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IDROGEOLOGICI DELL'AREA
Di seguito verranno descritti i complessi idrogeologici presenti nell'area in esame; la nomenclatura e la descrizione di tale unità deriva da La Vigna et alii, 2015:
Complesso delle alluvioni e dei depositi lacustri: Si tratta di depositi siltoso-sabbiosi con componente pelitica e livelli di torbe. Alla base sono presenti livelli di ghiaie sede di una falda in pressione.
Complesso vulcanico Sabatino: È costituito dalle vulcaniti derivanti dall'attività del distretto Vulcanico Sabatino. Si tratta prevalentemente di colate piroclastiche di facies distale, alternate a depositi di ricaduta, con abbondante matrice limosa e livelli pedogenizzati. Gli spessori nell'area romana sono piuttosto modesti. Nell'insieme il complesso è caratterizzato da eteropie laterali e verticali che producono variazioni del coefficiente idraulico. Ciò fa presumere un grado di permeabilità relativa basso.
della formazione di S. Cecilia: è caratterizzato da alternanza di linee argille e ghiaie con un'abbondante frazione pelitica. Questo funge da aquitard tra il complesso della formazione del Fosso della Crescenza e i sovrastanti depositi vulcanici, mentre nella sua porzione ghiaiosa presenta una discreta permeabilità relativa. Complesso della formazione del Fosso della Crescenza: è formato da ghiaie e conglomerati a clasti calcarei e silicei. Il complesso genera un corpo acquifero di notevoli dimensioni. A tale complesso è stato quindi assegnato un elevato grado di permeabilità relativa. Complesso argilloso-sabbioso basale: il complesso comprende le unità di Monte Vaticano, Monte delle Piche e il membro di Farneto della formazione di Monte Mario. È costituito da argille e argille sabbiose. L'andamento della superficie di tetto si presenta articolata a causa dell'attività tettonica estensionale plio-pleistocenica. TaleIl complesso ha funzione diaquiclude. La figura 4.1.1. comprende un inquadramento geologico dell'area in esame tratto dalla Carta Idrogeologica del Centro di Roma di Corazza e Lombardi, 1955.
DELL'ACQUA
5. LA MARRANA MARIANA
5.1 ORIGINE ED EVOLUZIONE
Prima Fase: Il Fosso dell'Acqua Mariana si origina nella Valle Molara, nei pressi di Grottaferrata, dove era alimentata in epoca romana dalle sorgenti Tepula e Iulia. Successivamente proseguiva verso Nord fino a sfociare nel fiume Aniene (Capelli, 2015) (Figura 5.1.1).
Rappresentazione
Figura 5.1.1 del reticolo idrografico della Periferia Sud-Est di Roma alla fine del XIX secolo d.C. Le linee rosse suddividono la porzione di Bacino del Tevere in tre settori principali: il settore XVII confina con il bacino inferiore del fiume Aniene (comprende l'Aqua Crabra); il settore XVIII indica la porzione centrale del bacino del fiume Tevere (comprende il bacino dell'Aqua Mariana); settore XIX - confina con il bacino inferiore del fiume Tevere. Carta modificata da Luberti et alii, 2018.
Figura 5.1.2. - Stralcio della "Carta Idrografica del Bacino del Tevere" del 1880 (autore anonimo 1880), alla scala 1:259.200 e schema comparativo dei tracciati degli alvei che nei secoli hanno ricevuto la denominazione di Fosso dell'Acqua Mariana; (a) particolare dell'ubicazione su base cartografica di Troiani (1839) dell'impianto idraulico (b) per la derivazione della Marrana dell'Acqua Mariana a Roma Vecchia, con immagini di dettaglio.
delle opere (Gaeta 2011);(c) particolare della Passeggiata archeologica di Roma, nel 1914, fotografata dal Palatino (www.romacittaeterna.it), con il Fosso dell'Acqua Mariana subito prima di entrare in collettore per terminare successivamente nella Cloaca Maxima e quindi al Tevere (d - foto del 1905 da Maltese 2012). Da Capelli, 2015.
Seconda Fase: Come conseguenza dei danni riportati agli acquedotti in seguito agli attacchi dei Goti, nacque la necessità di recuperare risorse idriche da convogliare all'interno della città. La soluzione a tale problema venne individuata nel Fosso dell'Acqua Mariana, uno dei molteplici corsi d'acqua perenni sulle falde dei Colli Albani (Capelli, 2015). Nel 1122 Papa Callisto II, fece deviare parte delle acque di questo corso sfruttando un antico condotto sotterraneo già esistente, l'Acquedotto Claudio. Dopo 940 m le acque uscivano allo scoperto in località Casalotto e successivamente si dirigevano verso
Roma sfruttando il declivio del crinale, passando per le tenute del Casale della Marrana del Buon Ricovero e di Roma Vecchia, dove formava un piccolo lago. Una volta superata Roma Vecchia, la marrana scorreva in prossimità della Torre Fiscale e della Torre del Quadraro, tuttora esistenti. Nei pressi di Porta Furba dalla Marrana si staccava una derivazione, detta Maranella, che poi sfociava nell'Aniene a Ponte Nomentano. Il canale principale passava poi per l'attuale via del Mandrione, scendeva a valle verso la Via Tuscolana, e giungeva a Porta Asinaria, nei pressi dell'attuale piazzale Appio, formando un secondo laghetto e azionando ben quattro mulini, i cui resti sono stati trovati durante i lavori di costruzione della metro C.
Figura 5.1.3 - a) Incisione risalente al XVII secolo, si può notare la Porta Metronia chiusa e la caratteristica inferriata posta sul canale della Marana, appostavi affinché evitasse l'ingresso in città di
persone o di merci di contrabbando attraverso la conduttura.
b) Marrana dell'Acqua Mariana in prossimità dell'attuale via Sannio.
Il corso d'acqua proseguiva costeggiando le Mura Aureliane in direzione sud ed entrava a Roma a Porta Metronia (Angeli e Berti 2007). Questa porta, che sino ad allora doveva essere in funzione, fu chiusa e trasformata in una sorta di varco fortificato per l'acqua (Figura 5.1.3).
A questo punto il canale scendeva a valle tenendosi alle spalle S. Sisto Vecchio e giungeva nella Valle Murcia, l'attuale sede di Via delle Terme di Caracalla. Superato il monastero di S. Maria in Tempulo la marrana arrivava a passare sotto l'Arco di Tito al Circo Massimo per poi gettarsi nel Tevere nei pressi della Cloaca Massima (Capelli, 2105).
È possibile osservare il percorso sopra descritto nella Figura 5.1.4.
Figura 5.1.4. - Stralcio della Mappa Urbis Ichnographiam di Nolli (1748b), in blue è rappresentata la porzione
Urbanadell'Acqua Mariana. Legenda: A) confluenza nel fiume Tevere; B) la Valle Murcia, dove si trova il Circo Massimo; C)Porta Metronia; D) la Porta Asinaria. Da Luberti et alii, 2018.
Terza Fase: A seguito della progressiva espansione del quartiere Appio-Latino il corsod'acqua venne deviato nel Fosso dell'Almone-Statuario, mediante una nuova chiusa postaa Nord di Roma Vecchia. In prossimità dei Bagni dell'Acqua Santa-Via dell'Almone, il corsod'acqua che porta il nome di Fosso della Caffarella-Almone-Acquataccio, defluisce versoovest e al Quo-Vadis è sorpassato dall'Appia Vecchia. Fiancheggia l'antica Cartiera Latinaper poi confluire nel fiume Tevere dopo essere stato superato dalla Via Ostiense (Capelli,2015). Con il passare del tempo l'interesse per questo fosso diminuì a tal punto che in alcunearee fu trasformato in una discarica a cielo aperto. Con l'avvento dell'energia elettrica, dal1909, le
acque del corso vennero impiegate esclusivamente in agricoltura. Lunghi tratti del fosso vennero poi coperti, finché nel 1934, a seguito di un'inondazione nei pressi di Porta Furba, il flusso venne convogliato nel collettore di via Tuscolana e poi nel 1957, venne immesso nel fiume Almone grazie ad una chiusa, posta all'altezza di San Policarpo, segnando la fine della Marrana. Sul finire degli anni Novanta del Novecento, un intervento di manutenzione ridusse al minimo il flusso idrico, che venne definitivamente deviato nel Fosso del Calicetto (Capelli 2015). Nel 2011, grazie all'intervento dell'ente Parco dell'Appia Antica è stato possibile dare nuova vita a parte del tracciato sfruttando le acque dell'Acquedotto Felice. Misure delle portate in alveo di magra ordinaria del fosso dell'Almone-Caffarella nei pressi del ponte dell'Appia Antica, eseguite tra il 1978 e il 2004 dai ricercatori delle Università romane della Sapienza edi Roma Tre, registrano valoricompresi tra 150 e 400 l/s (Capelli et alii, 2008).
Figura 5.1.5. – a) Laghetto e fosso dell’Acqua Mariana presso il Parco Regionale dell’Appia Antica. (Google); b) Fossodell’Acqua Mariana presso il Parco degli Acquedotti a Roma. Da Capelli, 2015.
Le Figure 5.1.6, 5.1.7, 5.1.8 e 5.1.9 rappresentano l’evoluzione topografica della zona inesame a seguito del processo di urbanizzazione.
Figura 5.1.6 - Carta topografica di Roma 1845-1846
Figura 5.1.7 - Piano Topografico di Roma (1903)
Figura 5.1.8. - Piano topografico di Roma 1921
Figura 5.1.9. – Immagine attuale dell’area in esame modificata con Google Earth
5.2 FOSSO DI SANTA CROCE
Il Fosso di Santa Croce, affluente in riva destra della Marrana dell’Acqua Mariana, si collocain un settore compreso tra la Basilica di San Giovanni in Laterano e la chiesa di Santa Crocein Gerusalemme.
Come si può osservare dalla carta di Dupèrac del 1577 e da
quella di Falda del 1676 (Figura5.2.1), l'urbanizzazione dell'area ha portato alla progressiva scomparsa della valle che, già metà del 1700 risultava del tutto coperta. Recentemente, a seguito di scavi archeologici effettuati nell'area, parte della valle è stata riportata alla luce. Questo è un esempio di come considerabili spessori di terreni di riporto possano mascherare la presenza di elementi di debolezza dal punto di vista geotecnico (Vergari et alii, 2020).
a) b)
Figura 5.2.1 - a) Mappa di Roma del 1577 (Dupérac); b) Mappa di Roma del 1676 (Falda)
Figura 5.2.2 - Immagine attuale della zona un tempo era visibile il Fosso di Santa Croce
5.3 FIUME NODICUS
Luberti et alii (2018) ipotizza che l'Acqua Mariana sia in realtà l'antico fiume Nodicus (Figura 5.3.1.), che correva nella Valle Murcia, tra Aventino e Palatino, ai tempi dell'antica Roma. In altre parole, Papa Callisto II avrebbe ripristinato,