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In base a quanto esposto nei paragrafi precedenti, è difficile stabilire un collegamento tra
l'economia di un paese e il sistema fiscale adottato in modo tale da dimostrare l'efficacia
di quest'ultimo e la possibilità di utilizzarlo in situazioni di crisi. È indubbio che un
sistema fiscale con aliquota unica semplifichi la comprensione degli adempimenti e
l'applicazione delle regole fiscali per il prelievo, ma oltre a questo vantaggio, è rischioso
trarre conclusioni sull'utilizzo della flat-rate tax basandosi sui risultati ottenuti nei diversi
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paesi, poiché questi possono avere caratteristiche, politiche, economiche e sociali diverse
oltre ad aver adottato tale sistema in momenti e situazioni differenti. I risultati ottenuti
nei paesi analizzati confermano questa tesi: utilizzando come riferimento unico la crisi
globale dei mutui subprime del 2008, si può osservare come ogni nazione, pur avendo
adottato la flat-rate tax, ha avuto un andamento diverso e risultati dissimili. Non si può
quindi affermare che il successo sia attribuibile al solo sistema fiscale.
In linea generale si può sostenere che la flat-rate tax stia perdendo fascino nel mondo.
(Fugazzi, 2017) Nell'ultimo decennio solo due paesi hanno adottato l’aliquota unica,
mentre cinque paesi l’hanno abbandonata passando ad un sistema a scaglioni.
La decisione può essere ricondotta alle seguenti motivazioni: la necessità di un aumento
dell’equità (così la Lettonia si giustificò nel 2019). Ad oggi nell’area OCSE, solo due
paesi (Estonia e Ungheria) hanno la flat-rate tax su 36. Difficilmente la flat-rate tax può
rappresentare un modello a cui ispirarsi per i paesi europei occidentali, anche a causa
dell’alto sviluppo economico: confrontando il Pil pro capite dei paesi europei, il paese
che addotta la flat-rate tax con il dato più alto è l’Estonia, 17.156 pro capite, un dato molto
basso se confrontato con la media europea 40.618 nel 2018 e comunque più basso del Pil
pro capite greco, che rappresenta il paese più povero tra quelli senza flat-rate tax, 17.891.
(Baldini & Rizzo, 2020)
La bassa offerta di servizi sociali permette l’equilibrio con le entrate fiscali; ma in paesi
come l’Italia, in cui la spesa pubblica rappresenta quasi il 50% del Pil, renderebbe
impossibile l’attuazione di un tale sistema impositivo a meno di un taglio importante sul
lato sei servizi offerti dallo stato.
“Il modello della flat tax sembra dunque essersi affermato finora in un’area piuttosto
delimitata, caratterizzata da economie molto diverse da quelle dell’Europa occidentale”
(Baldini & Rizzo, 2020)
Per quanto riguarda prospettive future, è difficile prevedere se si avrà una diffusione o un
allontanamento dalla flat-rate tax; ciò che è sicuro ormai, è il fatto che la popolazione
europea stia invecchiando e che se non si invertirà l’andamento attraverso un’apertura
all’immigrazione, sarà consequenziale una maggior domanda di servizi assistenziali e
sanitari e quindi la necessità di reperire maggiori risorse economiche.
“Un'altra tendenza in atto che scoraggia già oggi il passaggio alla flat tax nei paesi
ricchi, e che con più forza dovrebbe farlo in futuro, è l'aumento della disuguaglianza
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nella distribuzione del reddito e/o della povertà all'interno di molte realtà nazionali,
assieme a una crescente attenzione verso temi distributivi e di giustizia sociale” (Baldini
& Rizzo, 2020)
Alla luce di ciò, possiamo affermare che la scelta di una sola aliquota, abbia un impatto
distributivo che avvantaggi i redditi più alti, rischiando un forte trade-off tra efficienza ed
equità come abbiamo visto, in quanto se l'aliquota fosse alta si potrebbe incorrere nel
rischio di disincentivo al lavoro e al risparmio, mentre con un’aliquota bassa a rimetterci
sarebbe l'equità del sistema.
Una soluzione a due aliquote, invece, permetterebbe il governo di bilanciare con maggior
facilità equità ed efficienza. 50
6 La proposta dell’Istituto Bruno Leoni
L'Istituto Bruno Leoni di Milano ha intrapreso, sotto la guida del Professor Nicola Rossi,
un ambizioso progetto presentato nel libro Flat Tax: aliquota unica e minimo vitale per
un fisco semplice ed equo (Rossi, 2018) volto a rivedere radicalmente non solo l'Irpef ma
anche altre imposte come l'IVA e le addizionali regionali e locali, nonché alcuni pilastri
fondamentali del welfare. La proposta dell’Istituto è quella di fissare come base
imponibile il reddito familiare con un’aliquota fissa pari al 25%. La stessa aliquota sarà
applicata all'IVA, all'imposta sostitutiva e all'imposta sulle società, in modo tale da
scongiurare il fenomeno dell’arbitraggio.
Riprendendo il modello di tassazione negativa di Friedman, la nuova Irpef sarà comunque
contraddistinta da un’imposta progressiva: se il reddito familiare sarà inferiore alla
detrazione, l'imposta verrà convertita in un trasferimento pari alla differenza tra la soglia
di povertà e il reddito. Di conseguenza, a tutti gli individui incapienti verrà garantito un
reddito minimo, disaggregato per regione così da riflettere il costo della vita locale.
L’istituto fissa la deduzione a 7.000 euro per un residente al nord, 6.000 euro al centro e
5.100 al sud. Per le famiglie di diversa composizione tali numeri vengono moltiplicati per
una scala di equivalenza. Sono previste detrazioni per tipologia di reddito e per specifiche
tipologie di famiglie così da poter conservare la caratteristica personale dell’imposta.
Tutte le detrazioni esistenti verranno eliminate, il minimo di sussistenza dovrebbe
sostituire tutti i benefici sociali esistenti, indirizzando meglio la spesa sociale per i veri
poveri. L’adozione di un modello fiscale alternativo implicherebbe uno sforzo
obbligatorio di revisione della spesa: comportando così un risparmio significativo dei
costi amministrativi.
Secondo il professor Rossi, una riforma così radicale provocherebbe inevitabilmente una
reazione da parte dei perdenti della transizione e avrebbe quindi una fattibilità immediata
piuttosto bassa. Dovrebbe essere preso in considerazione un piano strategico a lungo
termine. Per compensare la perdita di entrate di bilancio dovuta alla riduzione dell'Irpef
e del costo minimo della vita, non basterebbero la riforma della spesa sociale e l'aumento
dell'Iva. Sarà dunque necessario quindi, un ingente aggiustamento della spesa (circa 30
miliardi secondo le stime dell’istituto) e l'applicazione del contributo medico a carico
delle famiglie "ricche" (18 miliardi di entrate), che si può evitare barattando la sanità
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pubblica con le assicurazioni private. Questo diverso approccio comporterà quindi un
mutamento della concezione di welfare del nostro Stato: la sanità non sarà più un servizio
universale, e la stessa sorte viene suggerita anche per la spesa universitaria delle famiglie
più ricche. La soglia fissata per essere considerati ricchi è piuttosto bassa: circa 35.000
euro per una persona, da 70 a 80.000 euro per una famiglia.
Considerazioni
L'obiettivo dichiarato della proposta è quello di ridefinire il rapporto tra Stato e cittadini,
all'insegna di un minor intervento sui bilanci delle famiglie e sull'attività di mercato. Il
Welfare State non sarà più di ispirazione popolare e tutelerà solo le famiglie a medio e
basso reddito, mentre i ricchi dovranno rivolgersi al privato. “Il pericolo di creare un
sistema dualistico in cui il settore pubblico è di bassa qualità a causa della scarsità di
risorse, il settore privato, opposto a quello di alto livello perché finanziato dai più ricchi,
è significativo” (Baldini & Rizzo, 2020). Un'aliquota forfettaria del 25% su tutte le
principali tasse ha anche l'effetto di vincolare il governo: quel numero diventerebbe un
impegno molto difficile da infrangere se non provocasse un contraccolpo da parte degli
elettori.
Questo regime di riforma presenta un'importante differenza rispetto al modello fiscale
negativo: l'aliquota fiscale marginale effettiva per i beneficiari del minimo vitale sarebbe
molto più elevata, pari al 100%. Il trasferimento, infatti, ridurrà di 1 euro per ogni euro
guadagnato sul mercato, almeno fino a quando non si uscirà dalla povertà. Al contrario,
con un’imposta negativa, se una persona povera inizia a lavorare, il suo reddito netto
aumenta, quindi l'aliquota fiscale marginale è inferiore al 100%. Ad esempio, prendiamo
in considerazione un individuo con reddito di 300, un’aliquota fiscale pari al 20% e una
deduzione fissata a 1000. Il contribuente riceverà un trasferimento pari al reddito meno
la deduzione moltiplicata per l'aliquota fiscale: -700*0,2=-140, quindi il trasferimento è
140. Nel caso in cui si volesse garantire il livello minimo di sussistenza, il contribuente
riceverà il trasferimento pari alla differenza tra 1000 e il reddito del contribuente, nel
nostro caso 700. Se il reddito aumenta di 100, nel primo caso l'imposta negativa diventa
-600*0.2=-120, cioè trasferimento 120. Quindi per reddito, reddito aumentato di 100, il
trasferimento diminuirà di 20, siamo di fronte a un rapporto marginale di 20/100=0,2. 52
In caso di minimo vitale, l'importo aumenterà da 700 a 1000-400=600, quindi
l'allocazione diminuisce di 100 quando il reddito aumenta di 100. Il rapporto marginale è
pari a 1. È evidente che nel caso di bassa retribuzione, si sarà disincentivati a incrementale
la propria offerta di lavoro perché non rappresenta un vero vantaggio economico.
Rappresenta invece un incentivo per lo sviluppo del lavoro sommerso (Baldini & Rizzo,
2020). Un altro aspetto da valutare di questa proposta è la reale struttura dell’aliquota, in
quando nel concreto ne ritroviamo quattro: - 100% per i beneficiari del minimo vitale,
0% per i beneficiari del minimo vitale che non sono abbastanza ricchi da pagare l'imposta
sul reddito (la soglia effettiva di esenzione fiscale è superiore al minimo vitale), 25% per
i redditi medio-bassi e 25% più la spesa privata per assistenza sanitaria e altri costi per i
redditi medi sono superiori ai redditi medi. Se superi la soglia in cui sei considerato
"ricco", dovrai pagare l'intero costo della tua assistenza sanitaria e forse anche i costi
dell'istruzione. Si può ipotizza che questo sistema è più vantaggioso per i redditi più alti
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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