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Confronto tra OIS e senescenza replicativa

Entrambe le forme di senescenza — quella indotta da oncogeni e quella replicativa —

rappresentano barriere fisiologiche essenziali contro la trasformazione tumorale o la proliferazione

incontrollata.

Tutte e due convergono su vie comuni di blocco del ciclo cellulare, in particolare la via p53/p21 e la

via p16/Rb, e in entrambe il fattore ARF svolge un ruolo centrale nel bloccare Mdm2 e stabilizzare

p53. A livello molecolare e fenotipico, le cellule senescenti presentano:

Un blocco irreversibile del ciclo (spesso in G1),

Un aspetto morfologicamente alterato (cellule grandi, appiattite),

Un metabolismo attivo, ma assente proliferazione,

L’espressione di β-galattosidasi senescenza-associata, che consente la colorazione blu in test

istologici specifici.

La differenza principale risiede nello stimolo iniziale:

Nel caso della OIS, lo stimolo è rappresentato da mutazioni oncogeniche attivanti (es. BRAF, RAS,

MEK), che provocano una mitogenesi abnorme e una iperattivazione di E2F,

Nella senescenza replicativa, lo stimolo è rappresentato da una stimolazione mitogenica cronica

fisiologica (es. riparazione continua di danni), come accade nei tessuti cronicamente danneggiati o

in caso di iperproliferazione ripetuta delle cellule progenitrici.

In entrambi i casi, tuttavia, l’arresto del ciclo è un meccanismo difensivo fondamentale per

prevenire l’insorgenza tumorale. Se questa barriera viene superata — ad esempio tramite delezione

del locus INK4 (che codifica per p16 e ARF) o mutazioni inattivanti di p53 — allora il clone

preneoplastico può progredire verso la trasformazione maligna.

p53 (guardiano del genoma, apoptosi e senescenza)X2 , P53×2 (lez 22 e lez 23 inizio)

Parte 1 – Introduzione a p53: “Il guardiano del genoma”

La proteina p53 è uno dei più importanti fattori trascrizionali nella regolazione dell’omeostasi

cellulare e nella prevenzione della trasformazione tumorale. Viene spesso definita come “il

guardiano del genoma”, un termine coniato negli anni ’90 dalla rivista Science, proprio per

sottolinearne la funzione centrale nella sorveglianza dell’integrità del DNA.

p53 agisce come una sorta di sensore universale del malessere cellulare, capace di rilevare una

grande varietà di condizioni di stress, tra cui:

Danni al DNA (sia a singolo che a doppio filamento);

• Ipossia (carenza di ossigeno);

• Alterazioni del pH intracellulare, sia in senso acido che basico;

• Segnali iperproliferativi cronici, come quelli indotti da oncogeni attivati.

Questa varietà di stimoli che p53 è in grado di rilevare dimostra quanto sia centrale nella strategia

cellulare di difesa contro la trasformazione neoplastica. La sua attivazione può avere tre

conseguenze principali:

1. Blocco transitorio del ciclo cellulare (per dare tempo alla riparazione del DNA);

2. Attivazione dell’apoptosi (se il danno è troppo esteso per essere riparato);

3. Induzione della senescenza (una forma di arresto permanente della proliferazione).

In condizioni fisiologiche normali, p53 è costantemente degradata: la cellula la sintetizza

continuamente, ma altrettanto rapidamente la elimina tramite il sistema ubiquitina-proteasoma.

Questo “ciclo futile” non è uno spreco, ma un meccanismo di prontezza: permette una risposta

estremamente rapida in caso di stress, evitando di dover attendere la trascrizione e traduzione de

novo del gene.

La proteina responsabile della degradazione di p53 è un’ubiquitina ligasi chiamata MDM2.

MDM2 lega p53, la poliubiquitina, e la indirizza verso la degradazione. Ma se la cellula rileva un

danno al DNA, vengono attivate due chinasi specifiche:

ATM, se il danno riguarda doppie rotture a doppio filamento (double-strand breaks);

• ATR, se invece il danno riguarda singoli filamenti.

Queste chinasi stabilizzano p53 con due modalità complementari:

fosforilano direttamente p53, rendendola più attiva;

• oppure fosforilano MDM2, inibendone l’attività, e quindi bloccando la degradazione di

• p53.

In entrambi i casi, il risultato è una rapida accumulazione intracellulare di p53, che, una volta

stabilizzata, agisce come fattore trascrizionale attivo e inizia a regolare l’espressione di numerosi

geni bersaglio coinvolti nella risposta al danno.

Parte 2 – p53 e il blocco del ciclo cellulare

Uno dei primi effetti dell’attivazione di p53 è il blocco del ciclo cellulare, ottenuto principalmente

tramite l’induzione trascrizionale di proteine inibitorie delle CDK, note come proteine p:

p53 induce l’espressione di p21, e anche di p15 e p16;

• queste inibiscono i complessi ciclina-CDK responsabili della progressione da G1 a S;

• in particolare, p21 e p27 bloccano CDK2, mentre p15 e p16 inibiscono CDK4/6.

Il blocco del ciclo serve principalmente a guadagnare tempo: se la cellula è danneggiata, non deve

duplicare un genoma compromesso. Dunque, l’arresto del ciclo consente agli enzimi deputati alla

riparazione del DNA di intervenire e ripristinare l’integrità genetica.

Se il danno viene correttamente riparato, p53 viene nuovamente degradata da MDM2, e la cellula

può riprendere il ciclo in sicurezza. Ma se il danno è irreparabile, p53 può attivare meccanismi

irreversibili, ovvero:

Apoptosi (morte cellulare programmata),

• oppure senescenza (arresto irreversibile della proliferazione, senza morte cellulare).

Ora entro più nel dettaglio su entrambi.

Perfetto, proseguo.

Parte 3 – Apoptosi: definizione, meccanismi generali e ruolo di p53

L’apoptosi è un tipo di morte cellulare programmata, geneticamente determinata, che avviene in

modo ordinato e controllato. A differenza della necrosi, che è un processo passivo e infiammatorio,

l’apoptosi è un meccanismo attivo, fondamentale per mantenere l’omeostasi tissutale e per

eliminare cellule danneggiate, infettate o potenzialmente pericolose, come nel caso delle cellule

preneoplastiche.

Esistono due grandi vie apoptotiche:

1. La via intrinseca, o mitocondriale, regolata da segnali interni alla cellula, in

particolare legati a danni al DNA, stress ossidativo, ipossia, squilibri metabolici;

2. La via estrinseca, attivata da segnali extracellulari, come l’interazione con linfociti T

citotossici o con molecole della famiglia del TNF (Tumor Necrosis Factor).

p53 interviene esclusivamente nella via intrinseca, dove funge da promotore dell’apoptosi in

risposta a un danno irreparabile al DNA. La sua funzione è eliminare in modo selettivo quelle

cellule che rappresenterebbero un rischio per l’organismo se venissero lasciate proliferare.

Via intrinseca dell’apoptosi – Dettagli molecolari

Il meccanismo centrale della via intrinseca si basa su una lotta stechiometrica tra:

Proteine anti-apoptotiche, che promuovono la sopravvivenza (come BCL-2, BCL-XL,

• MCL1);

Proteine pro-apoptotiche, che attivano la morte cellulare.

Tra le pro-apoptotiche distinguiamo tre categorie:

1. Attivatori: come PUMA, BIM e tBID (quest’ultima attiva soprattutto nei linfociti T);

2. Sensitizers: come BAD e NOXA;

3. Effettori: come BAX e BAK, che formano pori nella membrana mitocondriale

esterna.

In condizioni normali, gli attivatori pro-apoptotici sono sequestrati dalle proteine anti-apoptotiche,

impedendone l’azione. Tuttavia, quando si accumulano i sensitizers, questi competono per il

legame con BCL-2 e simili, e riescono a liberare gli attivatori. Gli attivatori, una volta liberi, si

legano a BAX e BAK e li attivano, provocando la formazione di pori nella membrana

mitocondriale esterna.

La rottura della membrana mitocondriale porta al rilascio di:

Citocromo C, che si lega ad Apaf-1 e forma l’apoptosoma;

• DIABLO, che blocca le IAPs (inibitori dell’apoptosi), rendendo possibile l’attivazione

• delle caspasi.

L’apoptosoma attiva una caspasi iniziatrice, la caspasi 9, che innesca una cascata di tagli

proteolitici su altre caspasi, le cosiddette caspasi effettrici, le quali:

distruggono il citoscheletro e la membrana nucleare,

• attivano le DNAsi, che degradano il DNA,

• portano infine alla disgregazione della cellula, senza attivazione del sistema

• immunitario.

Il ruolo specifico di p53 nella via intrinseca

p53 favorisce l’apoptosi agendo direttamente a livello trascrizionale: una volta attivata,

promuove l’espressione di diversi geni pro-apoptotici:

BAX, che è l’effettore diretto della formazione dei pori;

• PUMA, un attivatore;

• BAD e NOXA, che agiscono come sensitizers.

Tutte queste proteine, codificate da geni bersaglio di p53, concorrono a spostare l’equilibrio

stechiometrico a favore della morte cellulare, superando la resistenza offerta dalle proteine anti-

apoptotiche. Questo meccanismo è fondamentale per eliminare le cellule preneoplastiche o

danneggiate in modo irreversibile.

Da notare che p53 non solo attiva l’apoptosi in risposta al danno genetico, ma anche come

conseguenza indiretta dell’iperproliferazione. Infatti, come vedremo nella parte successiva,

l’attivazione cronica del ciclo cellulare comporta l’attivazione del fattore trascrizionale E2F, il

quale induce la trascrizione della proteina Arf, che a sua volta blocca MDM2, stabilizzando p53.

Quindi una cellula iperproliferante, anche in assenza di danno genotossico, può essere eliminata

per apoptosi, proprio grazie all’intervento di p53.

Parte 4 – Senescenza cellulare: meccanismo, ruolo di p53 e funzione tumor-soppressiva

Oltre all’apoptosi, p53 può indurre un’altra risposta definitiva: la senescenza cellulare, ovvero

l’uscita irreversibile dal ciclo cellulare, senza che la cellula muoia. Si tratta di una barriera

fisiologica che impedisce la proliferazione incontrollata, e rappresenta, insieme all’apoptosi, una

delle due principali difese anticancro innescate da p53.

Anche in questo caso, il ruolo di p53 è trascrizionale: la proteina stimola l’espressione delle

proteine inibitorie p16 e p21, che bloccano l’attività delle CDK. Quando questo blocco non è più

reversibile, la cellula entra in senescenza, arrestando in modo permanente il ciclo.

La senescenza p53-dipendente è spesso innescata da una iperproliferazione cronica, dovuta ad

esempio all’attivazione di un oncogene. Infatti, come già accennato, una forte liberazione di E2F

attiva la trascrizione di Arf, che blocca MDM2, stabilizzando p53. Se la proliferazione non si ferma,

p53 non solo induce apoptosi, ma in alcuni tipi cellulari promuove la senescenza.

Questo fenomeno prende il nome di OIS (Oncogene-Induced Senescence), ed è ogg

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