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2.3 DISABILITÀ COME REALTÀ COMPLESSA

La ricerca sociologica ha esplorato la disabilità da molteplici angolazioni, da una parte, vi è la

visione della “menomazione” e del “vicolo cieco” rispetto ad alcune sfere dell’esperienza

umana e, dall’altra, vi è la visione dell’etichettatura della “diversità” e delle relative dinamiche

dell’esclusione sociale. autori, invece, hanno valorizzato gli aspetti più “interiori” e

Alcuni

“privati” di questa condizione: si tratta, qui, dell’approccio “autoriflessivo” della disabilità. In

questo quadro, la disabilità umana si presenta come una realtà multidimensionale e

multifattoriale che necessita di un atteggiamento etico e intersoggettivo-sociale ad essa

adeguato per raggiungere una costruzione e una forma di apprensione che ne assicurino la più

piena inclusione. Gli studi condotti su questa base mostrano come tale realtà sia una parte

24

sempre multiforme e complessa della condizione umana. Alcune correnti di pensiero

potrebbero considerare la disabilità come una dimensione delle tante sfumature della diversità

che caratterizza l'esperienza umana. In tale visione, la disabilità non è dunque niente di negativo

ma soltanto un aspetto naturale della differenza. Un ulteriore interpretazione più diffusa tende

a definire la disabilità come una condizione di malattia, menomazione o impedimento,

associando ad essa connotazioni prevalentemente negative e stigmatizzanti (Trescher, 2022).

Non si tratta quindi in un senso stretto di una mera "differenza", la disabilità può determinare

essere bilanciate da un’equa forma

situazioni di svantaggio e vulnerabilità che necessitano di

un’effettiva

di tutela di diritti e opportunità per garantire integrazione sociale. A prescindere da

come il concetto di disabilità è stato modellato attraverso il tempo e le diverse interpretazioni

teoriche, ciò che accomuna queste correnti di pensiero è il fatto che oggi la disabilità venga

riconosciuta come un problema sociale. Il motivo per cui la disabilità è considerata un problema

sociale è causata dall'importanza che la società le attribuisce a livello politico. Ciò si denota per

esempio attraverso le norme contro la discriminazione nei luoghi di lavoro, nell'obbligo di

rendere accessibili gli spazi pubblici e nel riconoscimento di diritti e agevolazioni per le persone

con disabilità. Inoltre, i movimenti sociali emersi in Europa e negli Stati Uniti negli anni '60

più seriosa del fenomeno, specialmente a seguito delle

hanno contribuito all’assunzione

trasformazioni strutturali delle società moderne (Ferrucci, 2004). Pertanto, i bisogni degli adulti

rientrano ora all’interno della comunità e,

e dei bambini con disabilità non più una condizione

di vita separata, come sottolineato da Nussbaum (Cfr. 2001, 795).

All’interno del libro "La disabilità come relazione sociale", Rubbettino fa una proposta

interessante: mentre la nostra aspettativa di vita si allunga, l'indipendenza e l'autosufficienza

che oggi consideriamo scontate appaiono sempre più come uno stato transitorio, una fase della

vita in cui entriamo gradualmente ma che siamo destinati ad abbandonare troppo in fretta.

Sebbene spesso sottovalutiamo questa realtà, la verità è che la disabilità, o il bisogno di cure e

di assistenza, potrebbero colpire ciascuno di noi prima in prima persona, ad un certo punto della

vita anche se in gradi diversi. In questo senso, è importante che la società deve essere pronta a

a causa dell’età

riconoscere e ad affrontare le esigenze di coloro che, o di condizioni di salute

precaria, hanno bisogno di supporto e assistenza maggiori. È evidente che per far dialogare le

dimensioni micro e macro occorrerà una rete di persone e organizzazioni che rappresentano

quel tessuto comunitario. Solo se la comunità lo consente e lo favorisce, le persone potranno

esprimere sé stesse e raggiungere il proprio benessere. 25

Sembra, dunque, assodato che la disabilità, e in particolare la sordità, non posso essere ridotta

a una semplice condizione individuale o biomedica. Inoltre, essa non può essere considerata un

fenomeno unidimensionale, ma piuttosto appare come un sistema dinamico che include

parametri biologici, psicologici, sociali e culturali. Al riguardo, sembra utile spostare

l’attenzione sulla complessità comunicativa della sordità. Infatti, essa è valicata da una

dilemmaticità identitaria: è una patologia medica o una minoranza linguistica? Consapevoli di

questa ambiguità, bisogna quindi affrontare la questione da una prospettiva più ampia che vada

oltre una visione puramente intersoggettiva e riabilitativa. Serve, cioè, un approccio ecologico

dell’interazione.

Il parallelo storico tra il Congresso di Milano del 1880, che impose l'oralismo forzato, e la

consecutiva rinascita delle comunità segnanti negli anni Settanta mostra, infatti, non indifferenti

tensioni irrisolte rispetto al divario di come affrontare il fenomeno della sordità. Se in Italia solo

il 3% delle famiglie con figli sordi utilizza la LIS (ISTAT, 2019), in Svezia questa percentuale

è pari al 40%, proprio perché la sordità è una vera e propria cultura riconosciuta (Volterra,

2004). Analogamente, le tecnologie abilitanti, frequentemente celebrate come soluzioni neutre

e inclusive, nascondono paradossi e divisioni. Gli impianti cocleari, ad esempio, possono essere

percepiti come una "liberazione" per le famiglie udenti, ma vengono altrettanto avvertiti come

una forma di violenza assimilazionista per chi nei segni riconosce il proprio patrimonio

identitario e culturale (Lane, 1992). Inoltre, una disparità generazionale si ripresenta nel digital

divide: se i giovani affetti da sordità utilizzano con grande dimestichezza le applicazioni per i

sottotitoli in tempo reale, gli anziani rimangono esclusi, accrescendo ulteriormente la

disuguaglianza in ambito dell’informazione e della comunicazione. Alla luce di queste

premesse, si denota come la sordità sia sempre stata oggetto di dibattimenti ideologiche, con i

sostenitori dell’oralismo contrapposti nei secoli ai promotori della LIS. Sebbene il modello

dell’OMS spinge per l’adozione della LIS

sociale (OMS, 2001) come strumento di autonomia,

una parte della letteratura critica tale idealizzazione, accentuando il rischio di ghettizzazione:

l’obbligo di apprendimento esclusivo

in contesti quali la scuola primaria italiana, ad esempio,

della LIS congela i bambini nella propria disabilità, impedendo il pieno sviluppo della lingua

parlata (Sansavini, 2018). Pertanto, confrontando l’Italia con un’ulteriore Paese, la Francia, è

possibile tracciare nuovamente delle divergenze. In particolare, se in Italia la LIS è riconosciuta

come lingua minoritaria (Legge 482/1999), il modello francese post-rivoluzionario si concentra

sull’oralismo, considerandolo come l’approccio più adatto all’integrazione repubblicana

solleva interrogativi sull’universalità del modello

(Delaporte, 2022). Questa considerazione

“la

sociale: sordità considerata come "identità culturale" mette in repentaglio di sostituire una

26

medicalizzazione con una culturalizzazione forzata, ignorando le preferenze individuali?” (es.

famiglie che scelgono impianti cocleari per evitare l’isolamento comunitario). Altresì la

polarizzazione tra approcci basati sulla LIS-centrici e sulla riabilitazione oralista oscura

soluzioni ibride. In Germania, il metodo bimodale (uso simultaneo di lingua parlata e segni) di

insegnamento è stato capace di ridurre i tassi di abbandono scolastico tra le persone con disturbi

dell’udito del 20% rispetto agli approcci LIS-centrici (Knoors & Marschark, 2012). Questo

esemplifica come il dibattito non è spesso basato su differenze pedagogiche, ma piuttosto sulla

Dall’altro lato, le tecnologie acustiche, anche se hanno

preferenza ideologica e culturale.

permesso a molte persone con deficit uditivi di accedere a contesti misti senza mediazione

spesso ricevuto critiche come “strumenti di normalizzazione”.

culturale, hanno parallelamente l’uso di

Ad esempio, solo il 5% delle famiglie in Giappone adotta la LIS (NIH, 2020), tuttavia,

l’inclusione

sottotitoli e applicazioni di riconoscimento vocale hanno consentito lavorativa da

sfidando l’assunto che la LIS sia l’unica via

parte di molte persone affette da sordità,

all’autonomia. Relativamente a ciò vengono presentate due tabelle: una che analizza in modo

comparativo la lingua dei segni in diversi paesi, l'altra che valuta l'impatto sull'occupazione e

l'integrazione sociale.

Tabella 1: Riconoscimento legale e diffusione della LIS

LIS % Famiglie Principale

Paese Fonte

riconosciuta che la usano modello educativo

Sì (Legge Misto (prevalenza

Italia 3% ISTAT, 2019

482/1999) oralismo)

Bilinguismo Swedish Deaf

Svezia Sì (dal 1981) 40% (segnato e svedese) Association, 2020

Stati Misto (ASL e

Sì (ADA, 1990) 25% NIDCD, 2021

Uniti oralismo)

Oralismo con

Francia Sì (dal 2005) 10% INSEE, 2020

supporto LSF

Non Oralismo e

Giappone 5% NIH, 2020

riconosciuta tecnologie 27

Questa tabella suggerisce distinte implicazioni nel rapporto tra il riconoscimento legale della

lingua dei segni e la sua effettiva integrazione sociale. La percentuale di famiglie che dichiara

di utilizzare la LIS nel proprio nucleo famigliare varia notevolmente tra i Paesi presi in analisi:

dall’ 3% in Italia al 40% in Svezia. Anche in questo caso, i dati ci suggeriscono che il semplice

non è un determinante per la diffusione della lingua dei segni all’interno

riconoscimento legale

della comunità. In secondo luogo, i dati mostrano che i modelli educativi che mescolano la LIS

e approcci oralisti, ergo gli approcci bimodali, presentano tassi di abbandono scolastico inferiori

rispetto ai contesti unicamente LIS. Ciò fornisce una prima spiegazione sociologica, ma allo

stesso tempo anche un’indicazione educativa su come una maggiore flessibilità e un approccio

bimodale possa contribuire ad una migliore inclusione scolastica e sociale, riducendo il rischio

di isolamento culturale tipico per le minoranze linguistiche. Tuttavia, al fine di proseguire

l’associazione sociologica, ma anche educativa, della questione, è necessario considerare un

l’effetto sul lavoro e

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
90 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/02 Psicobiologia e psicologia fisiologica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher TheRed67 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicobiologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi dell' Insubria o del prof Cervini Giovanna.