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mutismo” TESTIMONIANZA DI ALINA, RAGAZZA ROMENA SALVATA
3.1.3 I MINORI ERITREI
I minori eritrei iniziano il loro viaggio perché vedono amici, parenti e
vicini di casa partire a causa delle restrizioni imposte dal regime dittatoriale
presente nel loro paese in cui non esiste libertà di espressione, politiche, di
associazione e vivono in condizioni di povertà assoluta aggravate dalle
condizioni climatiche. I piccoli eritrei prima di arrivare in Italia attraversano
una rotta che può durare dai 6 mesi agli 1 o 2 anni e l’età dei viaggiatori varia
dagli 11 ai 17 anni, la malnutrizione è la prima causa di mortalità e morbilità
nei bambini eritrei ed è anche per questo motivo che cercano di fuggire dal
loro paese pur essendo molto piccoli rischiando di andare incontro, anche in
questa lunga tratta, a violenze e abusi, sperando di arrivare in Libia per
imbarcarsi ed arrivare in Italia.
La parte che va dal Sudan alla Libia è chiamata dai bambini
“l’inferno”; le violenze inferte ai minori a scopo estorsivo, avvengono sia da
parte dei trafficanti sia dai banditi che occupano quei posti, vengono venduti,
rapiti, incarcerati sia dalle bande criminali ma anche dalla Polizia di frontiera
e portati nelle “case tortura”. Sono esposti ai cambiamenti climatici, privati
di cibo, acqua, sonno, vengono torturati e violentati anche più volte al giorno
fino al pagamento della somma richiesta e chi non riesce a pagare viene ucciso
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per la vendita degli organi. I minori carcerati in Libia ovviamente non hanno
diritto ad un giusto processo, vengono rinchiusi nelle Mazraa, edifici di
lamiere, per 24 ore al giorno, per mesi, in condizioni disumane, maltrattati ed
abusati. Per quanto riguarda le ragazze per non avere delle gravidanze
indesiderate, i loro parenti consapevoli della cruda realtà a cui andranno
incontro, prima di partire le convincono ad autosomministrarsi per via
intramuscolo alti dosaggi di anticoncezionale, non sapendo però i rischi a cui
vanno incontro; anche se l’iniezione viene fatta in ospedale, precedentemente
non vengono sottoposte a nessuna visita medica e non viene fornita loro
nessuna informazione sulle condizioni fisiche che potrebbero peggiorare
successivamente.
La salvezza per questi ragazzi è arrivare in Italia dopo mesi di
vessazioni; anche in questi bambini gli operatori di Save the Children trovano
dei danni psicologici e fisici derivati dai mesi precedenti: scabbia, problemi
gastrointestinali, malattie all’apparato respiratorio, ansia, depressione,
attacchi di panico. Molti minori però considerano l’accoglienza in queste
strutture, principalmente Roma e Milano, solo di passaggio e di
rallentamento, perché il loro obiettivo è raggiungere al più presto dei familiari
che si trovano in Europa per poi arrivare ad avere l’autonomia a cui aspirano.
“Il ragazzo di origine eritrea ha vissuto sin da piccolo in Sudan da
dove è partito per andare in Libia. Scopriamo che è stato in Libia diversi
anni. Qui è stato catturato dall’ISIS. Racconta di essere stato picchiato e
torturato e di aver visto cose terrificanti. Ha anche accennato di essere stato
costretto ad arruolarsi a 14 anni come bambino-soldato, ma il racconto è
confuso. Ringraziamo Dio che siamo qua, le cose in Libia sono da
dimenticare. Ed ora speriamo di arrivare al nostro obiettivo presto,
finalmente di poter vivere in pace, studiare, imparare e lavorare per poter
aiutare le nostre famiglie”. TESTIMONIANZA RAGAZZO ERITREO
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3.1.4 I MINORI BENGALESI ED EGIZIANI
L’afflusso dei minori soli bengalesi tende ad aumentare di anno in
anno in modo esponenziale, e diverse inchieste hanno rilevato che questo è
un dato allarmante perché i bambini diventano tratta dello sfruttamento
lavorativo. Anche questi provengono, come il resto dei bambini, da contesti
caratterizzati da un’estrema povertà, famiglie numerose e privi di
scolarizzazione. Come i minori nigeriani, ricevono informazioni precise per
quanto riguarda il procurarsi di certificati di nascita che ne attesti la minore
età, in modo tale da poter essere inseriti in un percorso di conversione al
permesso di soggiorno, ed essere immessi nel mercato del lavoro,
possibilmente nei posti dove sono numerosi le comunità di bengalesi come
Pisa, Roma, Bologna, Bari e Milano. Vediamo nei minori bengalesi delle
direttive contrarie rispetto a quelle che vengono date alle minori nigeriane
perché queste ultime devono attestarsi maggiorenni, anche quando il loro
stato di minore età è visibile, mentre i minori bengalesi devono dichiararsi
minorenni e questo genera un difficile riconoscimento da parte delle autorità
del numero effettivo di minori presenti nel territorio, così facendo vengono
identificati con ritardo i minori che hanno ricevuto o diventeranno vittime di
soprusi. I minori bengalesi purtroppo, non si rendono conto di che cosa stanno
vivendo, non capiscono di essere vittime di tratta o sfruttamento questo a
causa delle loro scarse competenze linguistiche e della scolarizzazione, di
conseguenza diventano ancora più vulnerabili ed accettano i trattamenti a cui
vengono sottoposti da parte di connazionali, cinesi e italiani.
Per quanto riguarda i minori soli provenienti dall’Egitto aumentano di
anno in anno, in Italia. Secondo il report di dicembre 2022, risultano essere
4.899, ossia il 24.4% del totale. Il loro ingresso in Europa avviene in modo
diverso: richiedono dei visti sportivi per partecipare a delle gare sportive in
Germania o in Francia, attraverso queste due nazioni riescono poi a
raggiungere l’Italia in modo irregolare. Per quanto riguarda la partenza dei
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bambini, neanche questa avviene con le stesse modalità dei nigeriani,
bengalesi o romeni, perché non sono spinti dai genitori o parenti a partire, ma
dai trafficanti. Dietro alla partenza dei minori egiziani c’è un vero e proprio
marketing, si raggirano le famiglie dei ragazzi, facendo anche vedere delle
finte imbarcazioni grandi, stabili e lussuose (fornite anche di centri
commerciali a bordo) e in questo modo incentivano i parenti a stipulare il
contratto. Una volta terminata questa fase illusoria, i bambini malnutriti,
raccontano di essere stati chiusi anche per giorni prima della partenza in dei
magazzini sovraffollati senza nessuna condizione igienica, sorvegliati da
aguzzini armati, maltrattati e poi fatti salpare su imbarcazioni pericolanti, il
contrario di tutto quello che in fase di accordo era stata vantato; sono esposti
a liti e violenze a causa delle diversità culturali presenti sulle imbarcazioni
sovraffollate e delle condizioni fisiche e psichiche dei viaggiatori stremati e
affamati. Un altro fattore che spinge i ragazzini a partire sono stati i social
network, precisamente le immagini, i video veicolati dai loro coetanei arrivati
già in Italia. Una volta contratto il debito che varia dai 2.000€ ai 4.000€ il
viaggio inizia e può durare anche più di 10 giorni. Quando le barche vengono
avvistate in Italia e soccorse i minori possono entrare a far parte dei centri di
accoglienza o dei percorsi attivi per le vittime di tratta, se verranno
riconosciuti, ma anche in questo caso tendono a scappare soltanto dopo pochi
mesi dal loro ingresso. Nei minori egiziani vengono riscontrati, dagli
operatori e dalle autorità, dei comportamenti rabbiosi, violenti ed aggressivi,
motivo per il quale vengono espulsi dai centri perché non adatti alla vita di
comunità; ma questi loro atteggiamenti derivano dai maltrattamenti che
hanno subito e la loro fuoriuscita li espone maggiormente al rischio di entrare
a far parte della spirale dello sfruttamento lavorativo. Quando purtroppo
entrano in questa spirale i minori soli per sostenere il carico fisico delle 12 o
più ore al giorno di lavoro, con ritmi serrati e senza nessun diritto, iniziano ad
assumere oppiacei, antidolorifici (senza nessuna prescrizione medica), crack,
cocaina, mix di droghe e questo lo fanno non solo per sostenere il carico fisico
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ma anche quello psichico perché iniziano a commettere reati come spaccio,
furto e rapine. A Roma, Milano e Torino sono state rilevate numerose
situazioni di pedopornografia e prostituzione minorile maschile
accompagnata dall’uso di crack e secondo alcune testimonianze di minori, a
Torino, ricevevano delle proposte sessuali da parte di adulti ed anziani che li
contattavano anche via Facebook. Tutto questo quadro concorre ad aumentare
i disturbi psichici e gli stati di rabbia, aggressività e panico in cui purtroppo
si trovano anche i minori egiziani soli.
Come abbiamo potuto notare leggendo le testimonianze e facendo un
breve excursus dei viaggi che affrontano i bambini, possiamo vedere che il
filo conduttore che collega questi minori non accompagnati, è la voglia,
l’ambizione, il coraggio ed anche la paura di affrontare un viaggio fatto di
soprusi, minacce, debiti, torture e violenze psichiche solo per cercare di
raggiungere una vita migliore, lontana dalla povertà e dalla miseria e dai loro
affetti, che lasciano nel paese per raggiungere, con la speranza nel cuore, un
futuro migliore.
- Storia di Harmony - “Harmony sbarca in Calabria. Con sguardo
triste si dichiara adulta ma Harmony è palesemente una minore. Dopo
l’intervento di Save the Children, piangendo ammette di avere 16 anni. Per
mancanza di posti in un centro sicuro specializzato in vittime di tratta viene
collocata in un centro di prima accoglienza. In questo centro sono presenti
altre ragazze nigeriane e Harmony riferisce di non volere stare lì. Durante la
sua permanenza nel centro continua a riportare frequenti mal di pancia e una
generale condizione di malessere che la porta a svenire. Gli accertamenti
medici attribuiscono il malessere ad attacchi di panico. Harmony si fida
soltanto dell’operatrice Save the Children ed è a lei che chiede con insistenza
notizie rispetto al suo trasferimento in una struttura protetta dicendo di avere
paura e raccontando i ricatti e la paura connessa al rito wodoo subito. Una
notte, spaventata, chiede alla coordinatrice del centro di accoglienza di
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chiamare l’operatrice Save the Children con cui aveva stabilito un rapporto
di fiducia. La coordinatrice suggerisce di chiamare l’indomani. Ma il giorno
dopo Harmony si dà alla fuga e il sospetto è che con quella telefonata mai
fatta lei volesse allertare l’operatrice Save sul rischio che di lì a poco sarebbe
stata prelevata dagli sfruttatori. Dopo cinque giorni, l’operatrice di Save the
Children incontra casualmente Harmony, truccata e con tacchi alti, nei pressi
della Stazione di Reggio Calabria in compagnia di un uomo nigeriano.
L’operatrice la segue, Harmon