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ESISTENZA E CAMBIAMENTO COSA SONO E COME SONO CONNESSE

La resistenza al cambiamento è una caratteristica tipicamente umana e implica un

insieme di atteggiamenti e comportamenti individuali o collettivi che riflettono una

mancanza di sostegno al cambiamento in corso. La resistenza indebolisce l'efficienza

dell'organizzazione e le possibilità di sopravvivenza dell'azienda. Gli atteggiamenti di

resistenza attivi si manifestano, ad esempio, negli scioperi e nelle manifestazioni

5

pubbliche, gli atteggiamenti di resistenza passivi si manifestano nel disimpegno,

nell'assenza o nell'indifferenza.

La resistenza individuale al cambiamento è legata ai sentimenti di insicurezza, alla

selezione delle informazioni percepite e alla forza delle abitudini. Le persone tendono a

resistere al cambiamento quando vedono una minaccia alla loro sicurezza e temono di

trovarsi in una situazione difficile. L'insicurezza si riferisce alla paura di cambiare i

propri compiti abituali o il proprio ruolo. Viene messo in discussione anche il senso di

autoefficacia e quindi il benessere psicologico.

1.1 L A RESISTENZA

In psicoanalisi la resistenza è tutto ciò che nelle azioni e nelle parole dell'analista si

oppone al suo accesso al proprio inconscio. Per estensione, Freud descrisse

l'opposizione alla psicoanalisi come una manifestazione di ostilità verso le sue scoperte

1

che rivelano desideri inconsci e fanno sì che una persona sia psicologicamente umiliata.

Secondo il modello cognitivo, la resistenza non è altro che una tendenza alla stabilità

delle strutture di significato centrali. Sebbene una revisione graduale dell'organizzazione

cognitiva del paziente consenta solitamente di diminuire le resistenze, queste riappaiono

nel corso della relazione psicoterapeutica come espressioni della vibrazione costante che

si può riscontrare in qualsiasi sistema complesso durante il cambiamento.

Per esprimere opposizione il soggetto mette in atto modi differenti, tra questi abbiamo:

screditare le interpretazioni del terapeuta; il paziente esprime sentimenti ostili,

diffidenza e paura nei confronti del terapeuta; il paziente mostra sentimenti di eccessivo

attaccamento al terapeuta con cui richiede una relazione al di fuori della terapia; il

paziente non segue i suggerimenti e le istruzioni del terapista; il paziente è troppo

collaborativo e desideroso, non crea mai problemi, sembra acquisire gli strumenti della

terapia, ma non ne trae effettivamente beneficio; il paziente è riservato, silenzioso su

2

alcuni argomenti, salta le sedute o arriva in ritardo.

1 Gennaro Iorio, Riccardo Pulzoni, II concetto di resistenza secondo un modello cognitivo: la teoria

razionale-emotiva.

2 Gennaro Iorio, Riccardo Pulzoni, II concetto di resistenza secondo un modello cognitivo: la teoria

razionale-emotiva. 6

La resistenza è un fenomeno cruciale in tutte le procedure psicoterapeutiche. Le

difficoltà che compaiono nel corso della relazione terapeutica, solitamente inconsce ma

più o meno facilmente riconoscibili, e che costituiscono un ostacolo al progresso della

terapia stessa, fanno parte del vissuto comune di ogni terapeuta.

Scrittori di ispirazione psicoanalitica hanno esplorato chiaramente il concetto di

resistenza, sebbene non tutte le pratiche psicoterapeutiche possano ignorare l’impatto di

un simile problema. Correttamente concepita e ben interpretata, la resistenza risulta

essere utile ai fini terapeutici, perché ciò che esprime non è altro che l'architettura

3

strutturale dell'organizzazione cognitivo-emotivo-comportamentale di una persona.

La resistenza alla lettura offre così al terapeuta indicatori utili per comprendere il

problema psicologico e al paziente un mezzo attraverso il quale può avanzare nel

percorso di autoconsapevolezza e ridefinire così il suo sistema relazionale. Nella

peggiore interpretazione, il Terapeuta utilizza la resistenza per giustificare il proprio

fallimento o i risultati negativi, che possono essere dovuti a mosse psicoterapeutiche

errate. Nonostante ciò, se la resistenza conduce non solo alla riflessione sui problemi del

paziente, ma anche alla continua revisione dell'atteggiamento relazionale del terapeuta,

offre importanti occasioni di conferme per migliorare e rendere più affidabili le

modalità di intervento psicoterapeutico.

Il modello RET, Rational Emotive Therapy, considera tre forme di resistenza:

1) Resistenza a rivelarsi

2) Resistenza al cambiamento 4

3) Ostacoli complessi dovuti a problemi di ordine gerarchicamente superiore.

Nel primo caso il paziente si mostra riluttante a rivelare i propri problemi o difficoltà

legati al rapporto con sé stesso o con la realtà esterna; sembra che si sia recato dallo

psicoterapeuta contro la sua volontà; è ostile, risponde in modo incoerente, evita certe

domande, falsifica o travisa le informazioni, cambia argomento, guarda spesso

l'orologio, si siede sul bordo della sedia.

3 Barber B.: Resistance by scientists to scientific discovery. Science, 134, 596-601, 1961.

4 Ellis, A., & Dryden, W. (1987). The practice of rational-emotive therapy (RET). Springer Publishing

Co. 7

Tutto ciò complica il lavoro del terapeuta e gli impedisce di seguire la corretta

metodologia di ricostruzione prospettica cognitiva. Emotivamente, il paziente può

provare ansia e ostilità. L'ansia è legata principalmente al pensiero che il terapeuta lo

giudicherà negativamente. Questi pazienti rafforzano costantemente l’idea di aver

bisogno degli altri, il che crea quindi la paura del rifiuto. La loro resistenza è quindi

inserita nel contesto della situazione del colloquio, che viene valutata come una

condizione di studio, dove non intendono deludere.

Questa resistenza può manifestarsi non solo all'inizio, ma anche durante le successive

sedute di psicoterapia, quando il paziente comincia a sviluppare una visione critica delle

sue disfunzioni. In questo caso, la consapevolezza della banalità delle idee distorte può

aumentare la paura di una valutazione negativa da parte del terapeuta. Oltre all’ansia, la

resistenza può essere accompagnata anche da sentimenti di ostilità, vissuti sotto forma

di rabbia, sfiducia, disprezzo.

In questo caso si possono osservare valutazioni globali negative del terapeuta, che

derivano da una forte convinzione che il terapeuta debba essere un esempio di

perfezione. In casi estremi, se il paziente è particolarmente diffidente, può percepire il

terapeuta come una personalità pericolosa, pronta addirittura a utilizzare il contenuto

della relazione terapeutica come ricatto.

Il carattere del terapeuta può quindi cambiare da santo a persecutore, a seconda delle

aspettative del paziente. Questa forma di resistenza può verificarsi non solo quando il

paziente non contatta spontaneamente il terapeuta, ma anche quando vi è spontanea

riluttanza, quindi un’incompatibilità, come può accadere nella vita di tutti i giorni.

Per non aumentare l'ansia del paziente nel prosieguo degli incontri di psicoterapia, si

deve cercare di evitare un'interpretazione immediata delle resistenze, affrontare il

problema, cercare di attirare l'attenzione su come la categoria interpersonale generale

possa riflettersi particolarmente nella relazione terapeutica.

Nel secondo caso, anche se il paziente ha già appreso le connessioni tra pensiero,

sentimento e comportamento durante la psicoterapia, potrebbe non essere in grado di

mantenere un impegno costante nella pratica dell'attività psicologica. Ciò può essere

8

dovuto a una serie di ragioni, tra cui la paura dell'ignoto e la perdita di punti di

5

riferimento e di definizione della propria identità.

Nel primo caso il paziente presuppone la comprensione che cambiare significa perdere

il controllo sulla realtà che aveva fino a quel momento. Assumere un nuovo approccio

logico e quindi un comportamento diverso gli causerebbe possibili paure, difficoltà

catastrofiche per risolvere i suoi problemi futuri. Imparare ad evitare tale tendenza può

significare che il paziente si ritrovi vulnerabile alla possibilità che si verifichi un evento

catastrofico.

Cambiare significa anche immaginare che cambieranno le relazioni, soprattutto le

risposte, i giudizi e le opinioni degli altri nei propri confronti, e potranno prevalere

atteggiamenti negativi.

In questo caso, la resistenza al cambiamento può essere dovuta a una comprensione

disfunzionale del bisogno assoluto di amore e accettazione degli altri, oppure a una

mancanza di fiducia nella propria capacità di riorganizzare le proprie relazioni con gli

altri.

Nel secondo caso, invece, il paziente pensa che il cambiamento significhi un

cambiamento di tutta la sua personalità e ciò alimenta la paura di perdere sé stesso, la

propria identità. La richiesta del paziente al terapeuta può allora ridursi alla rimozione

del sintomo senza esaminare il contesto strutturale del proprio stile di vita in cui il

sintomo si colloca. Altri timori di perdita possono contribuire a tale resistenza. Tali

timori possono nascere, ad esempio, da pregiudizi ben noti sulle terapie cognitive,

secondo cui imparare a ragionare in modo più logico ed economico significa perdere o

escludere i sentimenti. La resistenza al cambiamento può essere causata da qualche

6

teoria psicologica poco sviluppata sull’origine della sofferenza.

Alcuni pazienti credono che i loro disturbi siano direttamente causati da eventi esterni o

dall'infanzia. Ciò porta all’idea che non si possa fare o cambiare nulla riguardo a questi

motivi. Questa possibilità deve essere attentamente valutata dal terapeuta, il cui compito

è assicurarsi che il paziente abbia una sufficiente comprensione del concetto di

5 Ellis, A., & Dryden, W. (1987). The practice of rational-emotive therapy (RET). Springer Publishing

Co.

6 Ellis, A., & Dryden, W. (1987). The practice of rational-emotive therapy (RET). Springer Publishing

Co. 9

integrazione funzionale di pensieri, sentimenti e comportamenti prima di entrare in

7

terapia.

Tissot ha sviluppato un'ipotesi per spiegare la scelta dei sintomi nevrotici e ha

confermato il concetto di un cambiamento nell'equilibrio assimilazione-accomodamento

a favore dell'uno o dell'altro polo in alcune categorie di soggetti. In particolare, la

superiorità di assimilazione caratterizzerebbe lo stile cognitivo di alcune persone, il cui

processo di adattamento sarebbe ostacolato dalla difficoltà nel modificare i propri

sistemi mentali secondo le caratteristiche della realtà esterna.

Il risultato sarebbe una visione chiaramente soggettiva del mondo est

Dettagli
A.A. 2022-2023
61 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher camillacatalano di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia del linguaggio e della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli o del prof Vacca Roberta.