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Tali Tesi nascono in un periodo di grande rivolgimento politico e culturale, quello degli anni ’70,
ma a distanza di anni mantengono comunque inalterata la loro valenza e la loro forza propulsiva,
in quanto fondamentali per chiunque si occupi di insegnamento (insegnamento della lingua
a tutti i livelli (dalla scuola per l’infanzia all’università).
italiana e insegnamento tout court),
Enunciando i presupposti teorici basilari e le linee d’intervento dell’educazione linguistica
democratica, il documento contenente le dieci tesi si sofferma sugli aspetti generali costitutivi di
una pedagogia linguistica efficace (tesi 1-4); illustra i limiti di una certa pedagogia linguistica
dell’educazione
tradizionale anacronistica e poco efficace (tesi 5-7); individua i principi
linguistica democratica (tesi 8); fa riferimento alla formazione dei docenti (tesi 9) e infine pone
attenzione sul rinnovamento della scuola (tesi 10).
Nelle tesi 1-4, le quali auspicano la fondazione di un nuovo progetto di educazione linguistica,
compaiono una serie di sottolineature che ci preme evidenziare: nella tesi 1 il linguaggio viene
presentato come una garanzia per intendere e intendersi, in quanto consente di accedere
all’esperienza e diventa modalità idonea per riordinare, intervenire e trasformare l’esperienza
stessa; nella tesi 2 lo sviluppo delle capacità linguistiche dipende da un adeguato sviluppo
organico e da una “buona alimentazione”, mentre nella tesi 3 la complessità del linguaggio rinvia
alle sue molteplici capacità, da quelle direttamente percepibili ed evidenti a quelle elaborative
nascoste. Ciò che è invece manifestato nella tesi 4 è lo sviluppo della nuova pedagogia linguistica,
le cui premesse sono poste nel rapporto fra sviluppo delle capacità linguistiche e sviluppo fisico,
affettivo, sociale e intellettuale dell’individuo nonché nell’importanza decisiva del linguaggio
verbale. Già da questa rapida e breve esplicazione si evince che le tesi rappresentano un salto di
qualità nel modo di intendere e di affrontare i problemi scolastici; esse però non sono certo un
prontuario per la risoluzione di tutte le difficoltà, ma si preoccupano o si occupano indubbiamente
delle esigenze reali degli alunni.
Tuttavia, ciò su cui ci preme maggiormente concentrare la nostra attenzione riguarda la tesi 8, la
delinea i dieci principi su cui basare l’educazione linguistica nella «nuova scuola, nella
quale
scuola democratica». Tali principi non sono altro che una chiara summa in grado di coinvolgere
quattro dimensioni, quella dell’io, del noi, della varietà e della funzionalità. In linea generale, lo
sviluppo delle capacità verbali, strettamente connesso con una corretta socializzazione, insieme
allo sviluppo psicomotorio e allo sviluppo di capacità di auto definizione e autodichiarazione di
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analisi, rientrano nella dimensione dell’io. Tuttavia lo sviluppo di capacità linguistiche non è fine
a se stesso, ma è strumento per un più ricca partecipazione alla vita sociale e intellettuale (Noi).
personale, familiare, ambientale dell’allievo
Pertanto a partire dal retroterra linguistico - culturale,
si possono valorizzare, mediante esplorazioni, le varietà spaziali, temporali, geografiche, sociali e
storiche del patrimonio linguistico (Varietà), seguendo la regola fondamentale della funzionalità
comunicativa (Funzionalità). Apprezzare tale varietà, infine, è il primo passo per imparare a
viverci in mezzo senza esserne succubi e senza calpestarla.
La sfida lanciata dalle tesi GISCEL per una nuova educazione linguistica, in grado di scardinare
quella precedente, trova un’ulteriore ’79,
risposta nei Programmi della scuola media del e
successivamente in quelli delle scuole elementari del 1985, il cui obiettivo principale è quello di
realizzare una “scuola dell’inclusione, di tutti e di ciascuno”. In essi si opera l’individualizzazione
degli itinerari di apprendimento come garanzia, per l’alunno, di effettiva soddisfazione di diritto
allo studio. Particolare attenzione viene inoltre prestata alla rilevazione di esigenze manifestate
dalla comunità sociale, entro la quale la scuola sviluppa la sua azione. Nella loro differenziata
specificità le discipline sono infatti strumento e occasione per uno sviluppo unitario: « La scuola
media aiuta pertanto l'alunno ad acquisire progressivamente una immagine sempre più chiara ed
approfondita della realtà sociale, a riconoscere le attività con cui l'uomo provvede alla propria
sopravvivenza e trasforma le proprie condizioni di vita, a comprendere il rapporto che intercorre
fra le vicende storiche ed economiche, le strutture, le aggregazioni sociali e la vita e le decisioni
1
del singolo .
A conclusione di questa prima parte del contributo, possiamo affermare dunque che il pars
construens della educazione linguistica democratica chiama ad operare in campo non solo gli
alunni, ma anche gli insegnanti, ai quali è richiesta una «formazione attraverso un curriculum
democratica […] e
universitario e postuniversitario adeguato alle esigenze di una società di
integrare nella loro complessiva formazione competenze sul linguaggio e le lingue e competenze
sui processi educativi e le tecniche didattiche, con l’obiettivo ultimo, di dare agli insegnanti una
consapevolezza critica e creativa delle esigenze che la vita scolastica pone e degli strumenti con
cui a esse rispondere» (GISCEL Tesi X).
Seguire i principi dell'educazione linguistica democratica comporta quindi un salto di qualità e
quantità in fatto di conoscenze sul linguaggio e sull'educazione.
1 Cfr, Decreto Ministeriale 9 Febbraio 1979
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Per un salto di qualità e quantità: l’analisi dei bisogni
2.
L’elaborazione del questionario che verrà presentato nel prossimo paragrado, si inserisce nel
quadro di una concezione didattica che pone l’apprendente al centro del processo di
apprendimento e insegnamento. Come abbiamo potuto evincere dalle Tesi GISCEL, in passato la
materia d’insegnamento era un elemento centrale e la figura del docente dominava attraverso la
trasmissione di un sapere nozionale e attraverso un rapporto monodirezionale con gli apprendenti.
Secondo il modello dell’educazione linguistica democratica, invece, è necessario che la didattica
tenga conto dei soggetti discenti con le loro caratteristiche non solo psicologiche, ma anche
sociologiche, con i loro bisogni comunicativi, i loro condizionamenti socio-culturali, il loro
e conoscenze. E’ in questa ottica che si inseriscono le
background di esperienze Indicazioni per il
curricolo del MPI (settembre 2017), le quali parlano della necessità di «tener conto della
singolarità e complessità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni,
studente è posto al centro dell’azione
capacità, e delle sue fragilità», ribadendo altresì che «lo
educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, ecc.» e che «è importante che i
docenti definiscano le loro proposte in una relazione costante con i bisogni fondamentali e i
desideri dei bambini e degli adolescenti».
Nasce da qui l’importanza del concetto di bisogno linguistico, enfatizzato a partire dagli anni ’70
degli approcci comunicativi e
all’interno nozionali - funzionali, fatti propri dal Consiglio
d’Europa e la cui prerogativa è sottolineata più volte anche nel Quadro comune europeo di
riferimento per le lingue (o Framework). I suddetti approcci comunicativi e funzionali
propongono infatti di insegnare all’apprendente le forme linguistiche legate alle nozioni e funzioni
– comunicativo all’interno del nuovo ambiente
necessarie per soddisfare i suoi bisogni linguistico
in cui si viene a trovare. Quelli considerati sono soprattutto bisogni linguistici dell’emigrato
(adulto) e le sue esigenze comunicative legate al lavoro, alla famiglia, alla salute, ai rapporti
all’abitazione. Da questo contesto, sempre negli stessi anni, si sono tra l’altro formulati i
sociali e
cosiddetti “Livelli soglia” per le varie lingue europee, vale a dire i livelli minimi di competenza
linguistica, grazie al quale i discenti saranno in grado di sopravvivere, dal punto di vista
linguistico, in un paese straniero e di stabilire e mantenere i contatti sociali con parlanti nativi
(Diadori 2015).
Tuttavia un approccio come quello finora enunciato, è pensato principalmente per gli adulti
se applicato all’apprendente
(emigrati, studenti, visitatori, commercianti etc.) ma, bambino o
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di integrazioni. Quest’ultime fanno riferimento agli
ragazzo, necessita approcci umanistico -
dell’insegnamento
affettivi linguistico, i quali fanno leva non solo sui bisogni comunicativi
“immediati” e superficiali dell’alunno, ma anche sulle sue motivazioni profonde, sui suoi
interessi, sulla sua affettività e storia personale legata alle lingue. Pertanto il bisogno linguistico,
sia nell’alunno nativo che in quello immigrato, si coniuga con una serie di altri bisogni, di natura
relazionale e affettiva, ma anche identitaria e psicologica (Chini 2009), oltre che cognitiva, che
non possono essere trascurati.
Come già auspicato dalle tesi, è compito della scuola fornire e potenziare il mezzo linguistico (L1,
L2, o altre lingue) per consentire all’alunno di soddisfare tali bisogni, sia immediati che profondi,
o almeno per aiutarlo ad esprimerli più chiaramente sia nei confronti di se stesso che nei confronti
degli altri, ponendo in questo modo le premesse affinché un educatore possa avere piena facilità di
risposta.
Riteniamo fondamentale, dunque, che l’istituzione educativa vada incontro agli alunni-destinatari,
considerando le loro esigenze come il punto di partenza per la pianificazione di un percorso
formativo valido ed efficiente. Tuttavia, bisogna tenere conto soprattutto del fatto che i bisogni
comunicativi e non, non sono mai stabili. Essi non si possono fissare in modo definitivo perché
sono determinati da variabili e circostanze che cambiano n