Anteprima
Vedrai una selezione di 11 pagine su 48
L'ergastolo  Pag. 1 L'ergastolo  Pag. 2
Anteprima di 11 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
L'ergastolo  Pag. 6
Anteprima di 11 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
L'ergastolo  Pag. 11
Anteprima di 11 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
L'ergastolo  Pag. 16
Anteprima di 11 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
L'ergastolo  Pag. 21
Anteprima di 11 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
L'ergastolo  Pag. 26
Anteprima di 11 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
L'ergastolo  Pag. 31
Anteprima di 11 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
L'ergastolo  Pag. 36
Anteprima di 11 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
L'ergastolo  Pag. 41
Anteprima di 11 pagg. su 48.
Scarica il documento per vederlo tutto.
L'ergastolo  Pag. 46
1 su 48
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Costituzione

Disposizione quest'ultima che ha avuto il merito, anche al fine di scongiurare le esecuzioni sommarie tipiche dei regimi dittatoriali, di attribuire rango primario a un criterio già conosciuto in epoca illuministica. È in tale scorcio temporale che si introduce il divieto di ricorrere al procedimento analogico in materia di delitti e di pene, di grande utilizzo in età romana e medievale, e, contestualmente, si afferma il principio secondo il quale non è possibile punire una condotta (attiva od omissiva, anche se eticamente ripugnante) se non in forza di un dato normativo preesistente.

Un'eccezione importante rispetto all'andamento storico prevalente è riscontrabile all'interno della Magna Charta - di origine anglosassone - del 1215 per la quale "signore e suddito, Stato e singolo sono due mondi separati e occorre che i poteri dell'uno siano limiti a garanzia della libertà dell'altro".

Fa seguito,

Seppur a distanza di molti anni, la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 all'interno della quale viene puntualmente ripreso il costrutto latino "nullum crimen nulla poena sine lege". In Italia, il principio di legalità, anteriormente al 1948 (anno di promulgazione della Costituzione), è stato introdotto a livello di normativa ordinaria nel codice penale del 1930 (c.d. codice Rocco dal nome dell'allora Ministro della Giustizia) a dimostrazione della mutata sensibilità sulla valutazione politica della condotta criminale. Difatti, come sostiene brillantemente Fiandaca, l'origine del principio di legalità non è di natura squisitamente giuridica, ma ha una portata prettamente politica.

6 A. CORBINO, Il danno qualificato e la lex aquilia, Cedam, 2008.

7 Il ricorso all'analogia era molto frequente e in uso e, soprattutto, il giudice godeva di uno sconfinato potere di imperio attraverso il quale poteva

liberamente decidere sull'entità delle pene e sulla legittimità delle incriminazioni.8 R. GAROFALI, Manuale di Diritto penale, Nel diritto editore, 2011.5 In linea con quanto sancito nella Magna Charta, il criterio sottoposto alla nostra attenzione, in origine, aveva il fine di attualizzare il principio illuministico, esploso grazie alla Rivoluzione francese, della netta separazione dei poteri dello Stato. L'idea di rendere irretroattiva la legge penale, difatti, riconosceva alla magistratura il potere di difendere il cittadino da eventuali abusi del potere centrale. Il giudice, espressione della funzione giudiziaria, era così tenuto a tutelare l'individuo da interventi politici arbitrari impedendo l'applicazione della sanzione a un comportamento che, nel momento in cui era stato compiuto, non era ancora delineato come reato e, quindi, non era considerato meritevole di disapprovazione da parte dell'ordinamento giuridico. Orbene, cosìcollocato storicamente, il principio di legalità in Italia ha generato alcuni problemi interpretativi in ordine alla sua portata e ai limiti della sua applicazione: Legalità, come è facile desumere dalla terminologia utilizzata, sta ad indicare preminenza della legge nei settori più rilevanti della vita sociale e, di conseguenza, prevalenza del potere legislativo che, per antonomasia, è deputato a introdurre le "regulae iuris" nel nostro ordinamento. Ne deriva che, seppur indirettamente, il principio di legalità si ricollega all'esercizio della sovranità nazionale da parte dei cittadini che, entro i limiti sanciti dalla Costituzione, eleggono i propri rappresentanti in Parlamento. È questo organo che sopperisce a eventuali deficit di democraticità e individua, in nome del popolo italiano, gli ambiti che non possono essere regolamentati se non da una fonte di rango primario: la legge per l'appunto. Quantoaffermato è tanto più vero se si volge lo sguardo verso quelle branche del diritto idonee a incidere negativamente sui diritti fondamentali dell'essere umano e, in primis, sulla libertà personale. Ne deriva che, per espressa previsione costituzionale, nessuno può essere punito in forza di disposizioni retroattive e, in specie, sulla base di leggi non esistenti nel momento in cui il fatto veniva posto in essere. Con assoluta evidenza si rileva che il primo e fondamentale settore in cui il principio di legalità trova applicazione è quello del diritto penale. È questo un principio molto chiaro nel suo significato e nella sua portata, ma tuttavia non completamente esaustivo quanto alla delimitazione dell'attività giudiziaria. Se, infatti, il legislatore costituzionale ha fatto espressa menzione del divieto di punizione per condotte non contemplate come reati, non altrettanto è stato fatto per l'individuazione delle.da affrontare riguarda la determinazione della pena nel caso di reati commessi da minori. La Costituzione stabilisce che i minori debbano essere sottoposti a misure speciali di protezione, ma non specifica in modo chiaro come debba essere determinata la pena per i reati da loro commessi. Anche in questo caso, la dottrina ha interpretato in modo estensivo il principio di legalità, sostenendo che la pena debba essere determinata secondo le norme previste per i maggiorenni, ma tenendo conto delle specificità legate all'età e alla maturità del minore. In conclusione, il principio di legalità si applica sia alle fattispecie di reato sia alle relative pene, anche nel caso dei reati commessi da minori. Tuttavia, il giudice ha un certo margine di discrezionalità nella determinazione della pena, purché questa sia individuata all'interno delle sanzioni previste dalla legge e rispetti i limiti stabiliti dalla normativa specifica.

Il dibattito interpretativo ha riguardato il valore degli atti aventi forza di legge, ovverosia i decreti legge e i decreti legislativi, che, come noto, sono fonti normative di competenza governativa. Ci si è chiesto se, posta la naturale funzione del principio di legalità quale garante della supremazia parlamentare nella definizione dei settori di competenza esclusiva del dato normativo di rango primario, tali atti, in quanto riconducibili al potere esecutivo, possano intervenire nell'individuazione delle sanzioni e delle fattispecie penali. Anche in tal caso, il dibattito giurisprudenziale e dottrinale è stato piuttosto ricco di spunti di riflessione e, oggi, si è giunti all'opinione condivisa per cui tali atti normativi possono considerarsi rispettosi del principio garantista di cui ci stiamo occupando in quanto, in ogni caso, sono assoggettati alla supervisione delle camere: i decreti legge perché devono essere convertiti in legge entro sessanta giorni.

dalla loro adozione e i decreti legislativi perché vengono adottati entro il quadro della delega conferita dal Parlamento. Per converso, per ragioni assolutamente condivisibili, non sono considerate fonti idonee a intervenire in materia penale le leggi regionali. Com'è intuitivo, in tale ipotesi, l'intervento normativo di competenza territoriale è totalmente sottratto al vaglio parlamentare e, per tal motivo, svilisce profondamente la ratio sottesa al principio di legalità. Peraltro, consentire al legislatore regionale di intervenire in materia penale, equivarrrebbe a violare il principio di eguaglianza sostanziale contenuto nell'art. 3 della Carta costituzionale in quanto si realizzerebbe un'illecita disparità di trattamento in relazione a una medesima condotta criminale. Infine, occorre porre alla mente che, per orientamento consolidato, quando il legislatore costituzionale fa riferimento alla legge, egli intende esclusivamente quella statale.assodato che ogniqualvolta desidera rimandare all'intervento normativo territoriale lo fa expressisverbis. Un'analisi del tutto specifica ha meritato il ruolo della consuetudine nell'ambito del diritto penale e, per quel che a noi interessa, è stato posto all'attenzione degli studiosi il problema della sua configurabilità tra le fonti produttive di norme incriminatrici. In tal senso, secondo attenta dottrina, poste le caratteristiche generali della prassi come fonte non scritta, è necessario distinguere tre differenti ipotesi: la consuetudine innovatrice (foriera di nuove disposizioni penali), la consuetudine abrogatrice (finalizzata a depenalizzare alcune ipotesi di reato a seguito dell'inerzia giurisdizionale nella loro applicazione) e la consuetudine integratrice (o praeter legem). Orbene, la soluzione interpretativa ormai pacifica volge nel senso di escludere, tra le fonti di diritto penale, le prime due ipotesi consuetudinarie in quanto,

un'affermazione in senso contrario, produrrebbe una palese violazione del dettato costituzionale più volte richiamato.

Per converso, ed entro il limite della mera integrazione del precetto penale senza che alcun danno venga apportato all'imputato, una parte della comunità giuridica ammette l'intervento della consuetudine integratrice del dettato legislativo.

Per vero, e a titolo di completezza espositiva, occorre ricordare come, per alcuni autori, sia ammissibile anche la consuetudine in funzione scriminante e, di conseguenza, nel suo ruolo di causa di giustificazione.

91.2 L'esecuzione delle pene detentive

Si parla di esecuzione della pena allorché si è pervenuti ad una sentenza di condanna definitiva e l'autorità giudiziaria non ha attivato, le misure previste dall'ordinamento, una sospensione condizionale della pena o applicato anche una misura che sia considerata, appositamente, sostitutiva alla detenzione stessa.

Sebbene

La valutazione di tali misure costituirà oggetto di valutazione ponderata e quindi approfondita nelle pagine successive, va, per diligenza espositiva tratteggiata sinteticamente la disciplina a cui si farà riferimento.

Infatti, la disciplina di tali fattispecie la si ritrova all'interno del tessuto normativo del codice penale ove viene stabilito, per quel che concerne la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva si deve avere riguardo alle disposizioni normative ex artt. 163-168 dello stesso corpus.

Con l'applicazione di tale misura l'autorità competente predispone la sospensione della pena detentiva che, nella fattispecie di delitti, è di cinque anni, mentre di due nel caso di contravvenzioni sempreché la condanna non vada a superare il tempo pari a due anni di reclusione oppure una pena di carattere pecuniario, che nella considerazione congiunta o isolata, corrisponda ad una pena che limita la libertà del

ta definitiva, il soggetto condannato dovrà scontare la pena stabilita. Durante il periodo di detenzione, il soggetto sarà privato della libertà personale e sarà sottoposto a un regime di sorveglianza e controllo da parte delle autorità penitenziarie. Durante la detenzione, il soggetto avrà diritto a determinati diritti fondamentali, come ad esempio il diritto all'assistenza legale, il diritto alla salute e il diritto alla dignità umana. Al termine della pena, il soggetto condannato sarà rilasciato e potrà tornare alla vita normale, anche se potranno essere applicate delle misure di sorveglianza post-penitenziaria.
Dettagli
A.A. 2023-2024
48 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martina.riva.ecp di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Universita telematica "Pegaso" di Napoli o del prof De Nardis Paolo.