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CAPITOLO II
IL TRATTAMENTO D I ALCUNE CLAUSOLE E
DEI POOLS
Sommario: 1. Le clausole di non contestazione. 2. Le royalties post-
expiration. 3. Gli accordi di transazione. 4. I pool tecnologici.
1. Le clausole di non contestazione
Le clausole di non contestazione sono quelle clausole che
impongono al licenziatario l'obbligo di non contestare la validità dei
diritti di proprietà di beni immateriali del licenziante. Quando il
titolare dei diritti di privativa, quali i brevetti, decide di concederli
in licenza, questo è costretto a prendere in considerazione anche il
rischio che i licenziatari possano contestare la validità del brevetto.I
licenziatari, infatti, potrebbero essere indotti ad intraprendere tali
azioni, attratti dalla prospettiva di usufruire della tecnologia
concessa in licenza senza dover corrispondere royalties. Qualora il
titolare del diritto di privativa, la conceda in licenza a soggetti
concorrenti, il rischio di vedersi contestata la validità del diritto è
sicuramente maggiore rispetto ai casi in cui la licenza viene
concessa a soggetti non concorrenti. Da un punto di vista del diritto
della concorrenza, le clausole di non contestazione possono
produrre sia effetti negativi che positivi sulla stessa. Su un piano
generale, i diritti di privativa che dovessero risultare invalidi si
trovano in potenziale conflitto con il divieto posto dall'art. 101 del
39
TFUE, in quanto la loro protezione non potrebbe essere più
giustificata sulla base di principi di interesse pubblico.
L'obbligo di pagare royalties per la concessione di diritti di
proprietà intellettuale invalidi potrebbe contribuire ad un artificiale
incremento dei prezzi. Una clausola di non contestazione, inserita
in un contratto con cui si concede in licenza un diritto di privativa
invalido, può esercitare sulla concorrenza gravi effetti negativi e
non apportare alcun beneficio, in quanto, oltre a far rialzare i prezzi
del prodotto oggetto di licenza, può anche impedire al licenziatario
di concorrere con il licenziante.
D'altro canto, in determinate circostanze, le clausole di non
contestazione possono facilitare la concessione di una licenza e la
diffusione della tecnologia.
Sipensi al caso delle piccole e medie imprese che concedono in
licenza i loro diritti ad un'impresa di grandi dimensioni. In tali
circostanze, le piccole e medie imprese temono che il licenziatario
si appropri del know-how e possa poi contestare la validità del
brevetto. Mentre per le PMI questo è un rischio concreto, la società
di grandi dimensioni non incontrano di solito difficoltà a sostenere
i costi di un'azione di contestazione, al fine di poter ottenere libero
accesso alle tecnologie sotto licenza. Il problema può essere risolto,
dunque, inserendo nel contratto una clausola di non contestazione.
Le clausole di non contestazione, le quali impediscono al
licenziante e al licenziatario di contestarsi la validità dei rispettivi
diritti di proprietà intellettuale, non beneficiavano del safe-harbour
(porto sicuro) nel precedente Regolamento (Reg. n. 772/2004),
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venendo sempre considerate contrarie all’art. 101, par. 1, TFUE. Il
licenziante, tuttavia, poteva legittimamente provvedere
all’interruzione dell’accordo se il licenziatario contestava la
validità dei diritti di proprietà intellettuale specificamente oggetto
dell’accordo di licenza.
La clausola del Reg. 316/2014, che riconosce la facoltà del
licenziante di interrompere l’accordo quando il licenziatario
contesti la validità dei diritti tecnologici oggetto della
dell’esenzione dall’applicazione dell’art. 101
licenza,beneficia
TFUE soltanto nell’ambito di accordi di licenza esclusivi.
La bozza del 2013 delregolamento in esame aveva addirittura
escluso l’esentabilità della terminationclause anche con riferimento
agli accordi di licenza esclusiva(Franzosi, Scuffi, 2014, 988); nel
corso della consultazione la scelta dell’esecutivo europeo è stata
però differente a causa delle pesanti critiche subite da parte di
influenti società titolari di diritti tecnologici.
Un esempio ci viene offerto dalle osservazioni presentate da
Microsoft, proprio in conformità del dibattito seguito alla
pubblicazione della prima bozza.La Microsoft ha infatti osservatoil
fatto che la facoltà per il licenziante di interrompere l’accordo,
laddove il licenziatario contesti la validità dei diritti tecnologici
dati in licenza, dovrebbe essere sempre ammessa, salvo l’ipotesi in
cui i titoli dati in licenza costituiscano brevetti essenziali ai fini del
rispetto di uno standard (Lo Bue, 2015). Microsoft, rilevando come
le clausole di non contestazione favoriscano la stabilità delle
relazioni commerciali, ha evidenziato l’importanza di introdurre
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dei meccanismi che limitino alla fase precedente alla conclusione
del contratto la possibilità per i licenziatari di contestare la validità
dei diritti tecnologici oggetto del futuro accordo (Lawrance, 2014,
412).
In modo particolare, Microsoft si è soffermato sul fatto che
«quando un licenziatario contesta la validità dei diritti tecnologici
ilcuore dell’accordo, e l’esclusione del
concessi in licenza colpisce
diritto del licenziante di ritirare la licenza può produrre effetti
negativi sugli accordi in vigore, oltre che disincentivare la
2
concessione di nuove licenze in futuro» (Lo Bue, 2015, p. 7). Non
è da sottovalutare il fatto che ad opporsi non vi fu soltanto la
società Microsoft ma anche altre aziende partecipanti al market
test. In particolare, sia France Telecom-Orange che Shell, hanno
evidenziato che, soprattutto nel caso di licenza esclusiva, il
licenziatario generalmente non avrebbe incentivo a che i titoli di
proprietà intellettuale siano dichiarati invalidi, ma potrebbe
utilizzare la minaccia di una contestazione per mettere pressione
sul licenziante.
I rilievi avanzati da tali aziende hanno indotto la Commissione
a ritornare parzialmente sui propri passi e a mediare tra la
che prevedeva un’esenzione totale per le
disciplina pre-riforma,
clausole di non contestazione, ed il cambiamento realizzato nella
2 Public Consultation on Proposed Technology Transfer Package, Microsoft
Response, 17 maggio 2013, consultabile al seguente link:
http://ec.europa.eu/competition/consultations/2013_technology_transfer/microsoft
“When a
_en.pdf. licensee challenges the validity of the
licensedintellectualproperty, it strikes at the verysubjectmatter of the agreement
and potentiallydepriving the licensor of the right to respond by terminating the
licensehasseriousconsequences for bothexisting and future license agreements”.
42
bozza del nuovo regolamento, che aveva invece totalmente escluso
il safeharbour per detta clausola (Franzosi, Scuffi, 2014, p. 988).Il
ragionamento portato avanti dalla Commissione nell’introdurre una
differenza di trattamento tra accordi esclusivi e non esclusivi si
basa sulla scelta di perseguire un bilanciamento tra le due istanze in
gioco, ossia: il bisogno di preservare gli incentivi ad innovare e
dare in licenza e l’esigenza di assicurare che diritti tecnologici
e all’attività
invalidi siano rimossi come barriera all’innovazione
economica(Herrmann, 2015). L’obiettivo finale della Commissione
consiste quindi nell’incentivare le piccole e medie imprese
innovatrici a dare in licenza la loro tecnologia su base esclusiva,
senza creare una situazione di dipendenza verso i loro licenziatari.
Di converso, sembra che la Commissione si aspetti che i titolari di
una licenza non esclusiva si sentiranno più in grado di contestare i
diritti di proprietàindustriale, con la conseguente rimozione di quei
diritti tecnologici invalidi che vengono da sempre percepiti come
3
un ostacolo all’innovazione e alla concorrenza nel mercato .
2. Le royalties post-expiration
Nel 1964 grazie alla decisione Brulotte vs. Thys Co., la Corte
Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che il proprietario di un
brevetto non può ricevere i pagamenti dei diritti che maturano dopo
la scadenza di un brevetto. Quindi, in base a tale sentenza, il
3 Tale auspicio è espresso dalla Commissione nelle Linee guida sull'applicazione
dell'articolo 101 TFUE agli accordi di trasferimento di tecnologia, all’ultimo
periodo del paragrafo 235. Sul punto v. anche Corte di Giustizia UE, 25 febbraio
1986, caso C-193/83, Windsurfing v. Commission, par. 92, in Racc., 1986, 00611.
43
titolare del brevetto non può ricevere royalties per le vendite di un
licenziatario (o altre attività coperte dal brevetto) se queste si
verificano dopola scadenza del brevetto. Con il recente caso
Kimble v. Marvel Entertainment, la Corte Suprema si è rifiutata di
ribaltare questa massima. In linea generale, il titolare di un diritto
di proprietà intellettuale è libero di fissarne l’importo e le modalità
di pagamento. Tuttavia, mentre in Europa la libertà riconosciuta
alle parti di determinare l’importo e le modalità di pagamento delle
royalties include la possibilità di estendere i suddetti obblighi
anche oltre il periodo di validità dei diritti di proprietà intellettuale
concessi in licenza, nel contesto antitrust statunitense ciò non è
possibile (Colangelo e Pierucci, 2015, 423-440).
La decisione della Corte Suprema statunitense nel caso Kimble
evidenzia la difficile delimitazione delle aree di competenza della
protezione brevettuale e della tutela della concorrenza. In tal caso
la Corte Suprema americana ha richiamato l'attenzione sulla
convivenza di due filosofie giuridiche che, ridotte all'essenziale,
vedono da un lato svettare il primato dell'autonomia contrattuale e,
dall'altro, l'impostazione incentrata sui diritti di privativa
intellettuale. Tale sentenza ci fornisce l'occasione per inserirci nel
dibattito concernente la misusedoctrine(Colangelo, 2008, 49) e
l'incontro tra diritto della proprietà intellettuale e diritto antitrust,
tra abuso del sistema brevettuale ed analisi degli effetti prodotti sul
4
mercato secondo la "rule of reason" (Carli, 2015, 525).
4
Rule of reason: le esigenze imperative elaborate per la prima volta dalla Corte di
giustizia Europea nella sentenza Cassis de Dijon (CGUE, Cassis de Dijon,
44
Come per qualsiasi altro bene o servizio, il titolare di un diritto
di proprietà intellettuale è, in linea generale, libero di fissare
l’importo e le modalità di pagamento per la sua licenza. Anche se