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EXHIBITION
/ RECEPTION
/
TRANSMISSION
Fonte: UNESCO, Framework for Cultural Statistics - 2006
1.3.2 EUROSTAT anni vari
La Commissione Europea per far fronte alla frammentazione delle
definizioni in uso e i diversi significati che ciascuna di esse porta, nel 1997, ha
7
creato uno specifico gruppo di lavoro, LEG-Culture , cui ha dato il compito di
individuare ed aggregare le statistiche di stampo culturale prodotte dai vari
Paesi dell‟UE al fine di poter compiere comparazioni internazionali sul settore
della cultura.
Gli obiettivi principali che il LEG si è fissato di raggiungere sono:
- Definire un nucleo comune di campi universalmente riconosciuti come
culturali;
7 Leadership Group Culture 12
- Implementare una classificazione delle attività culturali basata sul
quadro delle statistiche culturali definito dall‟UNESCO;
- Migliorare e sviluppare le statistiche culturali a partire dalle indagini
esistenti;
- Definire variabili e indicatori che consentano di descrivere la domanda
e l‟offerta delle attività culturali.
Il conseguimento di tali obiettivi rappresentava quindi il trampolino di
lancio per consentire l‟identificazione e il confronto delle diverse situazioni
nazionali rispetto alle occupazioni nel campo della cultura, alle spese ed ai
finanziamenti relativi alla cultura e alla partecipazione ad attività culturali. –
Con i rapporti prodotti da questo gruppo di lavoro, EUROSTAT
“Cultural (anni vari), ed in
statistics in the EU, Final report of the LEG”
particolare con quello del 2002, si intendeva rispondere a tre finalità.
La prima riguarda la necessità di determinare un comune dominio di
unanime accettazione relativo al settore della cultura; la seconda è volta
all‟elaborazione di una struttura delle statistiche culturali che possano
permettere comparazioni a livello europeo; la terza, infine, è quella di
stimolare un ripensamento riguardo alle classificazioni nazionali ed
internazionali, in maniera tale da giungere ad aggregazioni di attività
economiche tali da evidenziare in modo più appropriato il fenomeno della
cultura.
Identificato quindi il piano di lavoro, l‟indagine passa attraverso una
serie di domande, alle quali è essenziale dare una risposta, che consentissero di
identificare il valore del settore culturale: quanto e come si spende, che
ricadute hanno gli investimenti in termini occupazionali e quanta parte della
popolazione è coinvolta in specifiche pratiche partecipative.
A tal punto, preme evidenziare come queste tre domande cruciali
a tre domini del campo culturale: l‟occupazione nel settore, la
portassero
quantificazione e le modalità di finanziamento, la partecipazione della società
13
e degli individui al processo culturale. E proprio attraverso questo impianto
l‟attenzione sui seguenti aspetti:
concettuale, si è focalizzata
Analisi delle statistiche sull‟occupazione in campo culturale e
-
compilazione di una classificazione delle occupazioni (vengono presi in
considerazione sia gli occupati nella produzione di beni e servizi culturali, sia
quelli operanti nella produzione di prodotti espressivi di un certo contenuto
creativo, unitamente a quelli impiegati nelle attività il cui apporto è essenziale
per la realizzazione dei prodotti esclusivamente culturali);
- Analisi della spesa e dei finanziamenti per la cultura da parte dello
Stato, di altre istituzioni e dalle imprese da un lato, e valutazione del consumo
di beni e servizi culturali delle famiglie dall‟altro;
- Studio della domanda in termini di partecipazione individuale ai campi
della cultura (Questa viene misurata secondo una scala di tre livelli: a)
attending/receiving, identificabile nel rapporto tra risorsa informativa ed il
ricevente (ad esempio, la lettura di libri); b) performance/production of
amateurs, che consiste nella realizzazione di un prodotto culturale (ad esempio,
la scrittura di poesie e romanzi); c) interaction, relativo al flusso continuo di
comunicazioni che vengono sistematicamente rielaborate a discrezione dei
soggetti (ad esempio, l‟uso di prodotti telematici e multimediali).
8
proprio il “Framework”
Il punto di partenza è stato del 1986, sopra
analizzato, dove l‟UNESCO proponeva una prima classificazione delle
categorie da considerare nei processi di produzione di statistiche culturali.
Tale lavoro tuttavia divenne oggetto di variazioni poiché, sebbene esso
fosse in larga parte ripreso come modello da molti Paesi, ciascuno di essi vi
apportava discrezionali modifiche sulla base del concetto di cultura esistente
nel proprio territorio o della disponibilità dei dati a livello nazionale. Inoltre, è
da ritenere opportuno come, dopo quasi un ventennio dallo studio UNESCO,
8
Framework for Cultural Statistics - UNESCO (1986) 14
le variazioni sono dovute alla necessità di adeguare il nuovo quadro
concettuale alla realtà che muta freneticamente.
dell‟Eurostat in tal senso riduce a 8 domini culturali: il
Lo studio
patrimonio culturale, gli archivi, le biblioteche, i libri e la stampa periodica, le
arti visive, l‟architettura, le arti drammatiche, l‟audio e i prodotti audiovisivi e
multimediali.
Agli 8 domini corrispondono poi 6 funzioni che possono essere così
elencate: la conservazione (di tutte le azioni volte alla protezione, al restauro e
al mantenimento di beni culturali), la creazione (l‟invenzione di opere
originali, che danno titolo al pagamento di diritti), la produzione (i modi con
cui l‟opera originale viene resa disponibile), la distribuzione (l‟organizzazione
e la promozione di eventi), il commercio e le vendite (ovvero il canale con cui
dalla cultura si crea ricchezza), la formazione (pubblica e privata).
15
Fonte: Rapporto “Il sistema economico integrato dei beni culturali” - Istituto G. Tagliacarne
(2009) 16
Categorizzato quindi il settore culturale, è stata poi compilata una
tabella di corrispondenza tra le attività culturali e la classificazione delle
9
attività economiche NACE al livello più accurato di definizione (4 digit).
Pur costituendo solo un primo tentativo di approfondimento, tale tabella
evidenzia la difficoltà di classificare un grande numero di attività culturali e,
mette in luce come l‟eccessiva aggregazione di alcune categorie delle
inoltre,
NACE (che mette insieme attività culturali anche molto diverse tra loro) non
consente di identificare il peso economico globale che le attività in definitiva
posseggono.
Quindi, non essendo possibile un analisi dettagliata del settore culturale,
risulta altresì impossibile delineare adeguate ed efficaci politiche culturali.
Sulla scia del successo emerso in campo europeo, nel 2007 è stato
pubblicato un ulteriore rapporto con lo scopo di inserire un aggiornamento
sullo studio LEG. Tale rapporto si basa infatti proprio sulla definizione
indicata nel corso del lavoro precedente (2002) questa volta presentando però
una connotazione in termini quantitativi dei fenomeni.
della prima volta in cui l‟Eurostat pubblica uno studio
Si tratta proprio
contenente statistiche sulla cultura per i 27 Paesi dell‟UE (relative all‟anno
2005), e lo fa proprio distinguendo una sessantina di attività incrociate negli
otto domini e sei funzioni identificati dal LEG e precedentemente descritti.
Dopo una panoramica generale, costituita da una serie di indicatori
demografici ed economici, il lavoro si concentra su 3 campi dell‟economia di
rilevanza fondamentale a fini statistici per valutare lo spessore del settore
culturale in termini di imprenditorialità, occupazione e capacità di
penetrazione sui mercati esteri.
Viene poi messo in luce che, tendenzialmente, i lavoratori del settore
cultura hanno un livello di formazione più alto rispetto agli altri lavoratori:
–
9 Nomenclature statistique des activités économiques Sistema di nomenclatura delle
attività economiche adottato dall‟Eurostat e dai Paesi membri dell‟UE 17
infatti in Europa il 48% possiede un livello di studio elevato contro il 26% per
il totale degli occupati; in Italia il 37,5% presenta un livello di studi elevato
contro un 15% per il totale.
E, se da un lato questi dati ci lasciano delineare una situazione
apparentemente positiva e propositiva, dall‟altro basta studiare ancora poco
tale rapporto per scoprire che viene messo in risalto come la maggior presenza
di lavoratori “precari” è presente proprio nel settore culturale rispetto al totale
occupati.
In particolare, in Europa abbiamo il 16,4% di lavoratori temporanei nella
cultura contro il 13% del totale e in Italia il 20% contro l‟11%; inoltre,
nell‟area europea il 25% dei lavoratori nella cultura è part-time contro il 17%
sul totale, per l‟Italia il 20,5% contro l‟11%. Esiste per di più la tendenza degli
occupati del settore cultura ad avere un secondo lavoro, situazione che può
essere riscontrata in generale in tutti i paesi europei: infatti la quota di
lavoratori che hanno due lavori è quasi due volte più elevata nel settore
culturale rispetto al totale in Europa, e in Italia è del 4,3 % contro l‟1,6%.
La fonte statistica utilizzata per la stima dell'occupazione culturale è
l‟Indagine sulle forze di lavoro UE 2005. Le stime sono ottenute attraverso le
8
attività culturali classificate dalla NACE con le occupazioni culturali
10
classificati con l‟ISCO . –
10 International Standard Classificarion of Occupations Struttura di classificazione
dell‟Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) per l‟organizzazione di informazioni
sul lavoro e l‟occupazione. 18
Occupazione culturale nell’occupazione totale
Fonte: Eurostat pocket books 2007
–
1.3.3 Rapporto JAN FIGEL KEA 2006
Al fine di valutare gli impatti socio-economici (diretti e indiretti) del
settore della cultura in Europa, la Direzione Generale per l‟Educazione e la
Cultura della Commissione Europea nel 2006 ha commissionato un‟analisi
11
volta a dimensionare l‟economia della cultura .
Lavoro noto come “Jan Figel Report” dal nome del Commissario Europeo
11
all‟Istruzione, Formazione, Cultura e Multilinguismo 19
Il lavoro della Commissione Europea ha tentato di misurare il
contributo che il settore culturale e creativo ha apportato alla crescita ed alla
coesione in Europa, stabilendo una connessione tra settore ed attività
economiche. secondo l’indagine
Le componenti del settore culturale e creativo
condotta dalla Commissione Europea “The
Fonte: rielaborazione The European House-Ambrosetti su dati KEAEuropean Affairs,
Economy of Culture in Europe”, 2006.
Lo schema prop