vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
IL MEDIOEVO
A partire dal III secolo nel mediterraneo si svilupparono tre grandi civiltà: l'islamica (che, pur
minacciando ad un certo punto direttamente l'Europa, ne rimase comunque ai margini,
stabilizzandosi in realtà periferiche come la Sicilia e la Spagna); la bizantina (che pure elaborò una
cultura originale ed autonoma, estranea a quella europea); la romano cristiana (che si sviluppò nel
mediterraneo occidentale). Con il termine medioevo si indica proprio un preciso periodo della storia
della sola Europa occidentale, senza riferirsi, se non marginalmente, alle contemporanee civiltà
fiorenti nel bacino del mediterraneo.
Il concetto di medioevo nacque come nozione storiografica e non come realtà oggettiva, dal
momento che gli uomini del medioevo non ebbero consapevolezza di esprimere un'età nuova; esso
iniziò a formarsi intorno al XV sec., quando gli umanisti ebbero la consapevolezza che i secoli che
li avevano preceduti rappresentavano un diaframma, un'età di mezzo, appunto (un susseguirsi di
secoli bui nei quali erano state completamente assenti la cultura e l'arte classica) tra la luminosa età
greco-romana e la rinascita di essa operata dagli umanisti stessi. Fu poi l'erudito tedesco Keller,
nella sua storia del medioevo del 1688, a codificare per primo questa nozione storiografica,
coniando il termine medioevo. Comunque, la concezione negativa di periodo oscuro e barbaro in
cui la cultura classica si degrada fino a scomparire, e che non teneva in alcun conto le novità
apportate dalle due principali componenti del primo medioevo (l'affermarsi della Chiesa di Roma e
le migrazioni dei popoli barbarici), persistette sino al romanticismo, quando ci si accorse che era
stato proprio durante il medioevo che iniziarono a formarsi le nazioni europee.
Sulla data d'inizio del medioevo gli storici hanno avuto da sempre opinioni discordanti: 313 (editto
di Costantino), 476 (fine dell'impero romano d'occidente), 568 (anno dell'invasione longobarda in
Italia); così pure per la fine, ossia per il passaggio all'età moderna, sono state proposte varie date:
1321 (anno della morte di Dante), 1454 (caduta di Costantinopoli in mano ai turchi), 1492 (scoperta
dell'America). Oggi si preferisce fissarne la periodizzazione in periodi più estesi e non in date
stabilite: l'inizio starebbe nella crisi del III sec. del basso impero, avvenuta durante l'età cosiddetta
tardo antica, la fine sarebbe da individuarsi in un'altra grave crisi, quella europea della metà del
XIVsec., caratterizzata da una serie di pestilenze e calamità, da uno stato di guerra perenne,
dall'esilio del papato ad Avignone e dalla nascita della cultura umanistica che segnavano appunto il
formarsi di un'età nuova.
LA CRISI DEL III SECOLO
Traiano con le sue conquiste aveva allargato spropositatamente i territori dell'impero, fino al mar
Nero e al di là del Danubio: ciò richiedeva necessariamente l'esistenza di una potente
organizzazione militare per il controllo dei confini, soprattutto in ragione del fatto che, dalla metà
del III sec., i barbari avevano preso ad attraversarli sempre più spesso, spadroneggiando e
saccheggiando a loro piacimento. Il rovescio della medaglia fu però che in ogni parte dell'impero le
legioni, per il loro strapotere, cominciarono ad eleggere imperatore il loro generale autonomamente
e senza l'approvazione del senato: si ebbe cioè la militarizzazione del potere supremo. Dalla morte
di Alessandro Severo, caduto vittima nel 235 di una congiura militare, per circa 50 anni, si ebbe una
sanguinosa anarchia militare, durante la quale questi imperatori acclamati dagli eserciti si
avvicendavano con quelli imposti dal senato. Il colmo si raggiunse quando un comandante di
origine balcanica, Massimino il Trace, una volta acclamato, invece di combattere contro i barbari,
marciò su Roma stessa, anche se fu fermato durante il suo cammino ad Aquileia, dove fu sconfitto
ed ucciso. Il travagliato periodo di disordine terminò solo nel 284, con l'elezione di Diocleziano,
che riprese la restaurazione dell'impero. Ma la crisi, oltre che politica, fu anche economica e sociale:
lo stato deve reperire fondi ingenti per assicurare la difesa; per assicurarsi l'accumulo del capitale
necessario bisogna formare anche un'ampia struttura amministrativa. Lo stato dunque sottrae alla
comunità più denaro di quanto abbia mai fatto, dal momento che il sistema deve produrre al
massimo delle sue possibilità, ma gran parte della produzione viene assorbita non dalla popolazione
civile, bensì dalle complesse strutture politico - militari. In questo stato di cose, a crollare sono
ovviamente le componenti più deboli del processo produttivo: a causa dell'eccessivo fiscalismo le
campagne si spopolano ed i contadini si riversano nelle città (così come i piccoli artigiani che
preferiscono abbandonare i propri mestieri) aumentando la massa dei bisognosi; anche la
produzione nei latifondi a conduzione schiavistica inizia a crollare, perché le terre sono state
sfruttate al massimo (eppure le vecchie classi aristocratiche, escluse dal governo dell'impero,
continuano a rinchiudersi nelle loro proprietà terriere, che comunque costituiscono una sicurezza
economica, mentre le attività imprenditoriali e commerciali diventano sempre più rare); al contrario
in oriente si sono da poco sviluppate le tecniche agricole, per cui vi è il delinearsi di una profonda
frattura tra un oriente più produttivo ed un occidente in crisi; il sistema annonario di Roma non è
più in grado di sfamare la popolazione, e quindi, dovendo acquistare dall'estero le derrate
alimentari, vi è un ulteriore e vertiginoso aumento della spesa pubblica, cui segue una naturale
inflazione e quindi una svalutazione della moneta. Sul finire del III sec., dunque, il volto dell'impero
risulta radicalmente cambiato; il vecchio mondo romano non esiste più: Roma non è più capitale, in
quanto gli imperatori non vi prendono più residenza, preferendo altre città come Milano o
Costantinopoli, che rappresentano, trovandosi a confine, centri nevralgici di difesa per 'impero. Gli
imperatori adottano un costume di tipo orientale: essi vanno considerati come i vicari degli dei sulla
terra, da essi ricevono direttamente il potere, e come tali i loro sudditi devono genuflettersi ed
adorarli. Sul piano culturale vengono alla ribalta della società molti provinciali delle regioni
periferiche dell'impero provenienti da ceti subalterni soprattutto agricoli: essi sono ancora legati alle
loro culture a carattere orale, sicché tra III e V sec. passano per la prima volta alla fase della
scrittura numerose lingue locali, come l'aramaico, il celtico, il germanico, permeando delle loro
tradizioni, anche religiose, l'impero romano.
IL CRISTIANESIMO ED IL MONACHESIMO dal I al Vsec.
Il cristianesimo ebbe una diffusione lenta e contrastata, introduceva infatti novità troppo radicali per
essere accolto subito con favore dalla maggioranza della gente: si è calcolato che agli inizi del IV
sec. i cristiani erano ancora una piccola minoranza, il 10% della popolazione totale dell'impero,
tanto che l'editto di Costantino fu da considerarsi quasi un'iniziativa temeraria, ed infatti, il
successivo imperatore Giuliano poté restaurare il paganesimo, seppure per poco. Questa sua
diffusione però era costante e inarrestabile, tanto che già alla fine del I sec. interessava eminenti
personalità dell'aristocrazia senatoria e quindi le classi dirigenti, ed aveva inoltre un'apertura
universale, presso i popoli più diversi: fu per tali motivi che lo stato romano temette che il
cristianesimo potesse minacciare la sua stabilità, in quanto per i romani la religione era
essenzialmente un affare di stato, ed i cristiani, pur professando obbedienza all'imperatore, si
rifiutavano di prestargli il culto divino dovuto. Le persecuzioni dunque iniziarono già con Nerone,
che, nel 64, per allontanare da sé il sospetto di aver ordinato l'incendio di Roma, fece ricadere la
colpa sui cristiani, contro i quali si sfogò il malcontento popolare: ne furono vittime anche gli
apostoli Pietro e Paolo; poi continuarono variamente con Domiziano, con Traiano e con
Diocleziano, che attuò la più dura di tutte: esse però ebbero andamento intermittente, e non furono
mai generali; regalarono tuttavia alla storia della chiesa una folta schiera di martiri.
Il monaco (dal greco monos - solo) è colui che si ritira a viere in solitudine per sottrarsi al male del
mondo e condurre una vita dedita al divino. Il monachesimo nacque alla fine del III, con Antonio di
Coma (s. Antonio Abate), che passò gran parte della sua vita come eremita nel deserto, e si diffuse
durante il IV, con la nascita di diverse comunità di asceti nei deserti. Ben presto i monaci iniziarono
a raccogliersi in cenobi, comunità desiderose di raggiungere l'ideale evangelico della vita cristiana: i
primi monasteri nacquero in Egitto, ed erano organizzati in base ad una regola che prevedeva
l'unione del lavoro e della preghiera, regola che ben presto ebbe una grande diffusione anche in
occidente. Sorsero però più tardi nel V sec. anche torme indisciplinate di monaci vaganti, i quali,
fanatici fino al suicidio, andavano in giro elemosinando: il concilio di Calcedonia nel 451 disciplinò
perciò il monachesimo, sottoponendo al giudizio del vescovo la fondazione di ogni nuovo
monastero.
DIOCLEZIANO fine del III sec.
Diocleziano tentò di dare subito soluzione ai principali problemi che affliggevano l'impero:
l'indisciplina degli eserciti, la minaccia dei barbari, la crisi economica e sociale crescente. Per far
ciò bisognava imporre l'idea che l'imperatore fosse il signore assoluto dell'impero, e per questo si
fece venerare come un dio, mentre i sudditi al suo cospetto dovevano genuflettersi nell'adoratio. Ma
il compito era comunque troppo gravoso per una sola persona; quindi, nel 285 si affiancò come
augusto di pari dignità, il generale Valerio Massimiano. Così l'impero conobbe una diarchia, che
ben presto, vista l'estrema complessità della situazione, sfociò in una tetrarchia: ciascuno dei due
augusti si affiancò infatti, in posizione subalterna, un cesare. Diocleziano scelse il generale Galerio,
e stabilì la sua residenza in oriente, a Nicomedia; Massimiano scelse il generale Costanzo Cloro e si
stabilì in occidente a Milano, per controllare meglio i confini settentrionali. Nonostante ciascuno dei
tetrarchi avesse sfere di competenza ben definite, un proprio consiglio ed un proprio esercito,
l'impero continuava ad essere concepito come entit&