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DNA.

A fianco di queste, troviamo i progenitori multipotenti, che hanno perso l’autorinnovamento,

ma mantengono lo stesso ventaglio differenziativo delle cellule staminali da cui derivano. Essi

sono caratterizzati da una forte attività mitotica e rappresentano il vero compartimento

proliferativo dei tessuti. La loro proliferazione massiva garantisce un rapido rifornimento di

cellule post-mitotiche, pronte a differenziarsi.

Questo schema a due livelli ha anche un’importante funzione protettiva: se un progenitore

subisce una mutazione oncogena, la trasmette a una progenie destinata a uscire dal ciclo,

mentre una mutazione in una cellula staminale permane indefinitamente. Da qui nasce

l’ipotesi secondo cui molti tumori potrebbero derivare proprio dai progenitori, che

acquisiscono mutazioni vantaggiose e retrodifferenziano in cellule staminali tumorali.

In definitiva, le cellule staminali proliferano poco ma per sempre, mentre i progenitori

proliferano molto ma per poco, e sono “commissionati” irreversibilmente verso un destino

differenziativo.

RISPOSTA UNIFICATA – Parte 2: Il sistema Delta-Notch: struttura, funzione, e ruolo nei tessuti

epiteliali

Il sistema Delta-Notch è un meccanismo di comunicazione intercellulare basato sul contatto

diretto tra due cellule adiacenti. La cellula “trasmittente” esprime il ligando Delta, mentre la

cellula ricevente esprime il recettore Notch. L’interazione Delta-Notch attiva un meccanismo

di inibizione laterale, con cui la cellula Notch riceve un segnale che la spinge verso un destino

differente da quello della cellula Delta.

Il recettore Notch, inizialmente inattivo, viene prima clivato nel Golgi e poi, dopo il legame con

Delta, subisce un secondo e un terzo taglio proteolitico, quest’ultimo mediato da una γ-

secretasi. Il dominio intracitoplasmatico di Notch viene così rilasciato e trasloca nel nucleo,

dove agisce come fattore trascrizionale, attivando geni specifici pro-differenziativi.

Nel tessuto intestinale, questo sistema definisce la scelta tra linea secretoria e linea

assorbente. I progenitori multipotenti della cripta, allontanandosi dalla base, perdono

l’influenza del gradiente Wnt e iniziano a esprimere in modo casuale Delta o Notch. Se due

cellule esprimono entrambe Delta, nessuna riceve il segnale e entrambe diventano cellule

secretorie. Se una esprime Delta e l’altra Notch, quest’ultima viene inibita dal diventare

secretoria e assume un destino assorbente, diventando un enterocita.

Nell’epidermide, invece, il sistema Delta-Notch non regola il tipo finale di differenziamento,

bensì segna il momento della transizione da staminale a progenitore. In questo caso, la

cellula che esprime Delta mantiene il fenotipo staminale, mentre quella che riceve il segnale

Notch abbandona l’autorinnovamento e diventa progenitore. È ancora indifferenziata e

multipotente, ma non potrà più tornare staminale.

Questo significa che, pur usando lo stesso sistema molecolare, i due tessuti sfruttano

modalità diverse di inibizione laterale: nell’intestino Notch determina la funzione finale,

nell’epidermide determina la perdita della staminalità.

RISPOSTA UNIFICATA – Parte 3: Epidermide – Struttura, staminalità, differenziamento e

regolazione (Delta-Notch, Ras, adesione)

L’epidermide è un epitelio pluristratificato pavimentoso cheratinizzato, strutturato in strati

cellulari sovrapposti che riflettono un gradiente di differenziamento a partire dalle cellule

basali fino alle cellule cornee superficiali.

Alla base troviamo lo strato basale, costituito da cellule cilindriche o cubiche che aderiscono

alla membrana basale tramite emidesmosomi e mantengono contatti reciproci attraverso

giunzioni aderenti e desmosomi. Qui risiede il compartimento staminale, composto da

cellule staminali vere e proprie e progenitori in transito. Le cellule staminali sono poche, lente

a dividersi e capaci di autorinnovamento; i progenitori sono altamente proliferativi, ma

destinati al differenziamento.

La proliferazione nel compartimento basale è regolata anche da stimoli meccanici e

molecolari. In particolare, è importante il concetto di consenso adesivo: finché la cellula

mantiene rapporti stabili con la membrana basale (via integrine e adesioni focali), percepisce

un ambiente permissivo alla proliferazione. Quando questi contatti vengono persi, la cellula

inizia il processo di differenziamento, anche se non immediatamente: si parla infatti di

finestra di plasticità, in cui la cellula è ancora in grado di tornare indietro se ristabilisce i

contatti.

Il passaggio dallo stato staminale a quello progenitore è regolato dal sistema Delta-Notch: se

una cellula esprime Delta, mantiene la propria staminalità. Se invece riceve Notch, perde la

capacità di autorinnovarsi, entra in fase proliferativa intensa e viene destinata a uscire

gradualmente dal ciclo.

Una volta che i progenitori proliferano e si staccano dalla membrana basale, essi entrano

nello strato spinoso: qui le cellule aumentano in volume, iniziano a produrre cheratine

differenziative (come K1 e K10), e stabiliscono desmosomi prominenti che le connettono alle

cellule adiacenti. La perdita del contatto con la membrana basale è anche accompagnata

dall’attivazione di segnali intracellulari che bloccano la proliferazione, come la via di Ras-

MAPK, che può essere inizialmente attivata in modo transitorio dai segnali mitogenici, ma in

fase differenziativa viene silenziata, proprio per permettere l’arresto della proliferazione e

l’ingresso nel programma di terminalizzazione.

Segue lo strato granuloso, dove le cellule iniziano a perdere il nucleo e accumulano granuli

cheratinosomiali, contenenti profili lipidici e enzimi proteolitici per la trasformazione in

cellula cornea. Infine, troviamo lo strato corneo, costituito da corneociti anucleati, del tutto

terminalizzati, con funzione barriera.

Nel complesso, quindi, la staminalità epidermica è regolata da contatti adesivi con la

membrana basale, dalla segregazione Delta-Notch, e dal controllo di segnali mitogenici

intracellulari come Ras. La perdita del contatto con la membrana e il silenziamento delle vie

proliferative (Ras, ERK, MAPK) sono segnali cruciali per avviare un differenziamento

epidermico ordinato.

RISPOSTA UNIFICATA – Parte 4: Angiogenesi e vasculogenesi – Delta-Notch, Tip/Stalk,

migrazione, anoikis, p53, Eph/ephrine

L’angiogenesi è il processo attraverso cui si formano nuovi capillari a partire da vasi

preesistenti, ed è distinta dalla vasculogenesi, che si verifica durante lo sviluppo embrionale

a partire da cellule mesodermiche indifferenziate (angioblasti).

In condizioni fisiologiche, l’angiogenesi è strettamente regolata da segnali molecolari come il

VEGF-A, prodotto in risposta a ipossia. La tensione di ossigeno viene rilevata da un sensore

intracellulare, HIF-1α, che in normossia viene idrossilato e degradato dal sistema ubiquitina-

proteasoma tramite il complesso VHL. In ipossia, HIF-1α non viene degradato, si stabilizza,

trasloca nel nucleo e si associa a HIF-1β per attivare programmi trascrizionali adattativi, tra

cui quelli per VEGF, enzimi glicolitici e, nel rene, eritropoietina.

La prima fase dell’angiogenesi è la destabilizzazione del vaso esistente. Le cellule endoteliali,

che normalmente sono organizzate in modo epitelio-simile, perdono i contatti reciproci

mediati da VE-caderina (e non E-caderina) e si distaccano dalla lamina basale e dai periciti.

Questo processo, che espone le cellule al rischio di anoikis (una forma di apoptosi da

distacco), è mediato da un loop autocrino di angiopoietina-2, che agisce su Tie2.

La sopravvivenza delle cellule endoteliali è garantita dal segnale anti-apoptotico del VEGF,

che attiva PI3K e blocca l’apoptosi. Inizia così il germoglio vascolare, organizzato come una

fila di cellule endoteliali: in testa troviamo la Tip cell, dietro le Stalk cells.

La Tip cell, che percepisce il gradiente di VEGF più intensamente, si attiva motogenicamente

attraverso PI3K → PIP3 → CDC42, e forma filopodi che ne guidano la migrazione verso la fonte

del segnale. Non prolifera.

Le Stalk cells proliferano ma non migrano. Questa polarizzazione è resa possibile dal sistema

Delta-Notch: la Tip cell esprime Delta, che attiva Notch nelle Stalk cells e ne sopprime la

sensibilità al VEGF, impedendo loro di migrare.

Questo meccanismo di inibizione laterale è quindi fondamentale per mantenere

l’organizzazione del cordone endoteliale: una sola Tip cell guida la migrazione, mentre le altre

proliferano per allungare il vaso. È lo stesso principio molecolare di Delta-Notch, applicato

però in un contesto morfogenetico dinamico.

Infine, nella fase terminale, avviene la stabilizzazione del vaso: le cellule endoteliali

circolarizzano, ristabilendo i contatti VE-caderinici, riprendono i rapporti con i periciti e la

lamina basale grazie a angiopoietina-1, rilasciata dai periciti stessi, che agisce sempre su Tie2

ma con effetto opposto rispetto alla Ang-2.

La compartimentazione artero-venosa è regolata dal sistema Eph-ephrine: le cellule

endoteliali che esprimono ephrine differenziano in senso arterioso, mentre quelle che

esprimono i recettori Eph in senso venoso.

Il sistema angiogenetico, come abbiamo visto, è altamente orchestrato e condiviso in parte

con meccanismi presenti anche in altri contesti di morfogenesi (come nell’epidermide, nella

mammella e nell’intestino), a dimostrazione della modularità e versatilità di vie come Delta-

Notch, PI3K, Ras, Eph-ephrine, che tornano ciclicamente in contesti diversi.

Perché il tumore è paragonabile a una ferita aperta che non guarisce ma, Perché un tumore è

come una ferita che non guarisce mai?, Perché un tumore è paragonabile a una ferita aperta?

“Perché un tumore è paragonabile a una ferita che non guarisce mai?”

Un tumore è stato paragonato a una ferita che non guarisce mai perché entrambi attivano, in

maniera sorprendentemente sovrapponibile, una serie di processi biologici che coinvolgono il

tessuto connettivo, le cellule immunitarie, i fattori di crescita, e la vascolarizzazione. Tuttavia,

se nel contesto della ferita questi processi sono finalizzati alla riparazione e alla restitutio ad

integrum del tessuto danneggiato, nel tumore questi stessi meccanismi vengono

patologicamente cooptati e permanentemente riattivati a vantaggio delle cellule

neoplastiche. In altri termini, il tumore “mima” la ferita, ma ne perpetua i segnali, in maniera

cronica e non risolutiva, con l’unico scopo di sopravvivere, proliferare, invadere e

metastatizzare.

Quando si forma una ferita, l’organismo reagisce rapidamente con l’attivazione delle

piastrine, le qu

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Scienze biologiche BIO/17 Istologia

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