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DISTURBO DISSOCIATIVO DELL’IDENTITÀ
Capitolo 4: IL
«Nessuno può presentare una faccia a se stesso e un'altra al volgo
per un periodo abbastanza lungo,
senza finir per restare abbagliato e ignorare qual sia quella vera.»
(Nathaniel Hawthorne, tratto da: La lettera scarlatta, p.288)
4.1. Introduzione
Quando parliamo di identità ci riferiamo al modo in cui percepiamo
107
e siamo consapevoli di noi stessi come entità distinta dagli altri. È ciò
che ci contraddistingue, rendendoci unici.
Uno dei primi a parlare di identità è Erik Erikson, il quale, accanto
crisi d’identità,
a questo concetto inserisce anche quello di intesa come
smarrimento che viene fuori quando l’individuo si trova a dover
quello
scoprire una qualche somiglianza considerevole tra quello che vede in
108
se stesso e quello che pensa si aspettino gli altri da lui.
La formazione dell'identità si avvale di un processo (per lo più
inconscio) di riflessione ed osservazione, che si realizza ad ogni livello
delle funzioni mentali ed in virtù delle quali l'individuo giudica se stesso
109
in funzione del modo con cui percepisce di essere giudicato dagli altri.
differiscano l’uno dall’altro,
Sebbene il concetto di identità è stato
spesso associato a quello di personalità.
–
107 Enciclopedia Treccani versione web: www.treccani.it/vocabolario/identita/
108 ERIKSON E.H., Identity: youth and crisis. Norton & Co., 1968
d’identità,
109 ERIKSON E.H., Gioventù e crisi Armando Editore, 2008 67
Mondiale della Sanità
L’Organizzazione definisce la personalità
come quella modalità solida e ben strutturata dell’individuo, che gli
permette di pensare, comportarsi e sentire e che determina il suo stile di
vita e il suo adattamento all’ambiente circostante. 110
In definitiva, quando si parla di personalità ci si riferisce al modo
in cui il soggetto pensa, si comporta e si sente abitualmente, dunque a
caratterizzano il modo d’essere di
tutta quella serie di tratti distintivi che
quel soggetto; quando si parla di identità, invece, ci si riferisce
all’essenza unica del soggetto, al modo in cui egli percepisce se stesso
come essere singolare e, di conseguenza, diverso dagli altri.
Quando l’identità non riesce a mantenersi unita, ma mette in atto
dei meccanismi di difesa per sorpassare gravi traumi subiti, allora si
frammenta, gettando molto spesso le basi per lo sviluppo di alcune
tra cui il disturbo dissociativo dell’identità.
psicopatologie,
Il modo di concepire la dissociazione è cambiato nel corso degli
anni: Freud, ad esempio, rifiuta la dissociazione, favorendo la rimozione
(grazie al quale l’individuo esclude,
come meccanismo di difesa centrale 111
senza esserne conscio, un contenuto spiacevole dalla coscienza) ,
mentre Janet è dell’idea che alla base del mancato accesso a determinati
112
contenuti mentali vi sia, invece, la dissociazione. Entrambi i concetti
hanno come unico denominatore il mancato controllo volontario su
determinati contenuti mentali ed entrambi gli autori ritengono che vi sia
un inconscio mediante cui tutti i ricordi e le percezioni negati alla
–
110 Manuale di Psicologia Clinica corso avanzato, Studi Psicologici Manuali,
Edizioni Edicusano, 2019
111 BENNETT G., BRAUN M.D., The BASK Model of Dissociation, Dissociation 1:1,
1988
112 KIHLSTROM J.F., HOYT I.P., Repression, Dissociation and Hypnosis (an edited
version of this paper appeared in SINGER J.L. (Ed.), Repression and dissociation:
Implications for personality theory, psychopathology, and health, Chicago: University of
Chicago Press, 1990, pp. 181-208 68
coscienza potrebbero, però, avere un forte impatto sull’esperienza
c’è una
presente e sulle azioni in corso. Anche per Breuer scissione della
coscienza che, insieme ad una propensione alla dissociazione, è alla
la sua ipotesi è che l’amnesia si verifichi a causa
base dell'isteria;
dell’indisponibilità di alcuni ricordi per via di una coscienza divisa. Per la
maggior parte del XX secolo si è assistito ad una caduta dei concetti di
dissociazione, personalità multipla ed ipnosi: se da un lato vi è
“schizofrenia”
l'introduzione da parte di Bleuler (1911) del termine per
occultare molti dei sintomi della personalità multipla, dall'altro vi è un
crescente sospetto circa la veridicità di questo disturbo e dell'isteria,
113
considerati come artefatti della suggestione ipnotica.
Va brevemente accennato che i DD vengono riconosciuti come
disturbi psichiatrici per la prima volta nel 1980, con la pubblicazione del
DSM-III; nella precedente versione del Manuale diagnostico e statistico
dei disturbi mentali, invece, erano inseriti all’interno delle nevrosi
114
isteriche.
Il DSM-II afferma che le nevrosi, al contrario delle psicosi in cui si
perde il contatto con la realtà, non sono in grado di manifestare gravi
distorsioni, interpretazioni erronee della realtà esterna o evidente
disorganizzazione della personalità, fatta eccezione per la nevrosi
“caratterizzata
isterica, la quale è da una perdita psicogena involontaria
o un disturbo della funzione. I sintomi iniziano e finiscono all'improvviso
in situazioni emotivamente cariche e sono simbolo dei conflitti sottostanti.
Spesso possono essere modificati con la sola suggestione” (DSM-II,
anche la “reazione
1968, p.39); la nevrosi isterica comprende
dissociativa” del DSM-I, di conseguenza anche una ulteriore diagnosi,
113 BENNETT G., BRAUN M.D., The BASK Model of Dissociation, Dissociation 1:1,
1988
114 GENTILE J.P., DILLON K.S. & GILLIG P.M., Psychotherapy and
Pharmacotherapy for Patients with Dissociative Identity Disorder, Innovations in Clinical
Neuroscience, 10(2):22-29, 2013 69
di “Nevrosi
ovvero quella isterica di tipo dissociativo: Nel tipo dissociativo,
possono verificarsi alterazioni dello stato di coscienza o dell'identità del
paziente, che producono sintomi quali amnesia, sonnambulismo, fuga e
(DSM-II, 115
personalità multipla” 1968, p.40).
Il disturbo dissociativo dell’identità
4.2. disturbo dissociativo dell’identità, il cui acronimo è DDI (o DID,
Il
Dissociative Identity Disorder) era noto, fino a non tantissimi anni fa,
descritto nell’ICD-10
come disturbo di personalità multipla (MPD), come
un disturbo appartenente alla famiglia dei disturbi mentali e
comportamentali e catalogato tra i disturbi dissociativi. La Classificazione
Internazionale dei Disturbi descrive il disturbo di personalità multipla nel
seguente modo (ICD-10, 1993, p. 104):
due o più personalità distinte esistono all’interno
A. dell’individuo, evidenti solo una per volta;
B. ogni personalità ha i suoi ricordi, preferenze e modelli di
comportamento e, ad un certo punto (e ripetutamente),
prende il pieno controllo del comportamento dell’individuo;
c’è l’incapacità di ricordare informazioni personali
C. importanti che sono troppo estese per essere spiegate
dall’ordinaria dimenticanza;
115 Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Second Edition), DSM-II,
American Psychiatric Association, 1968 70
D. i sintomi non sono dovuti a disturbi mentali di natura
organica (ad es. disturbi epilettici) o a disturbi correlati a
116
sostanze psicoattive (ad es. intossicazione o astinenza).
117
Il passaggio da MPD (DSM-III) a DID avviene con la
pubblicazione del DSM-IV, nel 1994. Nel suo testo rivisitato, pubblicato
– –
nel 2000, i criteri che nel DSM-III erano 3 vengono rivisitati e ampliati
a 4 ed includono anche una nota per i bambini in riferimento al fatto che
tutti i sintomi non sono da attribuire a giochi di fantasia e amici
118
immaginari. Il filo conduttore resta comunque la presenza di due o più
distinte identità/stati di personalità con delle proprie caratteristiche, che
prendono continuamente il controllo sul comportamento della persona.
Nel DSM-IV-TR viene aggiunto che tale disturbo non deriva da specifiche
condizioni mediche o da effetti fisiologici di una qualche sostanza e
sottolinea che l’individuo deve essere del tutto incapace di rievocare
informazioni personali rilevanti (DSM-IV-TR, 2000).
Si parla, dunque, di più di una personalità, tutte diverse l’una
dall’altra, con delle proprie specifiche caratteristiche, con delle proprie
memorie e dei propri modi di agire, pensare, esprimersi e conoscere il
mondo. La personalità infantile, ad esempio, molto spesso è quella che
conserva la memoria di tutti gli eventi traumatici accaduti nell'infanzia,
motivo per cui, il più delle volte, quando emerge può essere spaventata
e diffidente; può inoltre, assumere una postura differente, può gesticolare
ed esprimersi al pari di un bambino e mostrare anche atteggiamenti
amichevoli con lo scopo di ottenere affetto e approvazione. La
116 W.H.O. (World Health Organization), The ICD-10 classification of mental and
behavioural disorders. Diagnostic criteria for research, Ginevra, 1993, p.104
117 Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Third Edition), DSM-III,
American Psychiatric Association, 1980, p. 270
118 Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Fourth Edition) Text
Revision, DSM-IV-TR, American Psychiatric Association, 2000, p.526 71
personalità che funge da protettore ha più le sembianze di un amico, un
consigliere; sebbene possa anche mostrare segni di aggressività e
violenza, non provare emozioni, abusare di sostanze e avere
comportamenti antisociali; questo tipo di personalità è, in genere,
tranquilla e rassicurante, con doti quasi analgesiche, che permettono
all’individuo di non sentire sofferenza o comunque di soffrire meno. Può
esservi una personalità che può generarsi per via di una sorta di
identificazione con l'aggressore. La sola idea di poter, in qualche modo,
essere colpevole di qualcosa o con una cattiveria insita, può spingere il
soggetto a mettere in atto tutta una serie di comportamenti antisociali o
lesivi, tentativi suicidari e abuso di sostanze; può apparire come una
personalità cinica e crudele, pur sentendosi, di fatto, infelice ed
emarginata. Sono frequenti alter-ego di sesso opposto: se negli uomini
un alter femminile potrebbe agire le tendenze omosessuali del paziente,
nelle donne un alter maschile potrebbe avere una funzi