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INTRODUZIONE
Un milione di suicidi ogni anno nel mondo è una perdita di vite umane
inaccettabile e gli interventi messi in atto per prevenire e ridurre il problema sono
ancora pochi rispetto ad altri problemi di sanità pubblica. Nel mondo ogni 40
secondi si verifica un suicidio e ogni 3 secondi si registra un tentativo di suicidio,
questi sono i dati che indicano i rapporti dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità. Il numero dei tentativi di suicidio è ancora maggiore: 20 milioni di
tentativi l’anno; circa il 5% della popolazione tenta il suicidio almeno una volta
nella vita. Questo ci porta a concludere che muoiono più persone a causa del
suicidio che per i conflitti armati di tutto il mondo e per gli incidenti
automobilistici.
Ogni giorno muoiono a causa del suicidio l’equivalente delle vittime causate
dall’attacco alle torri gemelle di New York l’11 settembre del 2001. E’ dunque un
fenomeno che non può essere ignorato, è diventato un problema sanitario di
primaria importanza. In tutte le nazioni, il suicidio è attualmente tra le prime tre
inoltre, si è assistito ad
cause di morte nella fascia di età 15-34 anni
;
un’allarmante crescita dei tassi di suicidio tra i giovani in questi anni, a differenza
degli anni ’50 in cui il fenomeno del suicidio era più frequente nella popolazione
anziana. Il fenomeno è tre volte più frequente fra gli uomini rispetto alle donne,
indipendentemente dall’età e dal ceto sociale, ma i tentativi di suicidio sono tre
volte maggiori fra le donne. L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera il
suicidio un problema complesso non imputabile ad una sola causa, bensì derivato
da una complessa interazione di fattori biologici, genetici, psicologici, sociali,
culturali e ambientali. Dalle stime, ricavate dalla letteratura, emerge il continuo
progredire di questo fenomeno, nel 2020 le vittime del suicidio potrebbero
arrivare ad un milione e mezzo. Secondo quanto afferma l’Organizzazione
Mondiale della Sanità, il suicidio è un problema di grande rilevanza nei paesi
europei, soprattutto nei paesi dell’Europa dell’Est e in Russia, al contrario, i paesi
1
meno affetti da questo problema sono l’America centrale e latina . I governi di
tutte le nazioni del mondo sono impegnati nella lotta al suicidio attraverso
campagne di prevenzione atte a diffondere la conoscenza del fenomeno ed a
predisporre interventi e tecniche adeguate (1). Ognuno di noi, se adeguatamente
informato sul fenomeno, può fare qualcosa per aiutare queste persone. Si sta
cercando di identificare gli stadi iniziali del processo suicidario al fine di
individuare i fattori di rischio su cui poter fare una corretta prevenzione, si cerca
di promuovere l’informazione sulle risorse disponibili e di favorire i fattori
protettivi per il suicidio. Non si tratta di un atto privo di significato e casuale,
bensì di un punto di svolta per una situazione divenuta insostenibile, nei confronti
della quale la persona prova sentimenti di disperazione e di inadeguatezza, tali da
permettergli di avere un restringimento delle opzioni per fronteggiarle e sottrarsi a
questa situazione. L’obiettivo dell’elaborato è quello di sviluppare un argomento
di ormai grande rilevanza, focalizzando l’attenzione sulla prevenzione del gesto
suicidario e sugli interventi più appropriati da adottare in caso di alto rischio di
suicidio. I materiali e i dati utilizzati sono stati reperiti dalla letteratura, attraverso
una ricerca bibliografica accurata su articoli, libri di testo, protocolli e
pubblicazioni recenti. Nella prima parte vengono presi in esame i dati
epidemiologici e la storia del suicidio, facendo riferimento al fondatore della
suicidologia Edwin Shneidman. Nella seconda parte si approfondiscono le cause e
le motivazioni che spingono le persone a commettere suicidio, nonché i fattori di
rischio e come riconoscere i segnali d’allarme di un possibile suicida. Nella terza
e ultima parte si focalizza l’attenzione sull’intervento: la prevenzione, come
valutare il rischio di suicidio e gli interventi da attuare in caso di pazienti ad alto
rischio di suicidio. 2
PARTE I
1. IL SUICIDIO
1.1 Definizioni
Dicesi suicidio ogni caso di morte direttamente o indirettamente risultante da un
atto positivo o negativo compiuto dalla stessa vittima pienamente consapevole di
produrre questo risultato. Questa è la definizione di suicidio proposta dal
sociologo francese Emile Durkheim che, nel 1897, scrisse il famoso libro
intitolato “ Il suicidio”.
Questa definizione è stata criticata, in quanto considerata troppo vaga, perché
considerava suicidi anche coloro che si rifiutavano di ubbidire sotto minaccia di
morte, i martiri o coloro che morivano eroicamente in battaglia (2).
Risulta essere più appropriata la definizione proposta da Giuseppe Masi in
“Suicidio dell’Enciclopedia Filosofica”, curata nel 1979: Il suicidio è l’atto con
cui un individuo procura a sé volontariamente la morte.
Secondo la W.H.O (World health Organization) il suicidio è un atto ad esito fatale
che il soggetto, con la coscienza e l’aspettativa di un esito fatale, ha pianificato e
portato a termine allo scopo di morire. Il tentato suicidio è invece definito come è
un atto non abituale con esito non fatale, deliberatamente iniziato e condotto a
compimento dal soggetto. Il tentativo di suicidio è di solito messo in atto come
minaccia, appello o ricatto. I tentativi di suicidio sono per lo più attuati con mezzi
inadeguati al raggiungimento dello scopo, i suicidi veri e propri, invece, sono
programmati in modo da offrire scarse possibilità di sopravvivenza.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera il suicidio come un
problema complesso, non ascrivibile ad una sola causa o ad un motivo preciso.
Sembra piuttosto derivare da una complessa interazione di fattori biologici,
genetici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali. Il suicidio, nell’ambito della
3
salute pubblica, è un grave problema che potrebbe essere in gran parte prevenuto;
costituisce la causa di circa un milione di morti ogni anno, con costi stimabili in
milioni di euro, secondo quanto indicato dall’Organizzazione Mondiale della
Sanitá .
Un’altra delle numerose definizioni di la dobbiamo a Shneidman : “atto
suicidio
umano di auto infliggersi intenzionalmente la cessazione della vita”.
Sono considerate manifestazioni suicidarie anche il tentativo di suicidio, definiti
come “un gesto diretto contro se stessi, con l’esito non fatale, per il quale c’è
l’evidenza che la persona volesse in qualche modo uccidersi” e l’ideazione
che comprende dai pensieri fugaci che la vita non valga la pena
suicidaria,
d’essere vissuta fino ad una concreta progettualità suicidaria. A tutt’oggi, nessuna
teoria è in grado di chiarire da sola l’origine e la natura del suicidio, un
comportamento che porta con sé ambiguità e motivazioni complesse, e che
intreccia fattori psicologici, sociali, biologici, genetici, culturali e ambientali.
Il suicidio può essere preceduto, di giorni, mesi o anni, dalle idee di morte o
suicidarie o da un tentativo di suicidio; è stato infatti evidenziato che persone che
tentano il suicidio hanno un rischio maggiore di morire di suicidio rispetto a chi
non lo ha mai tentato. Le manifestazioni che precedono il suicidio, al di là di tale
rischio, devono essere sempre considerate una comunicazione di grande
sofferenza o un “grido d’aiuto” che deve essere raccolto e a cui è importante dare
una risposta.
1.2 Cenni storici
Secondo il Dictionary of psycological medicine di Tuke, il termine suicidium
compare per la prima volta in Occidente al termine del XVII sec., grazie all’abate
Des Fontaines, per indicare “l’atto con cui l’uomo dispone definitivamente di se
stesso”. 4
Il fenomeno è diffuso in tutte le epoche e culture; nella cultura orientale assume
un carattere profondamente religioso e una forma rituale, ne sono esempi il
sacrificio della vedova e l’annegamento nelle acque del fiume Gange in India o
la precipitazione nei vulcani attivi e l’harakiri in Giappone. Questi sacrifici
venivano messi in atto come fossero delle cerimonie, avevano quindi regole
ferree e atteggiamenti pre-impostati che facevano parte della cultura sociale e che
spersonalizzavano il significato dell’atto, inserendolo all’interno di uno schema
sociale.
Nel 399 a.C., dopo essere stato condannato a morte per il reato di empietà e
corruzione dei giovani, Socrate scelse di suicidarsi bevendo una pozione del
mortale veleno di cicuta. Secondo Socrate gli uomini, ad eccezione dei filosofi,
sono di proprietà degli dei, perciò non possono decidere di morire perché
andrebbero contro il volere degli dei. Per il filosofo morire significa “non essere
più nulla” oppure “mutar sede”, recarsi nell’Ade e ritrovarsi con coloro che ci
hanno preceduto. Il suicidio di Socrate non fu considerato ingiusto poiché
imposto dalla giustizia della polis. Per tutti gli altri casi, chi avesse commesso
suicidio si sarebbe macchiato di indegnità. Vennero impostate delle norme
precise per negare la dignità al cadavere: la mano veniva recisa e sepolta distante
dal resto del corpo, il cadavere poteva essere sepolto solo dopo il tramonto ed in
modo non solenne. Tutto questo perché il suicidio danneggiava la stabilità
sociale, veniva considerato un atto di ribellione alla volontà divina ed alle regole
del vivere sociale. Un opinione diversa è la dottrina stoico-epicurea, che diffonde
il concetto della libertà dell’uomo di porre fine alla sua esistenza. Il suicidio è
considerato il simbolo della lotta per affermare le capacità umane e il mezzo
attraverso il quale l’uomo può sottrarsi alla necessità che governa la natura ed al
timore degli dei e della morte. Nel 65 d. C., Seneca (4 a.C.- 65 d.C.) si tolse la
vita dopo essere stato accusato da Nerone di aver preso parte alla congiura dei
Pisoni.
Secondo Seneca il suicidio è “concesso quando non si può più applicare la virtù,
quando l’uomo non è più libero”. In alcune religioni esisteva la possibilità di
5
appellarsi ad un tribunale che avevano la facoltà di accettare un’eventuale
richiesta di suicidio, se l’autorizzazione veniva negata e il richiedente lo
commetteva nonostante il divieto, il cadavere veniva trattato con disonore. Con
la comparsa del Cris