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IL MUSCOLO CARDIACO
Il muscolo cardiaco è un muscolo che si trova solo nel cuore. È un muscolo striato, quindi le
miofibrille sono organizzate in sarcomeri (in questo assomiglia al muscolo scheletrico, però le cellule
non sono cellule polinucleate, ma sono cellule più piccole con un solo nucleo).
Una caratteristica tipica del muscolo cardiaco è che le cellule sono collegate tra di loro da giunzioni
comunicanti. In particolare, nel muscolo cardiaco ci sono delle particolari strutture, dette dischi
intercalari, che contengono giunzioni comunicanti e desmosomi che conferiscono resistenza
meccanica al tessuto. Il muscolo cardiaco non ha bisogno di un’innervazione per contrarsi (se infatti
prendiamo un cuore e lo estraiamo dall'organismo, mettendolo in una soluzione fisiologica per
permettere la sopravvivenza delle cellule, vediamo che il cuore continua a contrarsi anche se
abbiamo rimosso l'innervazione).
Il muscolo cardiaco è un muscolo di tipo ossidativo dato che è un muscolo che è sempre in attività,
quindi, non può permettersi di essere soggetto alla fatica.
Qui vediamo una rappresentazione grafica delle cellule del muscolo cardiaco:
Il nucleo delle cellule è
unico e centrale. Inoltre, ci
sono tanti mitocondri: ciò
indica che si tratta di un
muscolo che ha un
metabolismo di tipo
ossidativo. Dall’immagine
si notano anche i dischi
intercalari, ossia le
giunzioni comunicanti
attraverso cui possono
passare gli ioni (che
permettono la
trasmissione dell’impulso
elettrico). Possiamo notare
anche la presenza dei
desmosomi, che
conferiscono resistenza
meccanica al tessuto. La
funzione dei desmosomi è molto importante perché quando il cuore si riempie di sangue, le sue
pareti vengono stirate ed è quindi necessario che le cellule siano saldamente unite le une alle altre.
Il muscolo cardiaco si divide in due unità: quella atriale e quella ventricolare che, come vedremo,
sono separate dal punto di vista elettrico.
Nel muscolo cardiaco abbiamo diversi tipi di cellule. Possiamo individuare due gruppi:
• Quello del miocardio comune o di lavoro, che rappresenta il 90% della massa muscolare del
cuore. La funzione delle cellule di questa regione è quella di produrre forza, al fine di
spingere avanti il sangue verso il sistema circolatorio. In queste cellule è presente il reticolo
sarcoplasmatico, ma non è molto sviluppato.
• Quello del miocardio specifico. Questa regione costituisce soltanto il 10% della massa del
cuore. Le cellule del miocardio specifico non hanno propriamente la funzione di produrre
forza, ma svolgono due funzioni:
1. Le cellule pacemaker servono a generare i segnali elettrici, ovvero gli impulsi che,
trasmettendosi a tutte le altre cellule, permettono al cuore di depolarizzarsi e di
contrarsi.
2. Le cellule di conduzione. Sono cellule grandi, ma la loro estensione non serve a
produrre tanta forza, quanto a trasmettere i segnali elettrici più rapidamente. La
conduzione dei potenziali d'azione lungo la membrana delle fibre muscolari avviene
con modalità simili a quelle viste per i neuroni e, quindi, anche qui vale il principio
per cui: tanto più il diametro della cellula è grande, tanto più velocemente si propaga
l'impulso. Quindi queste cellule molto grandi hanno la caratteristica di trasmettere i
potenziali d'azione velocemente.
Le cellule pacemaker
Un cuore continua a battere anche se è stato isolato dall'organismo (e quindi non ha più una
innervazione) grazie alla presenza delle cellule pacemaker. Esse costituiscono l'origine dell'impulso
che è alla base della contrazione. Le cellule pacemaker sono localizzate principalmente in due punti
del cuore:
• nel nodo seno atriale, che si trova nell'atrio destro, vicino allo sbocco della vena cava
superiore. Le cellule del nodo seno atriale rappresentano il pacemaker principale del cuore.
Quindi, se tutto funziona correttamente, l'impulso che dà origine al battito cardiaco nasce
dal nodo seno atriale.
• Nel nodo atrio ventricolare, che si trova sempre nell’atrio destro, ma leggermente più in
basso (nel pavimento dell’atrio destro). Esso funge da pacemaker di riserva (perché
normalmente non funziona, ma può entrare in gioco nel caso in cui il pacemaker principale
del nodo seno atriale non funzioni).
Il peacemaker principale produce delle depolarizzazioni spontanee a una frequenza di circa 70
depolarizzazioni al minuto (a ciascuna depolarizzazione corrisponde poi una contrazione del cuore,
cioè un battito cardiaco, quindi normalmente il cuore batte a una frequenza di 70 75 battiti al
minuto). Il nodo atrioventricolare ha invece una frequenza di depolarizzazione minore, circa 50
battiti al minuto, quindi, se non funziona il pacemaker del nodo seno atriale questo pacemaker può
entrare in funzione come pacemaker di riserva, però produce una frequenza cardiaca bassa, che
non è sufficiente a rifornire tutte le nostre cellule (in tal caso, diventa poi necessario intervenire con
un pacemaker artificiale per aumentare la frequenza).
Tutte le diverse parti del cuore sono collegate da un sistema di conduzione che permette all'impulso
di propagarsi nel cuore. Quindi l'impulso si muove dal nodo senoatriale a tutte le fibre muscolari
degli atri, poi arriva al nodo atrioventricolare da cui si diffonde a tutti i ventricoli. Il nodo
atrioventricolare normalmente funziona benissimo come pacemaker: è in grado di polarizzarsi
spontaneamente, però normalmente non lo fa perché prima di poter iniziare a polarizzarsi
spontaneamente riceve un impulso dal nodo seno atriale, e quindi alla fine si segue la frequenza del
nodo senoatriale. Se però non riceve l'impulso dal nodo senoatriale, allora comincia a polarizzarsi
spontaneamente seguendo la propria frequenza, che è più bassa. Proprio grazie al fatto che la
frequenza del nodo atrioventricolare è più bassa, possiamo avere il fenomeno della dominanza,
tale per cui la frequenza del nodo atrio ventricolare segue quella del nodo seno atriale. Quindi
diciamo che se il nodo atrioventricolare non riceve nessun comando dal nodo seno atriale, comincia
a seguire la propria frequenza; se invece riceve un comando dal nodo senoatriale, segue quel
comando.
Polarizzazione delle cellule pacemaker
Le cellule pacemaker sono cellule che non hanno un potenziale di riposo stabile (anche se è
inopportuno parlare di riposo per queste cellule in quanto sono sempre in attività). Queste cellule
producono delle depolarizzazioni spontanee che avvengono in questo modo:
Partiamo da un valore del
potenziale di riposo di -60.
In queste cellule ci sono dei
canali voltaggio dipendenti
particolari, che si chiamano
canali funny (“bizzarro”)
che sono dei canali del
sodio, ma invece di aprirsi
quando la cellula si
depolarizza, si aprono
quando la cellula si iper-
polarizza, o meglio quando
la cellula si sta
ripolarizzando. Quindi,
quando il potenziale di
membrana della cellula che
si sta ripolarizzando dopo
un potenziale d'azione
arriva a -60, questi canali si aprono e fanno sì che la ripolarizzazione non possa proseguire, ma che
di nuovo la membrana cominci a depolarizzarsi (perché sono dei canali del sodio, quindi ovviamente
il sodio entra e depolarizza la membrana).
Successivamente, una volta che la membrana è stata depolarizzata ad un valore di circa -50, si
aprono anche degli altri canali, che sono canali del calcio di tipo T (T sta per transient perché sono
dei canali del calcio che restano aperti per un breve intervallo di tempo, ma contribuiscono a portare
il potenziale di membrana fino a un valore soglia che è di circa -40 millivolt). Questa prima fase della
depolarizzazione viene chiamata fase di depolarizzazione lenta perché, appunto, avviene piuttosto
lentamente. Una volta arrivati a soglia, si aprono i canali del calcio di tipo L (perché restano aperti
più a lungo). Questi canali fanno entrare velocemente il calcio, che depolarizza la membrana. Quindi,
abbiamo una fase ascendente di un potenziale d'azione, che assomiglia alla fase ascendente del
potenziale d'azione dei neuroni (però nel cuore non è generato dall'ingresso di sodio ma
dall'ingresso di calcio). Questi canali del calcio si comportano un po’ come i canali del sodio voltaggio
dipendenti, quindi, dopo un po’ si chiudono e, a questo punto, si aprono dei canali per il potassio.
Lo stimolo che fa aprire i canali per il potassio è la depolarizzazione, ma questi canali si aprono
lentamente, quindi, succede che si aprono quando quelli del calcio si sono chiusi. Il potassio
comincia allora a uscire dalla cellula andando a ripolarizzarla. In questa seconda fase di
ripolarizzazione, il potenziale d'azione è identico a quello delle cellule nervose, e abbiamo una
ripolarizzazione dovuta alla uscita di ioni potassio. il potassio esce e comincia quindi a ripolarizzare
la membrana, però questa ripolarizzazione non può completarsi perché, quando arriviamo a -60 di
nuovo, i canali funny si aprono, e quindi la membrana ricomincia a depolarizzarsi. Di conseguenza,
non c'è mai un potenziale di riposo stabile, ma la cellula produce tanti potenziali d'azione, uno dopo
l'altro. Quindi, il potenziale d'azione del nodo
seno atriale non ha un effettivo
potenziale di riposo. Questo
potenziale si caratterizza per una
prima fase, detta depolarizzazione
lenta o pre-potenziale (dovuta
all'apertura dei canali prima funny e
poi del calcio di tipo T). Si hanno poi 2
fasi, una di depolarizzazione e una di
ripolarizzazione, che sono simili a
quelle del potenziale d'azione dei
neuroni, ma la fase di
depolarizzazione è dovuta all'ingresso
di calcio.
I canali più caratteristici di queste cellule sono i canali del sodio funny, detti quindi canali
pacemaker, indicati con la sigla F. Questi canali sono fondamentali per
portare il potenziale fino a un valore di
circa -50, valore per cui poi si aprono
anche gli altri canali del calcio, che
contribuiscono a depolarizzare la
membrana fino a soglia. Se però non
ci sono i canali funny, la
depolarizzazione non può iniziare, e
quindi la produzione dei potenziali
pacemaker non può avvenire.
Queste cellule producono quindi delle
depolarizzazioni che hanno una certa
frequenza. Se noi andiamo a vedere
l'intervallo di tempo tra un potenziale
pacemaker e il successivo, vediamo che il tempo che intercorre è di circa 800 millisecondi, e da qui
abbiamo una frequenza cardiaca di 75 battiti al minuto. Quindi, quando l'intervallo tra un potenz