si articoli in tre fasi (tesi, antitesi,
sintesi) con lo spirito assoluto come scopo finale, e che perciò sia un processo
graduale con un progresso sempre maggiore alle varie fasi di sviluppo, Humboldt
28 Ivi, pag. 11.
29 Ivi, pag. 12.
30 Ibidem. 15
al contrario non crede che esista un fine nella storia, né che lo sviluppo umano
abbia un andamento progressivo:
In ogni visione d’insieme della storia universale si riscontra un progresso a cui anche
qui si è accennato. Tuttavia non è affatto mia intenzione erigere un sistema dei fini o
delineare un perfezionamento all’infinito; al contrario, mi trovo su un cammino del
tutto diverso. Popoli e individui proliferano, per così dire, propagandosi
vegetativamente come piante sul suolo terrestre, e godono la loro esistenza
31
felicemente e operosamente.
Anzi, poco dopo Humboldt chiarisce che «le manifestazioni più elevate non sono
32
necessariamente le più tardive» , per cui non è vero che lo spirito umano segue
un percorso unidirezionale scandito da un sempre maggior progresso: «Il
fenomeno della forza spirituale dell’uomo, nella sua varietà di forme, non è
del tempo e all’insieme del già dato» 33
legato ai progressi
Lo stesso ragionamento può essere applicato al linguaggio. Non esiste una
gerarchia delle lingue che stabilisca quali lingue sono più prestigiose e quali più
scadenti, né esistono lingue primitive o più sviluppate in base all’età della loro
comparsa:
Naturalmente il medesimo modo di vedere è altrettanto applicabile alle principali
attività della forza spirituale umana e segnatamente a ciò cui vogliamo qui
soffermarci, al linguaggio. La diversità che esso presenta può essere considerata come
lo sforzo con cui la potenza della parola, insita universalmente in tutti gli uomini,
erompe più o meno felicemente, favorita o ostacolata dalla forza spirituale immanente
34
dei popoli.
Tuttavia le lingue possono essere più o meno perfette in base alla loro forza
spirituale, o meglio in base alla forza spirituale del popolo che parla tale lingua;
non è quindi una questione cronologica o di progresso generalmente inteso
(tecnologico o scientifico), ma di predisposizione spirituale dei parlanti:
La miglior riuscita può dipendere in effetti dalla intensità e dalla pienezza della forza
spirituale che opera sulla lingua, ma può anche dipendere dalla particolare
adeguatezza di tale forza spirituale alla formazione della lingua: per esempio dalla
particolare chiarezza e dall’evidenza intuitiva delle rappresentazioni, dalla profondità
di penetrazione dell’essenza di un concetto per estrarne prontamente il tratto più
caratteristico. […] Ora, che nazioni più felicemente dotate e poste in condizioni più
favorevoli possiedano lingue più perfette di altre, è insito nella natura della cosa
35
stessa.
Più un popolo o una nazione sono spiritualmente fecondi, più la lingua da loro
parlata rifletterà tale spiritualità nella sua forma e nella sua struttura. Ed essendo
la lingua un elemento di mediazione per la conoscenza del mondo, anche la
31 Ivi, pag. 13.
32 Ibidem.
33 Ibidem.
34 Ivi, pag. 14.
35 Ivi, pag. 14 ss. 16
Weltanschauung che ne consegue risentirà della maggiore o minore spiritualità
dei parlanti:
La produzione del linguaggio è un bisogno interiore dell’umanità, ossia non
semplicemente un bisogno esteriore, finalizzato al mantenimento dei rapporti sociali,
ma un bisogno insito nella natura stessa dell’uomo, indispensabile per lo sviluppo
delle sue forze spirituali e per il conseguimento di una visione del mondo a cui l’uomo
può pervenire soltanto rendendo chiaro e determinato il proprio pensiero nel pensare
36
in comune con gli altri.
Le lingue sono le singole manifestazioni del linguaggio e quindi i singoli
tentativi (a livello di individuo, popolo e nazione) di modellamento del mondo
esterno e dei pensieri interni. La differenza che intercorre tra una lingua e l’altra
risi