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OBIETTIVI

In relazione alle grandi potenzialità della metodologia CRISPR, considerando che

la stessa può essere applicata in maniera pressoché identica alle diverse tipologie

di organismi, tenendo conto che si presta alla realizzazione di modificazioni nella

struttura del materiale ereditario di diversa entità è evidente come questa

metodologia estremamente giovane potrà incidere in modo rilevante sugli studi

futuri e sui prodotti che si possono andare a realizzare.

Il presente lavoro di tesi è volto alla caratterizzazione e all’analisi critica della

metodologia CRISPR, in relazione alle sue basi teoriche ed alle potenzialità

applicative che ne derivano.

Si è analizzato l’utilizzo di CRISPR in ambito vegetale dove può essere applicata

per migliore la capacità di adattamento delle piante, realizzare strutture

genomiche nuove in grado di migliorare le caratteristiche produttive e

commerciali di specie di interesse agrario e/o dei loro derivati industriali.

In ambito medico, si è focalizzata l’attenzione sulle diverse possibili applicazioni

di questa metodologia finalizzate alla cura di numerose patologie ed anche in

relazione alla possibile suo apporto in merito alla problematica degli

xenotrapianti.

In ambito bio-farmaceutico dove la CRISPR potrebbe consentire la realizzazione

dei farmaci di nuova generazione in grado di meglio interagire con la fisiologia

del paziente arrivando ad ipotizzare una sorta di personalizzazione del farmaco in

relazione alla struttura genomica del paziente.

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3- APPLICAZIONI DELLA TECNOLOGIA CRISPR

Prima della scoperta della tecnologia CRISPR, per anni le industrie casearie

hanno sfruttato le proprietà dei batteri per acidificare o favorire la fermentazione

del latte per la produzione di formaggi. Si era già capito, all’epoca, che le colture

microbiche vengono infettate da virus e danneggiano il prodotto. Per avere colture

in grado di resistere alle infezioni, i produttori esponevano i batteri a vari

aggressori virali in modo da immunizzarli. Oggi sappiamo il meccanismo che sta

alla base di questo fenomeno (CRISPR), ma nonostante venti anni fa non si

conoscessero i dettagli della tecnica la si usava già. (Meldolesi, 2017)

3.1 Possibili applicazioni di CRISPR

Esistono almeno tre modi diversi per utilizzare questa tecnologia:

-per disattivare un gene tagliandolo, così da vedere cosa accade alle cellule

quando il gene non funziona più e capire quindi la sua funzione in condizioni

normali;

-per sostituire un nucleotide con un altro in modo da correggere un gene difettoso

con una versione sana dello stesso gene;

-per integrare una sequenza estranea in corrispondenza del taglio.

Le tecniche di genome editing hanno numerose potenzialità conoscitive e

variegate applicazioni: in ambito non umano, dalla riproduzione animale alle

biotecnologie industriali, dalla biosfera alle piante; in ambito umano, dal

miglioramento delle conoscenze legate alla riproduzione alle applicazioni

cliniche. 29

3.2 CRISPR e agricoltura

Il primo ambito in cui la tecnologia CRISPR è stato utilizzata è quello delle

biotecnologie agrarie. Per gli agricoltori questo nuovo metodo apre diverse

possibilità: si potrebbero selezionare piante in grado di adattarsi meglio a

condizioni ambientali difficili come la siccità, migliorare la struttura delle radici

sottili in modo che possano ricavare dal terreno più sostanze nutritive come

fosforo o azoto e, ancora, si potrebbe aumentare la resistenza delle piante a

organismi nocivi e malattie. (Senato, 2016)

Esistono sostanzialmente tre modi per utilizzare questa tecnologia nelle piante,

indicati rispettivamente con le sigle SDN-1, SDN-2 ed SDN-3, in cui SDN è

l’acronimo per “Site Directed Nuclease” (nucleasi sito diretta):

SDN-1: la nucleasi opera il taglio nella molecola di DNA e il meccanismo di

riparazione cellulare del DNA provvede a risaldare le estremità. Frequentemente,

questo processo di riparazione produce mutazioni nel sito scelto per il taglio, che

possono consistere in sostituzioni nucleotidiche, l’aggiunta o perdita di uno o più

nucleotidi. Quando usato in questa maniera, il genome editing può essere

considerato a tutti gli effetti un metodo di mutagenesi biologica mirata. Il risultato

più frequente di tale processo di mutagenesi è quello di rendere inattivo il gene

bersaglio, in maniera molto simile a quanto avviene con la mutagenesi casuale

indotta da agenti fisici o chimici. A differenza del genome editing, la mutagenesi

casuale genera mutazioni in tutto il patrimonio genetico dell’individuo sottoposto

al trattamento.

SDN-2: oltre ad usare la nucleasi per introdurre il taglio nella molecola di

DNA, si utilizza anche una molecola di DNA che funziona nella cellula come

“stampo” per riparare la lesione. Pur non venendo integrata nel genoma, tale

molecola guida la riparazione. In questo modo, invece di ottenere mutazioni

casuali si ottengono mutazioni precise e volute, che possono consistere in

specifiche sostituzioni di nucleotide oppure aggiunte o perdite di nucleotidi, in

base alla sequenza che viene usata come stampo. In questo caso, il genome editing

può essere considerato un metodo di mutagenesi biologica mirata e

predeterminata: può portare a generare per uno specifico gene una variante già

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esistente in natura o una nuova variante, ma con caratteristiche predefinite dal

ricercatore.

SDN-3: al taglio in un sito predefinito operato dalla nucleasi si può far seguire

l’integrazione di una nuova sequenza nel sito stesso, producendo così una pianta

transgenica, intragenica o cisgenica a seconda dell’origine e della natura della

sequenza inserita. In base ad un parere scientifico fornito dall’EFSA alla

Commissione Europea, i profili di rischio delle piante prodotte con questa tecnica

sono simili a quelli delle piante prodotte mediante transgenesi, intragenesi o

cisgenesi, con la differenza che queste tre tecniche tagliano in maniera casuale, la

CRISPR taglia ed inserisce il gene in una posizione predefinita del genoma, in

modo tale che si possono minimizzare gli eventuali rischi associati all’inserimento

in una posizione casuale, che può avere effetti non voluti sulla funzione di altri

geni.

Le tre metodologie di genome editing sono state applicate con successo alle

principali specie d’interesse agrario, in numerosi laboratori. A seguito dello

sviluppo recente della tecnica CRISPR/Cas9, l’applicazione definita SDN-1 è la

più frequentemente impiegata, con importanti risultati sia per la ricerca

conoscitiva di base sia per il miglioramento genetico. Mediante il genome editing

si può generare in una varietà coltivata una qualsiasi mutazione favorevole che sia

stata individuata in individui selvatici o specie affini, senza introdurre nuovi geni

e soprattutto evitando le “tradizionali” lunghe pratiche di incrocio e reincrocio

poichè l’unica mutazione introdotta è quella che si desidera ottenere. Utilizzando

gli incroci è inevitabile che alla fine la nuova pianta contenga altre porzioni del

genoma della specie donatrice oltre al gene che si desidera trasferire; questo anche

dopo ripetuti re-incroci, ovviamente dispendiosi in termini di tempo, lavoro e

quasi impraticabili nelle specie arboree che hanno tempi di generazione di diversi

anni. Infine è importante considerare che per coltivazioni tipiche dell’agricoltura

italiana (ad esempio vite, olivo e agrumi) il normale incrocio distruggerebbe

l’identità legale della varietà, un problema che il genome editing può evitare: un

carattere che interessa può essere modificato senza alterare nessun’altra

caratteristica che rende tipica o unica una varietà coltivata. In tal modo si può

ridurre l’uso di pesticidi in viticoltura introducendo per via genetica nei vitigni

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coltivati la resistenza a funghi parassiti, una caratteristica presente solo in alcune

viti selvatiche in modo che l’innovazione possa proteggere la tradizione. Nelle

tecnologie di genome editing mediate da nucleasi, le sequenze codificanti per il

complesso nucleasi/molecola guida, vengono inserite nelle piante ma sono

facilmente eliminabili per l’incrocio una volta che abbiano svolto il loro compito.

In questo caso, dunque, il prodotto intermedio è transgenico, ma il prodotto finale

coltivato non lo sarà. Molto recentemente sono state sviluppate tecnologie che

evitano anche questo passaggio intermedio. Dunque è importante sottolineare che,

in ogni caso, alla fine del processo di modifica tali piante non sono transgeniche e

sono identiche alla pianta di partenza tranne che per la mutazione desiderata. E’

ovvio che, tranne che nella modalità SDN-3, il genome editing non può sostituire

la transgenesi quando la nuova caratteristica desiderata richieda geni che sono

solo presenti in specie diverse: un esempio è l’introduzione della capacità di

produrre vitamina A nel riso, il noto “riso dorato” (golden rice) . Per questo

1

motivo, affermare che la transgenesi possa essere completamente sostituita

dall’editing è fuorviante. Il genome editing nella modalità SDN-3 può essere

utilizzato per trasferire geni da specie non sessualmente compatibili, ma il

risultato sarà comunque la generazione di piante transgeniche.

Già dal 2013 gli scienziati hanno cominciato ad usare la tecnologia CRISPR per

creare piante resistenti ai cambiamneti climatici (mais, grano, riso…)

Il primo prodotto editato con tecnologia CRISPR in modo efficiente è il mais

Waxy sviluppato dalla multinazionale DuPont. La sua peculiarità è di avere un

amido composto esclusovamente da amilopectina. Il trucco è stato inattivare il

gene Wx1 che codifica per l’enzima responsabile della sintesi dell’altro

costituente principale dell’amido: l’amilosio.

____________________________________________

Il Golden Rice potrebbe essere il miglior prodotto agrario dell’era biotecnologica prima

1

di CRISPR. Purtroppo 17 anni dopo la sua invenzione è ancora prigioniero della

burocrazia degli OGM, in attesa delle autorizzazioni per la coltivazione commerciale.

Eppure questo riso arricchito di betacarotene potrebbe salvare molte vite e migliorare la

salute delle persone affette da carenza di vitamina A in diverse regioni del mondo. Esiste

la fondata speranza che l’editing genomico possa ricevere un’accoglienza più amichevole

rispetto all’ingegneria genetica, da parte di policymaker e consumatori, perché consente

di produrre cambiamenti puntiformi nel genoma delle piante, indistinguibili dal

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A.A. 2017-2018
53 pagine
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SSD Scienze biologiche BIO/11 Biologia molecolare

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Daniela5 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biotecnologie molecolari e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Basilicata o del prof Martelli Giuseppe.