Stato, che sia la diffusione di sette cristiane, di una religione civile o di una moralità sociale
personale (da non confondere col moralismo bigotto tipico dell'età vittoriana).
La sua tipica separazione liberale tra Chiesa e Stato ispirò, tra gli altri, il Conte di Cavour
(con la formula "libera Chiesa in libero Stato"). Tocqueville non approva l'anticlericalismo, ma
si esprime anche contro la religione di Stato; egli accusa la commistione tra fede e politica di
aver causato la crisi politico-religioso-istituzionale che ha portato alla Rivoluzione francese,
che risolse il problema imponendo però una sua religione, il Culto dell'Essere Supremo
(quindi sempre una religione imposta per fini politici, ma neppure capace di servire da
esempio di moralità, poiché non avvertita come propria dalla maggioranza dei cittadini). La
religione, inoltre, abitua il cittadino ad avere una pluralità di vedute e lo prepara al confronto
politico, sociale e culturale.
Nonostante questa attitudine non certo ostile alla forma religiosa esteriore, oltre che alla
religione della sfera privata, Tocqueville espresse una netta condanna verso la politica della
Restaurazione (propugnata ad esempio da Joseph de Maistre) in quanto volta a ripristinare
l'alleanza tra il "Trono e l'Altare", cioè tra Stato monarchico e Chiesa, che egli giudicava una
cosa negativa per entrambi (stesso giudizio espresse in chiave storica per il concordato di
Napoleone): la religione non va combattuta, ma nemmeno deve compromettersi col potere,
e non va finanziata dallo Stato.[22]
In sintonia con le vedute dell'Illuminismo, non è dello stesso avviso sull'Islam, che egli
considera un pericolo per l'umanità:
«Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel
complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di
Maometto. A quanto vedo l'Islam è la causa principale della decadenza oggi così evidente
nel mondo musulmano, e benché sia meno assurdo del politeismo degli antichi le sue
tendenze sociali e politiche sono secondo me più pericolose. Per questo, rispetto al
paganesimo, considero l'Islam una forma di decadenza anziché una forma di progresso»
Alexis de Tocqueville sbarcò a Filadelfia e viaggiò a lungo nella zona nord-est del paese,
cioè nel New England, ed è su questi vagabondaggi che il suo celebre libro si basa. Tuttavia,
rispetto al Sud schiavista, questa zona non era che una realtà secondaria del Paese sia in
termini politici che economici. A Tocqueville sarebbe bastato spingersi fino alla città di
Baltimora, che all'epoca distava meno di una giornata di viaggio da Filadelfia, per osservare
di persona quello che venne chiamato il "motore americano", cioè l'economia delle
piantagioni. Questo è però un viaggio che non intraprese mai e, seppure nella sua opera
accenni al Sud, ciò è solo per mettere in risalto il suo carattere "eccezionale" rispetto alle
istituzioni politiche del Nord.Il motivo di questo scarso interesse è che Tocqueville giudicava
l'area schiavista una democrazia imperfetta con residui aristocratici, e per ciò poco
pertinente all'oggetto del suo studio, volto a cogliere gli aspetti di novità dell'esperienza
statunitense.
Tocqueville riconosceva che i nativi americani avevano diritto all'integrazione nello Stato
statunitense anglosassone, ma riteneva che fosse tardi per una vera accoglienza degli
indiani, e che dopo i massacri subiti e l'inimicizia con i bianchi sarebbero finiti emarginati.
Per quanto riguarda gli afroamericani, pensava che l'emancipazione dalla schiavitù fosse
inutile se essi non avessero potuto integrarsi appieno (cosa che giudicava difficile), e
sarebbero finiti per diventare un popolo di secondo livello, rischiando lo sterminio anch'essi;
queste previsioni si dimostreranno in parte tragicamente vere, come si vedrà con il
perdurare del razzismo negli Stati Uniti d'America.
IN SINTESI: Per Tocqueville, la religione cristiana, soprattutto nel contesto protestante, era
fondamentale per la formazione del carattere e dei valori dei cittadini americani. Egli osservò
che la fede religiosa promuoveva la responsabilità individuale, l’autodisciplina e l’impegno
civico, tutti elementi vitali per il funzionamento di una democrazia sana.Tuttavia, Tocqueville
esprimeva anche preoccupazione per i potenziali rischi della religione in una società
democratica. Temeva che un eccessivo fervore religioso potesse minare la libertà individuale
e la diversità di opinioni. Inoltre, prevedeva che il crescente secolarismo potesse indebolire il
tessuto sociale basato sulla religione.Quindi, Tocqueville riconobbe la duplice natura della
religione nella democrazia: da un lato, come fondamento di valori e coesione sociale, e
dall’altro, come potenziale minaccia alla libertà individuale e alla diversità di pensiero. La sua
analisi della religione in America rimane una risorsa preziosa per comprendere i rapporti tra
religione e democrazia anche ai giorni nostri.
SCRIVE DUE OPERE PRINCIPALI: “la democrazia in America” e “l’antico regime e la
rivoluzione”
LA DEMOCRAZIA IN AMERICA
La democrazia in America (pubblicato in due volumi, il primo nel 1835, il secondo nel 1840),
è un testo francese scritto da Alexis de Tocqueville sugli Stati Uniti d'America, sui punti di
forza e sulle debolezze del paese nel 1830. La democrazia in America è innanzitutto e
soprattutto un'analisi della democrazia rappresentativa repubblicana, e dei motivi per i quali
essa aveva potuto attecchire tanto bene negli Stati Uniti mentre era fallita in numerosi altri
paesi.
L'opera si divide in due distinti temi, pubblicati separatamente: nella sua introduzione al
primo, Tocqueville dichiara anzi di rinunciare alla pubblicazione del secondo (decisione sulla
quale, evidentemente è tornato in seguito). Più che per il tempo trascorso tra le due
pubblicazioni, i due temi si distinguono per l'argomento trattato. Il primo tratta dell'impulso
che il movimento democratico (che è una trasformazione sociale che prende
successivamente forma in varie istituzioni politiche) dà alla forma di governo, alle leggi e alla
vita politica – cioè alla democrazia come struttura politica. Il secondo tratta dell'influenza che
la democrazia (e stavolta non tanto come trasformazione sociale quanto come regime
politico) esercita sulla società civile, cioè sui costumi, le idee e la vita intellettuale. In breve,
si potrebbe dire che il primo tomo è più politico, il secondo più sociologico.
La democrazia in America ha visto numerose edizioni nel corso del diciannovesimo secolo.
L'opera ha un immediato successo sia in Europa che negli Stati Uniti. Nel ventesimo secolo
essa diventa un classico della politica, della sociologia e della storia.
Quest'opera è spesso ricordata per aver visto in anticipo fenomeni che si sono
successivamente verificati. Essa prevede ad esempio correttamente il dibattito
sull'abolizione della schiavitù sul quale l'America si sarebbe lacerata durante la guerra civile.
Allo stesso modo descrive l'emergere degli Stati Uniti e della Russia come le due
superpotenze mondiali, ciò che conduce a quel bipolarismo che prese in seguito il nome di
guerra fredda.
La democrazia in America, secondo Tocqueville, aveva alcune potenziali debolezze: il
dispotismo popolare, la tirannia della maggioranza, l'assenza di libertà intellettuale, ciò che
gli sembra degradare l'amministrazione e favorire il crollo della politica pubblica di
assistenza ai più deboli, dell'educazione e delle lettere. Il libro predice anche la violenza tra i
partiti politici ed il fatto che gli incoscienti giudichino i saggi. Che queste cose fossero già
visibili a quel tempo, è discutibile.
Oltre ai numerosi elogi, La democrazia in America viene criticata dagli intellettuali d'oggi su
alcuni temi, per esempio l'autore non parlò quasi mai della povertà nelle grandi città.
Secondo Tocqueville le società moderne e democratiche sono caratterizzate da un certo
dispotismo non tirannico: il problema della tirannia della maggioranza non è solo il fatto che i
pochi devono sottostare al volere dei molti, ma anche il fatto che i molti tendono a dominare
l’opinione pubblica, polarizzando la società verso un pensiero unico (o, usando le parole di
Marcuse, verso una "società a una dimensione", in cui l'uniformità ha talmente tanto
permeato la mente al punto da auto censurare le opinioni impopolari). La tirannia della
maggioranza non è dunque una tirannia materiale che ha come obiettivo i corpi, ma una
tirannia più subdola che si esercita sul pensiero: la democrazia ha per sua natura dei
perenni esclusi, cioè coloro che hanno posizioni estreme lontane sia dalla maggioranza, sia
dalle minoranze.
Tocqueville propone alcuni "antidoti" per affrontare la tirannia della maggioranza. Il primo è lo
spirito legistico nel suo ruolo di contrappeso alla democrazia: i giudici della corte suprema,
eletti a vita, sarebbero dotati della massima integrità di giudizio in quanto non necessitano di
mutare la loro opinione per inseguire consensi. Anche l'associazionismo sarebbe una buona
contromisura alla tirannia della maggioranza, in quanto capace di aggregare persone attorno
ad un'idea e attaccare così l'impero morale del mainstream.
Tocqueville intuisce il rischio che dall’industria possa nascere una nuova aristocrazia, quella
dei tycoon[2], ossia dei grandi proprietari industriali. L’aristocrazia industriale americana è
però strutturalmente diversa da quella europea: non è un’aristocrazia nobiliare e titolata, ma
è un’aristocrazia economica con un’alta mobilità sociale (cioè senza meccanismi di casta: si
può diventare ricchi come si può perdere tutto e tornare in povertà, a prescindere dallo
status sociale della famiglia di nascita).
Tocqueville considera inoltre i rapporti tra servo e padrone come rapporti di natura
contrattualentra lavoratore e datore di lavoro; inoltre vede nello strumento del contratto uno
strumento di libertà che lo schiavo non ha, in quanto il lavoratore, terminata la sua
prestazione, può tornare alla sua vita e alle sue libertà personali. Si tratta di una concezione
del contratto diametralmente opposta a quella del suo contemporaneo Karl Marx, in cui il
lavoratore che sottoscrive il contratto è comunque in posizione di diseguaglianza e obbligato
dalle circostanze
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Alexis de Tocqueville
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Democrazia in America, vol. 2 - Tocqueville
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Storia delle Dottrine Politiche: Tocqueville e la democrazia in America
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Media: storia e teoria - Tocqueville, Benjamin, Barthes, Eco, Lipmann