The Importance of Being Earnest nella società vittoriana
The Importance of Being Earnest è stata rappresentata per la prima volta a Londra il 14 febbraio 1895 e fu l’ultimo trionfo di Wilde prima della catastrofe. La stessa data, il 14 febbraio, è usata nell’opera per sancire il fidanzamento tra Algernon e Cecily. Nella sua versione definitiva, l’opera consta di tre atti, ma in quella originale compare un episodio dal titolo The Gribsby Episode, che successivamente fu estromesso dalla versione finale.Jack è un giovane nobiluomo che per sfuggire alla tediosa vita di campagna si rifugia nella mondanità londinese sotto il falso nome di Ernesto. Algernon, nobiluomo spiantato e ozioso, è il suo compagno di scorribande.
Jack, in visita a casa di Algernon, rivela di voler chiedere la mano di Gwendolen e chiede di essere presentato ad Augusta, madre della ragazza e zia dell’amico. Algernon, naturalmente dopo essersi fatto pregare, presenta il compare. L’incontro avviene dopo pochi giorni con risultati disastrosi. Il fatto che Jack, in realtà trovatello, abbia acquisito il titolo di nobiltà, scandalizza profondamente Lady Augusta. Jack deluso, decide porre fine a tutte le falsità e alla sua doppia vita. Inizialmente fu un’opera molto criticata perché considerata semplicemente piena di nonsense e vuota, quasi scritta solo perché Wilde non riusciva a tenere ferma la penna e la sua voglia di scrivere o come se fosse un semplice esercizio stilistico.
In compenso, fu molto apprezzata dal principe di Galles, che affermò di aver riso di gusto quando assistette alla prima. Wilde spesso la definì “una vera bolla di fantasia, ma che non manca di filosofia”, ammettendo che la morale della commedia è “considerare seriamente tutte le cose futili, e le cose serie con una sincera frivolità” [sic].
La commedia è dedicata a Robert Baldwuin Ross, critico letterario e giornalista canadese e grande amico di Oscar Wilde. Il periodo che vide la pubblicazione di The Importance of Being Earnest è lo stesso che vide la pubblicazione di opere come Edda Gabler di Ibsen, The Devil’s Disciple di G. B. Shaw, El Nost Milan di Bertolazzi, La lupa di Verga, Le Dindon di Feydeau, La città morta di D’Annunzio ecc. Parlando della commedia di Wilde, Shaw ne criticò i personaggi perché non veri ed incapaci di catturare la sua simpatia, ed espresse il seguente parere: “Mi sono divertito, naturalmente; ma a meno che una commedia non mi tocchi da vicino, oltre a divertirmi, essa mi lascia con l’impressione di aver sprecato la serata”. Wilde attribuisce ai personaggi di John Worthing e al Rev. Canonico Chasuble delle abbreviazioni. Per il primo JP, che sta per Justice of the Peace (titolo attribuito a notabili che si occupano del mantenimento dell’ordine e della pace), per il secondo DD che sta per Doctor of Divinity ovvero laureato in teologia. Per il cognome di Jack, Wilde prende spunto dalla località in cui scrisse la commedia.
In essa, Wilde parla della vita come un mondo in cui nasciamo non per nostro volere e, nel momento in cui entriamo in scena, è giusto recitare la nostra parte nel migliore dei modi. Il tema del doppio è una costante dall’inizio dell’opera fino alla fine. Il doppio non appartiene solo a Jack, il quale non è l’unico che decide di vivere una doppia vita, ma anche al personaggio di Algernon. Jack finge di avere un fratello scapestrato a Londra, il cui nome è Ernest, per poter condurre una vita di piaceri, ed Algernon conduce a sua volta una doppia vita grazie all'invenzione di un povero amico invalido, chiamato Bunbury. In realtà, sono la stessa persona e la malattia di questo fantomatico amico, gli serve da espediente per giustificare l’impossibilità della presenza di entrambi nello stesso luogo allo stesso tempo. Sia Jack che Algernon usano un nome per la vita mondana ed un altro per la vita di città. I due personaggi vivono nella menzogna e nell’inganno, anche se la cosa sembra pesare più al primo che al secondo. Infatti, Algernon viene descritto come un personaggio che ama la bella vita e che affonda i suoi dispiaceri nel cibo, che funge da unica consolazione a tutti i suoi problemi e che sembra essere l’unica cosa di cui realmente gli importi in qualsiasi circostanza. La menzogna si ritorce contro ad entrambi. Ci sono una serie di circostanze che portano Jack e Algernon ad ammettere le proprie colpe, ma anche in questo caso Algernon si dimostra più sfacciato e non si cura del fatto di essere stato scoperto menzognero.
Le figure femminili di questa commedia non appaiono marginali come nella maggior parte delle opere di Wilde: qui le donne comandano anche in amore e gli uomini ubbidiscono. Nel primo atto, Wilde fa esprimere ad Algernon ironicamente la differenza tra le donne e gli uomini quando dice che la disgrazia delle donne è quella di diventare come le loro madri. Ma poi addolcisce la pillola dicendo che invece la tragedia degli uomini è quella di scampare a tale destino. E’ la stessa osservazione che ritroviamo con le stesse parole nel secondo atto della commedia Una donna senza importanza. Attenzione particolare è rivolta al concetto di bellezza, tant’è che nel secondo atto, Algernon definisce la bellezza come “una trappola da cui qualsiasi uomo di giudizio vorrebbe essere intrappolato”. I personaggi sembrano essere inconsistenti e privi di fisicità; anche il rapporto tra le coppie non è fisico ma solo verbale ed intellettuale. Un rapporto verbale che trova forma nell’impiego di un linguaggio di tipo formale. I personaggi sembrano far parte di un mondo fittizio e proiettarsi in un universo parallelo.
Jack Worthing è presentato come un trovatello. Le sue origini non sono chiare ed è con l’aiuto di Miss Prism che Jack scopre la verità sul suo passato. Wilde crea diversi misteri da risolvere, coinvolgendo anche il lettore/spettatore nella loro risoluzione. Lady Bracknell si pone come il “deus ex machina”, che scioglie il groviglio della storia. E’ lei a rivelare a Jack che egli è il figlio della sorella e di conseguenza il fratello maggiore di Algernon.
L’opera ruota attorno ad una serie di contraddizioni ed opposizioni del tipo bugia/verità, deferenza/irriverenza, conoscenza/mistero. Il mistero avviluppa tutto il testo.
Basti notare come, ad esempio, l’identità del padre di Jack venga svelata solo nelle ultime pagine. Tema fondamentale è anche quello della religione. Infatti, la questione del nome è strettamente legata al tema del battesimo, ossia il sacramento con cui si accede al mondo cristiano. Fino alla fine Jack non sa se è battezzato o meno e per questo prende un appuntamento, come lo stesso Algernon, per battezzarsi e ricevere insieme al sacramento anche il nome che sembra essere la chiave per la felicità: Ernesto. Jack vede nel battesimo l’unico modo per smettere di sopravvivere ed iniziare a vivere. Scoprendo di chiamarsi come suo padre, Ernest, egli trova una soluzione a tutti i suoi problemi senza ricorrere più a stratagemmi. Jack non ha fatto altro che vivere nell’ombra di se stesso portando un altro nome: questa è la conseguenza di non aver conosciuto davvero il suo passato. Ed è quando scopre la verità a riguardo che scopre davvero se stesso.
Un’ ulteriore dicotomia è data dalla serietà/trivialità, non a caso il sottotitolo recita A Trivial Comedy for Serious People. E nell’opera c’è un continuo riferimento alla serietà e un profondo odio verso chi non la pratica, ma in realtà i personaggi sono i primi ad essere triviali. Alla trivialità sono spesso associate volgarità o scurrilità. La trivialità di cui parla Wilde è quella dei gesti, delle azioni e della loro banalità. Trivialità deriva da trivio che significa plebeo, ed invece i personaggi di Wilde sono gentiluomini dell’alta società ed è dietro la loro ampollosità che si nasconde la loro piccolezza. Essi sembrano vivere con assoluta leggerezza un’esistenza dedita a facezie, ma in realtà hanno problemi a tirare avanti e non per impedimenti economici, ma per via della loro coscienza sporca. Algernon, nel primo atto, dice di odiare le persone che non prendono seriamente le cene accusandole di leggerezza.
Centrale nella commedia è la questione del nome perché è un nome ciò che divide Jack e Algernon da Gwendolen, quasi come nel Romeo and Juliet di Shakespeare è il nome che rappresenta l’ostacolo dell’amore fra i due protagonisti. L’ambiguità di Ernesto/onesto nasce perché avendo creato una bolla di bugie intorno alla questione del loro vero nome, Jack e Algernon sono tutto fuorché onesti. Le due cose sono correlate e il titolo sembra contenere la morale di tutta la storia: è solo essendo sinceri che si possono trarre benefici. Ernesto è sinonimo di pace, tranquillità, calma, perfezione. Essere Ernesto significa avere un passepartout, tant’è che tutte le donne sembrano adorare il nome Ernesto e addirittura pensare che la vita di chi sceglie un marito con un altro nome non può che essere miserabile.
Le commedie di Wilde devono molto a quelle francesi, tanto da ammettere che le commedie di Dumas figlio furono utili per le sue ricerche artistiche, poiché i suoi lavori teatrali sembrano essere dei “pot-boilers”. “Pot-boilers” è un termine che ci richiama alla mente il decimo volume de “I Rougon-Macquart” di Émile Zola: Pot-Bouille (Quel che bolle in pentola). Infatti, Zola mette in luce vizi e ipocrisie ed è quel che fa anche Wilde in questa commedia dove tutto appare confuso ed incerto. Come in Zola, in Wilde il salotto è l’ambiente preferito per la rappresentazione della commedia, specialmente per il primo ed il terzo atto.
Wilde in The Importance of Being Earnest è come se anticipasse e facesse leggere tra le righe la perdita di alcuni valori che sono scomparsi dalla società descrivendola ormai alla deriva. La spensieratezza con cui Wilde scrive l’opera è agghiacciante poiché è in netta contrapposizione con l’inizio del periodo infelice della sua vita che lo portò alla catastrofe. E’ come se attraverso la scrittura, Wilde volesse evadere, come se quella fosse la sua unica via di fuga.
Lo scrittore si dedicò con passione alla stesura delle commedie forse in virtù del fatto che per lui la vita era come una brillante commedia per poi arrivare alla conclusione che la vita era tutt’altro. Nel De Profundis, infatti, scrive: “Pensavo che la vita fosse una brillante commedia […]. Mi accorsi che era una tragedia rivoltante e repellente”.
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