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IL MENDOLITO
Il sito archeologico di Mendolito è considerato particolarmente importante per il cospicuo ripostiglio bronzeo e per
l'unica iscrizione in lingua sicula di carattere monumentale ad oggi pervenuta. La frequentazione dell'area si è
ipotizzata a partire dal XI-IX secolo a.C., sebbene più a est e più in alto in quota si trovi la Grotta del Santo, frequentata
già in età castellucciana (prima metà del III millennio a.C.). Nel corso dell'VIII secolo a.C avvenne la formazione di
una cittadella si potrebbe ipotizzare quale conseguenza al sorgere delle prime poleis sicheloe, ossia le città fondate
dai coloni greci in Sicilia durante la fine del secolo. L'accrescimento del potere, la conquista di porzioni sempre più
consistenti di territori e la fondazione di sub-colonie da parte delle città greche porta il villaggio alla realizzazione di una
massiccia opera di fortificazione in emplekton nel corso della seconda metà del VI secolo a.C., di cui ci rimane una
maestosa porta stretta tra due profonde torri "a ferro di cavallo", quasi certamente rifatta in più parti, come testimonia una
parete della torre ovest da cui emerge una struttura precedente dagli angoli a blocchi ben squadrati, inglobata dal resto
del fortilizio a grosse pietre poligonali. Il villaggio conosce l'abbandono nel corso del V secolo a.C., forse a seguito
della fondazione di Adranon. Nel corso dei secoli il sito, ormai spopolato, assume un carattere decisamente rurale: mai
del tutto abbandonato. Tra il XIX e il XX secolo iniziarono le prime indagini archeologiche in senso moderno della
cittadella sicula reche portarono alla luce resti di tegole ellenistiche e frammenti di ceramica romana possono far pensare
alla presenza di una comunità contadina. Divenne tappa obbligata per il passaggio del fiume Simeto, mediante un
ponte edificato originariamente in età romana. Tale struttura venne ricostruita nel corso della dominazione
normanna dell'Isola e prese il nome di Ponte dei Saraceni. Tra il XVIII e il XIX secolo la contrada Mendolito viene
lottizzata e vengono realizzati imponenti terrapieni disposti in filari ortogonali e regolari, alimentati da saie, mentre notevoli
residenze rurali riempivano i campi coltivati. La campagna appare piuttosto popolosa se nel 1826 venne istituita con real
decreto una fiera da tenersi per la ricorrenza di Santa Domenica presso la chiesa omonima, evento protratto fino la metà
del XX secolo. La metà meridionale del sito veniva acquistato dalla famiglia Sanfilippo, cui ancora appartiene. Negli
anni 1920 venne realizzata una piccola chiesetta che sostituiva il vecchio luogo di culto, ormai pericolante.
Ponte Saraceno
Il "Ponte dei Saraceni" è una delle opere civili più belle e storicamente più interessanti del Medioevo
siciliano. Il ponte resiste da circa mille anni alle sollecitazioni non indifferenti del Simeto,
caratterizzato da una variegata struttura geologica che prevede l'alternanza di cascate, gole e colate
laviche. Il fiume precipita per un buon tratto nelle cosiddette "Gole" creando un naturale gioco d'acqua di
grande suggestione. La contrada è denominata "Salto del Pecoraio" in omaggio ad una antica
leggenda. Nella limitrofa contrada del Mendolito si trova l'area della più estesa, e forse più evoluta, città
ellenica della Sicilia: la Città Sicula del Mendolito, del IX- V sec. a.C.. Dai ritrovamenti archeologici nella
città del Mendolito, possiamo dedurre che nel luogo dove oggi sorge il ponte, già in età neolitica,
poteva esistere una struttura, possibilmente un passaggio, costituito da una passerella in legno,
per esigenza di commercio e scambi fra le città sorte sulle vie del Simeto, frequentata da numerosi
viaggiatori che batterono sempre le stesse vie per poter attraversare il Simeto. E' probabile che durante la
dominazione romana sull'isola, si ritiene opportuno sostituire con una solida architettura in pietra, il vecchio
passaggio siculo-greco sul Simeto. Nasceva così una delle "viae frumentariae" che servivano a
trasportare le considerevoli derrate frumentarie dalla Sicilia centro-orientale, ai porti della costa
ionica, per l'uso e l'alimentazione degli abitanti della capitale. Quindi il ponte faceva parte di
un'antichissima strada, che dalla Sicilia nord-orientale, lungo il corso dei fiumi Alcantara e Simeto portava
alla piana di Catania, con diramazioni per Regalbuto, Troina, Agira, Centuripe, Adernò, Paternò, Catania e
Lentini. Gli Arabi lo rifecero probabilmente per ripristinare l'attività del ponte a seguito di un crollo
dovuto forse ad una piena del Simeto. Così sostituirono all'arte romana i canoni della loro architettura,
curando gli effetti cromatici, con l'alternanza di
pietre chiare e scure nelle ghiere degli archi. La
struttura che ne viene fuori, ad arco acuto,
tipica di tutta l'architettura islamica, aquisterà
così snellezza e leggerezza. Il ponte, in epoca
normanna, faceva parte di un importante asse
viario che collegava la città di Troina, prima
capitale del regno di Ruggero I di Altavilla, con
Catania. Forre Laviche
Le Forre laviche del Simeto sono gole, con pareti di
altezza variabile tra i 5 e i 15 metri, scavate dal fiume
Simeto nel basalto formatosi in seguito a colate laviche
provenienti dall'Etna. Presentano un interesse paesaggistico
e geomorfologico, per la caratteristica geometria dei prismi
basaltici e perché costituiscono il contatto tra rocce
sedimentarie e lave etnee. Le Forre nei basalti non vanno
confuse con gli ingrottati lavici che hanno una genesi del
tutto differente. Il Ministero dell'Ambiente, nel 2000,
inserisce il territorio delle Forre laviche del Simeto
nell'elenco dei Siti di Interesse Comunitario (79/409
CEE), i cosiddetti siti Natura 2000, identificato con il
codice ITA070026, avendo per obiettivo la conservazione
degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e
della fauna selvatiche del luogo. Le Forre comprendono un
territorio di 1.217,052 ettari ricandente nei comuni di
Bronte, Randazzo, Adrano, e Centuripe. La gestione della
riserva è stata affidata al Dipartimento Azienda Regionale
Foreste Demaniali. Il punto medio è localizzato a nord di
contrada Pietrerosse, nel territorio di Bronte. L'area è
relativa all'alveo del fiume Simeto da contrada Santa
Domenica, in territorio di Adrano, sino alle gole in contrada
Cantera, nelle vicinanze di Bronte.
Sui costoni lavici che costituiscono le sponde si osservano varie specie tipiche dei boschi e della
macchia mediterranea come l'olivastro (Olea europea sylvestris), il leccio (Quercus ilex), il bagolaro
(Celtis australis), ecc. Le sponde sabbiose ospitano tamerici (Tamarix africana, Tamarix gallica),
oleandro (Nerium oleander) ed euforbia arborea (Euphorbia dendroides). Nei pressi del Ponte dei
saraceni si incontra una boscaglia ripale a salici (Salix alba, Salix purpurea) e pioppo nero (Populus
nigra). Notevole la presenza, sempre nei pressi del Ponte dei Saraceni, di piante tipiche della aree costiere
e salmastre come Salsola verticillata, Atriplex halimus e Atriplex portulacoides. Tra i mammiferi si
possono avvistare la volpe (Vulpes vulpes), l'istrice (Hystrix cristata), il riccio (Erinaceus europaeus), il
coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus) e la lepre (Lepus europaeus). Le specie avicole comprendono
uccelli stanziali ed migratori, viene riportata la presenza di migratori abituali quali Falco peregrinus e
Charadrius dubius. A volte è stato avvistato l'airone cenerino (Ardea cinerea), che sosta in migrazione
per la ricchezza di anfibi da predare; nella vegetazione si nasconde il porciglione (Rallus aquaticus), poco
idoneo al volo e dal corpo adatto a vivere nel canneto, alcune specie di rapaci diurni tra i quali la poiana
gheppio (Falco tinnunculus), e, nelle zone interessate
(Buteo buteo), il
dai pascoli e dalla bassa vegetazione, ancora oggi si può osservare la
bella coturnice (Alectoris graeca), un tempo molto diffusa. Tra i
rapaci notturni sono segnalati il barbagianni (Tyto alba), mentre nelle
aree più alberate frequenti sono sia l'assiolo (Otus scops), che la
civetta (Athene noctua). Nelle pareti rocciose nidifica infine il
colombaccio (Columba palumbus). È rilevata la presenza di diverse
specie di rettili: la biscia dal collare (Natrix natrix), la biscia
viperina (Natrix maura), il colubro leopardino (Elaphe situla),
diverse specie di lucertole (Lacerta bilineata, Podarcis sicula)
inoltre è stata rilevata la presenza della tartaruga palustre siciliana
(Emys trinacris). Rara e quasi del tutto assente la fauna ittica. Infine
merita una menzione il granchio di fiume (Potamon fluviatile).
Salto del Pecoraio
A pochi metri dal Ponte del Saraceno, dove il fiume Simeto scava profonde e strette gole, si
trova il Salto del pecoraio (Sautu du picuraru). Il luogo deve il suo fascino oltre che ad un'indubbia
bellezza, alle leggende di cui è circonfuso. Secondo una versione, Avallata da Paternò Castello
(1907) in “Nicosia, Triona, Sperlinga, Adernò”, il nome nasce dal "salto" delle sponde del fiume di
un pastorello per ritrovare l'amata ("... E’ questo il “salto del pecoraio” così nominato perché
narra la tradizione che un pastore, per raggiungere più celermente la sua innamorata, voleva
spiccare il salto...). Una versione più prosaica vede invece il pastorello costretto a scappare
dalle forze dell'ordine che lo inseguivano per arrestarlo, trovandosi il fiume davanti e i
carabinieri dietro il pastore, armatosi di coraggio, spicca un salto sull'altra sponda riuscendo così a
seminare i militi fermi sul greto del fiume. Giuseppe Recupero (1817) in "Storia Naturale e
Generale dell’Etna" si mantiene sul vago preferendo descrivere la geografia del posto: "...Poco
prima di arrivare al ponte di Carcaci, si restringe molto il letto del fiume e si chiama il passo del
Pecoraro, perché dicono che con un salto un bifolco sia passato da una all’altra ripa. Non è
qui forse largo una canna e si profonda in maniera che non si vedono le sue acque né si ode il suo
rumoreggiare, come se qui il fiume si nascondesse...".
Ponte Romano di Pietralunga
La sua costruzione risalirebbe al 164 a.C., un secolo dopo la conquista
della Sicilia da parte dei Romani avvenuta al termine della prima guerra
punica vinta contro i Cartaginesi. La Sicilia fu il granaio di Roma e
trasportare il necessario cereale dall’interno necessitava di strade
ampie e sicure. Il ponte collegava Catania con l’interno attraverso
Paternò e Centuripe e poi fino ad Enna. Antichi studiosi come Ignazio
Paternò Castello accennavano al suddetto ponte già nel 1781 e poi anche
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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