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La tragedia dell'Heysel e le misure repressive del governo britannico
E’disastrose. Anche qui la maggior parte morì per asfissia e soffocamento.dopo questi terribili eventi che il governo inglese decide di intervenirea seguito della tragedia dell’Heyselaspramente. Proprio che verrannoapprovati una serie di provvedimenti da parte del Primo ministro britannico,Margaret Tatcher attraverso metodi repressivi. Non a caso verrà“lady di ferro”.soprannominataNel 1985 verrà emanato lo Sporting Event Acts, che limitò la possibilità dibevande alcooliche all’internoacquistare e consumare di impianti sportivi.vietare l’ingressoNel 1986 attraverso il Public Order Act, si poté negli stadi atifosi considerati violenti.Nel 1989 fu approvato il Football Spectators Act, che proibiva laeventi sportivi all’esteropartecipazione ad a persone condannate per reatilegati al calcio ritirandogli il passaporto. Inoltre per entrare allo stadio eranecessario un documento di identità.Fu creatauna squadra speciale contro gli hooligans, chiamata: National Crime Intelligence Service Football Unit. Anche se la Tatcher terminò la sua esperienza come Primo ministro, gli inglesi continuarono ad adottare provvedimenti in merito. Nel 1991 con il Football Offence Act, fu permesso alla polizia di arrestare per direttissima i tifosi anche solo per uso di cori o linguaggio di tipo razzista. Negli anni '90 si cominciò a riempire gli stadi con le telecamere a circuito chiuso così da poter riconoscere facilmente i più violenti. Inoltre le società vennero obbligate a ristrutturare gli stadi con un investimento di 350 milioni di impianti. Si osservò quindi l'eliminazione delle barriere, la sostituzione di gradinate con posti a sedere numerati e la nascita di celle in cui i colpevoli di reati saranno giudicati per direttissima il giorno dopo la partita. Le società inoltre furono responsabilizzate attraverso
laall'interno gestione del servizio di sicurezza degli impianti, affidato a degli stewards privati e non più alla polizia, ormai presente in gran parte al di fuori dello stadio. Così il modello inglese come lo conosciamo, nasce da lei, con la "lady di ferro" che tanto odiava il calcio. Anche se ancora oggi gli scontri avvengono lontano dagli stadi, come nei pub o nelle strade con gruppi di tifosi che si organizzano per mesi, si deve però notare che la violenza è drasticamente diminuita; per farla sparire da questo sport però bisogna fare ancora molto.2.2 Tifosi ed episodi di violenza
La piaga del tifo violento ha coinvolto non solo l'Inghilterra con i famigerati hooligan, ma anche l'Italia con i temutissimi ultras. Il termine ultras o ultras deriva dal francese "ultra-royaliste", ed indicava i più fanatici attori del terrore bianco negli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione francese. La storia del
Tifo ultrà ha inizio, nel nostro paese nei primi anni '70, quando negli stadi italiani fanno la loro apparizione gruppi di giovani tifosi che si caratterizzano per essere portatori di forme inedite e molto vistose di tifo, ma soprattutto perché tendono ad esibire un atteggiamento sistematicamente aggressivo nei confronti degli analoghi gruppi avversari. Queste aggregazioni di tifosi delle grandi città del nord, vengono presto in contatto, grazie agli incontri disputati dalle proprie squadre nei vari tornei internazionali, con gli hooligans inglesi, già esistenti da una decina di anni e che esibiscono forme del tutto inedite per l'Italia, caratterizzati oltre da atteggiamenti violenti anche da particolare abbigliamento da stadio e da canti di incitamento. I gruppi giovanili italiani, per via imitativa, assimilano questo modello e lo fanno proprio. È così che nascono, con qualche variante, le denominazioni di carattere sempre più feroce: commandos,
fedayn, ultras, fosse, brigate, ecc. 19Per delineare un quadro di massima del fenomeno può essere utile ricorreread una periodizzazione che ricostruisca le tappe principali della suail decennio degli anni ’70, le gradinate e soprattutto le curveevoluzione. Tuttosi riempiono di striscioni e bandiere di grandi dimensioni che spessorimangono avvolti nella nebbia colorata dei fumogeni; compaiono tamburiche vengono percossi insistentemente per lunghi periodi. Altro dato darilevare è il fatto che questi gruppi definiscono le zone delle curve in cui sonoinsediati come territorio in cui non sono ammessi gli estranei. E’ la sacralitàdella curva di casa, a diventare il motivo di molti incidenti, dal momento cheun forte elemento di sfida tra i gruppi ultras è rappresentato proprio daltentativo di invadere il territorio avversario (quando le due tifoserie non eranoancora ben separate e divise all’interno dello stadio) e possibilmenteimpadronirsi di
bandiere e striscioni avversari. Questo può essere considerato un atto di profanazione capace di dare origine ad una catena di odio e vendette a distanza pronte ad esplodere ad ogni successiva occasione. Inoltre chi fa parte di un gruppo deve dimostrare la sua durezza e la disponibilità a battersi senza ritirarsi di fronte all'eventualità di uno scontro fisico con i sostenitori delle squadre avversarie (Ferreri, 2009).
Nei primi anni '80 alcune di queste caratteristiche sembrano scomparire, per lasciare il posto a nuove motivazioni ed atteggiamenti che esaltano ancor di più la violenza del fenomeno. Ciò che risalta in primo piano è la convinzione che il campionato di calcio possa offrire la possibilità di scontrarsi di volta in volta con i sostenitori di questa o quella squadra avversaria. Infatti in molte occasioni si tende a sfociare in atti di violenza che non hanno alcun collegamento con l'evento sportivo (Salvini, 2009).
Nell'abbigliamento domenicale del giovane ultras entrano a far parte spranghe, bastoni, coltelli. L'organizzazione dei gruppi sembrano ora possedere una struttura più stabile e gerarchizzata con dei ruoli e dei compiti precisi. Gli anni '90 portano cambiamenti strutturali all'interno delle curve con l'abbattimento delle gerarchie costituite, l'istituzione dei nuovi gruppi e soprattutto il ritorno alla politicizzazione ultras. Molte di queste nuove aggregazioni non si riconoscono nelle vecchie. Più volte si sono tenuti raduni tra i rappresentanti dei principali gruppi ultras italiani nel tentativo di auto-regolamentazione interna e per condannare l'utilizzo di armi da taglio durante gli scontri con un auspicio al ritorno delle vecchie norme e codici di comportamento. Lo stesso Roversi cerca di approfondire il discorso relativo al teppismo calcistico entrando nello specifico della situazione italiana. Una prima ipotesi da luisostenuta riguarda la natura dei gruppi ultras italiani; non privi di norme ma gruppi all'interno dei quali il comportamento dei membri è governato da precise regole. Questo non implica una condotta non violenta. Naturalmente se l'osservazione dei comportamenti ultras resta circoscritta allo spazio dello stadio, quando le tifoserie sono confinate in settori separati, il quadro che ne risulta non può che essere quello di un rituale inoffensivo di una battaglia a colpi di slogan, insulti, atti di sfida. Ma fuori i confini dello stadio, le cose vanno in modo molto diverso. Quali sono i motivi che concorrono a determinare questa nuova forma di giovanile? Un primo elemento è dato dall'esistenza di un'aggregazione legame amicale tra i giovani. Amicizie di quartiere, di scuola, di bar. Non sono necessariamente gruppi di pari, cioè composti da ragazzi della stessa età ma certamente la differenza tra loro è.relativamente piccola. Queste bande munite di uno striscione e di qualche altro piccolo elemento di riconoscimento, li distingue e li separa dalla massa dei normali tifosi. In secondo luogo, ed è questa la prima particolarità che qualifica la nascita del fenomeno ultras italiano dall'analogo movimento inglese, è la comune appartenenza ad un gruppo politico di estrema destra o sinistra (Francesio, 2008). Paragonando il fenomeno ultras ed hooligan si notano alcune differenze. I primi introducono elementi innovativi nel modo di sostenere la squadra e più in generale, di assistere alla partita. Subentra così per la prima volta il concetto di "coreografia", una pratica originale che si evolverà di pari passo con il grado di organizzazione dei gruppi ultras. La coreografia diviene il marchio del tifo italiano. Questi striscioni, la cui grandezza è tale da coprire interi settori dello stadio sono troppo costosi per le tasche di un.singoloindividuo o di un piccolo gruppo di amici. E' necessario così fare leva sull'autofinanziamento, sulla colletta tra i tifosi e vendita di gadget (berretti, bandiere, spille, sciarpe, t-shirt). A volte nel corso degli anni si assisteva a dei finanziamenti e aiuti anche da parte delle stesse società sportive, pratiche ormai del tutto vietate. Il fenomeno ultras, in Italia è legato solo ai club di appartenenza. E' difficile ricordare episodi in cui gli italiani per seguire la loro nazionale in trasferta, si siano contraddistinti con atti di violenza. L'opposto avviene con gli hooligans. In semplici amichevoli o partite ufficiali, tifosi inglesi si riuniscono all'unisono dimenticando assolutamente le rivalità domenicali per creare disordini e surclassare i rivali. I rapporti tra le tifoserie sono diverse, in Inghilterra qualsiasi supporters avversario può essere considerato un nemico con il quale scontrarsi ad ogni costo, invece.Gli ultrassi scontrano solo con quelli di determinate squadre rivali, mentre con altri o si ha un rapporto di indifferenza o addirittura di amicizia-gemellaggio (Roversi,1992). Si ricorda quella che con una certa ironia J. Williams, E. Dunning, P. Murphy, definiscono la "sindrome del beduino" cioè quel principio secondo cui l' amico di un amico è un amico, l' amico di un nemico è un nemico, il nemico di un amico è un nemico, il nemico di un amico è un amico. Sebbene possa apparire incomprensibile agli occhi dell' osservatore esterno, è proprio questa la formula che spinge spesso allo scontro gruppi che non avrebbero ragioni di inimicizia. (William e Dunning e Murphy, 1988). Maggiormente differenzia i nostri "tifosi" da quelli inglesi, è la comparsa negli stadi italiani di una