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Estratto del documento

Parte est: anni 1063-1120

Parte ovest con facciata: metà XII sec.

85. Pisa, duomo, facciata, tomba di Buscheto

93. Pisa, museo dell’opera del duomo, grifone bronzeo proveniente dal tetto del

duomo, sopra l’abside est, probabilmente in origine bruciaprofumi (Spagna islamica,

XI sec.), da confrontare con gli acquamanili

Grifone in bronzo con incisioni.

110. Pisa, duomo, fianco sud (a est parte buschetiana, a ovest parte rainaldiana)

Aggiunta delle 5 arcate cieche della fase di Rainaldo, anche ai piani superiori la decorazione

a strisce cambia e diventa più regolare.

112. Pianta del duomo di Pisa a livello del piano terreno e dei matronei

Parte bassa: piano terra (volte a crociera navatelle laterali), parte alta: livello matronei, tetto

di legno (poi volte a crociera).

117. Pisa, duomo, veduta dal transetto sud (cappella S. Ranieri) verso la navata

centrale.

Il passaggio del matroneo sopra alla navata centrale del transetto crea un effetto di

sovrapposizione di colonnati, ispirato forse alla moschea degli Ommayadi di Damasco.

118. Pisa, duomo, colonnati delle navatelle sud. Notare gli archi acuti ed i pilastrini di

raccordo sopra ai capitelli e sotto alle volte a crociera (ispirato forse a quello della

moschea di Cordova, del IX-X sec.) le colonne sono di spoglio

Veduta da navata centrale verso laterali. Colonnati sovrapposti: colonne più piccola parasta,

che non esiste nell’architettura occidentale. Per la prima volta in Italia vediamo archi acuti,

necessità architettonica di raggiungere livello alto. Archi ogivali zebrati di influsso arabo.

119. Pisa, duomo, navata centrale, con colonne e capitelli realizzati ad hoc

Fusti navate laterali: di spoglio.

Fusti in granito navata centrale: cavati appositamente nelle cave dell’isola d’Elba (le altre

sono di spoglio).

124. Pisa, duomo, abside est (1064-118/20), da confrontare con quella del duomo di

Spira

Reinterpretazione dell’abside di Spira I.

127. Ricostruzione dell’alzato dell’abbazia di Montecassino ai tempi di Desiderio

(1066-71 ca.). La chiesa è ispirata a S. Pietro in Vaticano

Distrutta varie volte.

Leone D’Ostia descrive com’era ai tempi dell’abate Desiderio e sappiamo che era ornata da

affreschi e mosaici. Affreschi nel quadriportico: tituli, didascalie in latino.

La chiesa si ispira, nella pianta, alla chiesa di S. Pietro in Vaticano dell’epoca costantiniana =

fedeltà al papato + intento ideologico di tornare alle glorie del cristianesimo primitivo

superando la fase di degenerazione che c’era stata (secondo la mentalità comune) con:

Quadriportico antistante la chiesa.

Chiesa basilicale (anche se a tre navate e non 5).

Transetto continuo alto, sul modello delle chiese tedesche.

128. Ricostruzione dell’abbaziale di Montecassino ai tempi di Desiderio: interno e

pianta+Iconostasi in legno, che Desiderio poteva aver visto in oriente

Maestranze da Amalfi per pavimento di tipo arabo.

Mosaici fatti da maestranze costantinopolitane.

Architettura di stretta dipendenza paleocristiana.

130. Salerno, duomo, quadriportico e facciata (nei locali sopra al quadriportico aveva

sede la famosa scuola di medicina). La porta di bronzo, del 1100 ca., è bizantina

Quadriportico con arco centrale più alto degli altri come a Montecassino.

Qui c’era una scuola di medicina. Conoscenza della medicina araba e orientale.

Archi alzati su piedritti di tipo orientale.

Porta in bronzo di produzione costantinopolitana.

132. Salerno, museo del duomo, formella in avorio con storie di Noè, una delle

numerose placchette provenienti forse da un antependio, o meno probabilmente da

una cattedra oppure una porta del duomo di Salerno (1080 ca. epoca di Alfano I,

secondo altri pieno XII sec.). Vi è evidente ripresa da modelli paleocristiani

Formelle in avorio commissionate probabilmente da Alfano, databile seconda metà XI sec.

con storie della bibbia.

Proporzioni tarchiate e modelli stilistici ripresi dai modelli paleocristiani.

133. S. Angelo in formis (presso Capua, prov. di Caserta), interno, 1072-87, fondata

dall’abate Desiderio. Le pitture murali riflettono iconograficamente i perduti mosaici

bizantini di Montecassino.

Località in stretto contatto con Montecassino, dipendeva e apparteneva ad esso. Gli

affreschi ci danno un’idea degli affreschi e mosaici di Montecassino. Essendo una chiesa di

campagna questa, presenta stile rustico dei mosaici. Mentre quelli di Montecassino

dovevano essere più raffinati e colti.

135. S. Angelo in formis, pittura murale col donatore, l’abate Desiderio con nimbo

quadrato (vivente) e modellino della chiesa

136. S. Angelo in formis, entrata con Cristo in Gerusalemme

Gli affreschi raffigurano storie del nuovo testamento. Tutti i personaggi hanno le guance

rosse: stilizzazione di un elemento che doveva esserci anche nei modelli bizantini, tradotti in

linguaggio meno colto, con corrente “plebea” che caratterizza tutti gli affreschi italici nel

medioevo, come quelli della scuola di Benevento.

137. S. Angelo in formis, lavanda dei piedi

138. S. Angelo in formis, ultima cena

139. S. Angelo in formis, crocifissione

141. Roma, S. Clemente, basilica inferiore, messa di S. Clemente (in basso arresto del

santo trasformatasi in colonna con frase oscena in dialetto romanesco a mo’ di

fumetto

Parte bassa: Personaggi che cercano di legare un fusto di colonna. Dalle loro bocche

escono imprecazioni.

Rivolto al pubblico plebeo, ecco perchè è difficile pensare sia espressione di un’arte voluta

dal papa in persona, ma piuttosto destinata alla plebe romana con concetti cristiani.

142. Roma, S. Clemente, basilica inferiore, messa di S. Clemente nel Mar Nero e

miracoloso rinvenimento del bambino. In basso i committenti Maria Macellaria, Beno

da Rapiza e il figlio. La pittura votiva è stata probabilmente realizzata sopra alla tomba

della famiglia del committente

Committenti probabilmente non aristocratici che adorano un clipeo con il busto di S.

Clemente, e fa pensare che sotto ci fosse la tomba di questa famiglia e che si tratti di

affreschi votivi. Forse il bambino era stato miracolato dopo la caduta nel Tevere, come

capiamo dall’iconografia della scena sovrastante.

La committenza degli affreschi laziali di questo periodo era spesso popolare, molti si

arricchivano e potevano permetterseli.

146. Roma, S. Clemente, basilica superiore, mosaico absidale (inizio del XII sec.)

Mosaico absidale: capolavoro della pittura musiva a Roma nella prima metà del XII sec.

Ispirazione paleocristiana: 12 pecore su fndo azzurro che incedono verso l’agnus dei, come

nei mosaici di S. cosma e Damiano. Differenza: fondo oro nella parte alta e crocifisso al

centro con dolenti laterali, nell’arte paleocristiana questo no c’è.

Tralci: si partono simmetricamente da un cespo d’acanto del paradiso terrestre e da cui

sgorgano i fiumi del paradiso terrestre da cui si abbeverano due cervi. Vi sono pavoni e

greggi, elementi dell’arte paleocristiana, come il modo di stilizzare i tralci (come a Galla

Placidia).

Fondo oro, gregge su fondo blu.

148. Tivoli, duomo, trittico con Deesis, parte centrale: Cristo, prima metà XII sec.

Pittura su tavola: inizia ad avere ruolo importante nel XII sec. sembra essere un fenomeno

spontaneo nato grazie alla committenza della borghesia. Si comincia a dipingere con tecnica

tempera su tavola che sfocerà poi nella grande pittura Toscana.

Tavola del redentore del duomo di Tivoli: fa parte di un trittico a sportelli con Maria e

Giovanni evangelista nei laterali. Di apparente influsso bizantino, ha l’intento di rifarsi all’arte

classica.

149. Roma, Pinacoteca vaticana, tondo con giudizio universale, proveniente

dall’oratorio di S. Gregorio Nanzanzieno a Roma, firmato dagli stessi pittori Nicola e

Giovanni che hanno, assieme a Stefano, affrescato la chiesa di S. Elia a Castel S. Elia

presso Nepi (Viterbo), XII sec.

152. Roma, S. M. in Trastevere, mosaico absidale, parte centrale (la glorificazione di

Maria alla fine dei tempi è tema caro a S. Bernardo da Chiaravalle)

Maria: iconografia di Maria regina che nasce nel VI sec. porta i vestiti e la corona da

imperatrice: chiesa sovrana, non doveva obbedire a nessun imperatore, né d’Oriente né

d’Occidente, tema di grande attualità all’epoca.

155. Alberto e “sozio”, croce dipinta, firmata è datata 1187, duomo

Croce dipinta: una delle tipologie più importanti di pittura su tavola.

Maria e S. Giovanni evangelista dolenti.

Firmata.

Testa del Cristo con reclinata. Gomiti in giù tipo Cristo Patiens però con occhi aperti:

soluzione di compromesso tra patiens e triumphans.

156. Assisi, S. Chiara, croce dipinta proveniente da S. Damiano, che avrebbe parlato a

S. Francesco, fine XII sec. (pittore spoletino)

Stile proprio del periodo in cui S. Francesi da giovane ha restaurato la chiesa di S. Damiano.

Stesso tipo di Cristo (con testa meno reclinata)

Tabelloni laterali con più figure, con pie donne e dolenti

Scena di ascensione di Gesù in alto.

157. Pisa, museo nazionale di S. Matteo, croce dipinta n. 15 proveniente dalla chiesa

del S. Sepolcro, metà XII sec.

Già da metà XII sec. Il fenomeno delle croci dipinte si espande in Toscana con variante

significativa: nei tabelloni laterali storie della passione di Cristo e in alcuni casi anche alle

estremità dei bracci orizzontali della croce e ai piedi del Cristo.

I maestri Pisani introducono questa variante, sia nella forma più complessa, sia in forme più

semplificate.

attribuibile a pittore fiorentino, tipologicamente d’influsso pisano, ma da altri creduta romana.

159. Rosano (presso Pontassieve, Firenze), abbaziale consacrata nel 1129, croce

dipinta, metà XII sec. (prima della recente pulitura che ne ha nettamente migliorato la

leggibilità)

Fiancheggiato da Santi e tralci/girali. Come nelle più antiche croci pisane, ci sono storie della

passione ai lati = fase in cui la pittura su tavola Fiorentina o veniva realizzata da maestro

Pisani o fiorentini sotto influsso pisano.

160. Firenze, Uffizi, croce dipinta n. 432, di pittore fiorentino di influsso pisano (vedi

Pisa, S. Frediano), metà XII sec.

Caratteri pisani:

Cristo trionfante

Stomaco a pera come si faceva a Bisanzio

Coppie di dolenti ai lati dei bracci orizzontali della croce

La provenienza non è nota, forse non veniva proprio da Firenze ma da località vicine.

166. Lucca, museo nazionale, croce dipinta proveniente da S. Maria degli angeli,

firmata da Berlinghiero Berlinghieri (inizio duecento)

Qui si rinuncia a elementi della croce come quella di Sarzana, S. Michele in foro, ecc. e ci si

concentra solo sui dolenti sotto le braccia del Cristo, come fa Alberto Sozio a Spoleto, ci si

rifà

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
64 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/01 Storia dell'arte medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Jennie77 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Tigler Guido.