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PRESTITO
● Epilogo di un processo di interferenza fra due lingue, che si traduce nell’acquisizione
per imitazione da parte di una di esse (lingua replica) di un tratto linguistico che
esisteva prima del contatto in un altra lingua (lingua modello).
Riconoscimento del prestito: elemento cruciale non è tanto l’aspetto straniero
dell’elemento linguistico ma la circostanza che si possa dimostrare o meno un rapporto di
imitazione tra tale elemento e il modello esogeno.
Un’indagine sul prestito rientra sempre in una dimensione storica.
È il punto di arrivo di un processo non lineare in cui si intrecciano fattori diversi: influssi
stranieri, spinte imitatrici della lingua replica, scelte del parlante.
Alcuni criteri per rintracciare modello e replica:
- anomalie del significante rispetto alla norma
- fonetica storica
- mancato verificarsi di un mutamento fonetico
- principio dell’evidenza cumulativa
Motivazioni del prestito:
prerequisito necessario: bilinguismo, il parlante bilingue costituisce il tramite più efficace per
trasmettere qualsiasi novità.
Inoltre, avremo l’intensificarsi del turismo di massa, i nuovi mezzi di comunicazione e il
massiccio utilizzo dell’informatica → attraverso cui la maggior parte dei prestiti penetra
immediatamente fra gli strati più ampi della popolazione.
Favoriscono una radicale rivoluzione negli usi linguistici e accelerano le occasioni di
interscambio, riducendo sempre di più le “distanze” geografiche tra le lingue.
Ulteriore motivazione per cui una comunità accetterà nuovi usi linguistici è il prestigio che
circonda una lingua modello.
Una comunità linguistica può reagire
● negativamente, manifestando un comportamento puristico e censorio
● positivamente, accogliendo ogni novità come tentativo di innovazione e
modernizzazione
● in modo asettico, assumendo un prestito come mera necessità comunicativa priva di
implicazioni ideologiche o culturali.
Se una comunità che subisce l’interferenza si sente minacciata nella sua autonomia
culturale, avremo —> calchi, in cui l’apporto straniero è meno appariscente. Verranno invece
trascurati i prestiti.
Motivazione cruciale: urgenza di denominare nuove entità.
È il caso dei prestiti di necessità —> elementi lessicali stranieri vengono utilizzati da
un’altra lingua per colmare un vuoto lessicale.
I prestiti di lusso invece —> introdotti nonostante nella lingua replicano ci siano voci già
esistenti che designano o potrebbero designare la realtà extralinguistica a cui viene
associato il prestito, es.: chef vs capocuoco
Spesso è una distinzione riduttiva, in quanto un elemento lessicale straniero al posto di uno
indigeno può trasmettere connotazioni e valori semantici o culturali aggiuntivi che sono
necessari per le esigenze comunicative dei parlanti.
Modalità sociolinguistiche di assunzione dei prestiti:
● un prestito sorge poiché espressione di un’acquisizione individuale che va ad
estendersi ad una cerchia sempre più ampia di parlanti
● un prestito può assumere la funzione di simbolo sociale che contraddistingue un
gruppo sociale da un altro
Tipi di prestito:
una parola straniera può entrare a far parte di un’altra lingua in forme diverse
● in forma adattata —> prestiti adattati al sistema della lingua replica (treno-train)
● in forma non adattata —> prestiti non adattati, accolti così come sono nella lingua
modello (blitz)
Ci sono diversi gradi di adattamento e fra i prestiti adattati e quelli non adattati c’è una vasta
gamma di casi intermedi.
Prestiti mediati: fra la lingua modello e la lingua replica si inserisce una terza lingua che
funge da filtro che condiziona la ricezione da parte del parlante.
Ci sono lingue che fungono da mediatrici più di altre: per es, l’inglese —> mediatore per
parole come canguro e koala che giungono dall’Australia, il francese nell’Ottocento in quanto
lingua di cultura in Italia è stato il tramite per molti prestiti inglesi in italiano.
Prestiti apparenti: inclusi in questa categoria sono i
● prestiti decurtati: espressioni di origine straniera che appaiono in forma abbreviata.
La differenza rispetto al modello riguarda il significante, es.: ing. basket(ball),
(boy)scout. Il parlante della lingua replica cerca di tenere più adattabile il composto
percepito come troppo lungo.
● appellativi dai nomi propri: il nome proprio straniero viene utilizzato come
appellativo per un oggetto che ha una specifica relazione con la persona che porta
quel nome, con un marchio depositato o di fabbrica, es.: ital. biro, penna a sfera dal
nome dell’ingegnere ungherese Birò. Avviene uno slittamento semantico dovuto ad
erronea interpretazione del nome proprio come appellativo.
● toponimi divenuti appellativi: caso in cui dei nomi geografici sono diventati nomi
comuni.
● falsi prestiti: espressioni create con modelli stranieri ma prive di un modello nella
presunta lingua modello. È una forma documentabile attraverso due tipologie: A)
unità lessicali analizzabili come straniere ma sconosciute alla lingua modello e B)
espressioni presenti sì nel vocabolario della lingua modello ma utilizzate con un
senso o funzione che in essa non trovano riscontro.
Prestiti di ritorno: prestiti migrati da una lingua all’altra rientrano, in epoca successiva, nella
lingua modello con adattamento formale e ristrutturazione semantica nuovi, acquisiti nella
lingua replica. Tale denominazione non è del tutto pertinente poiché la parola che ritorna non
è la stessa a suo tempo presa a prestito dalla lingua straniera.
Prestiti ripetuti: voci prese a prestito da una stessa lingua in momenti diversi e successivi o
in modo parallelo all’interno di aree geografiche, gruppi sociali, linguaggi settoriali
(tecnico-scientifici), con evidenti o parziali modifiche sul piano formale.
Può essere accostato al concetto di etimologia multipla, ovvero la possibilità di far risalire
una parola dall’interazione di più modelli.
Prestiti interni: o meglio dialettalismi o anche regionalismi. Assunti per colmare dei vuoti
referenziali in italiano, nel caso della mancanza di una parola corrispondente a tradizioni e
usi locali; sono tratti da vari campi, dalla gastronomia alla cultura materiale alla vita
quotidiana.
Si possono classificare in categorie diverse a seconda della funzione che svolgono
nell’italiano , dell’adattamento, del loro rapporto con le varietà della lingua.
Prestiti dotti: sono riconducibili a stadi più antichi della lingua che nel caso dell’italiano e
delle lingue romanze includono anche vocaboli latini non tramandati in maniera ininterrotta
ma recuperati per altre vie, es.: alter ego, curriculum.
Alle volte è intervenuto un parziale adattamento che li ha resi meno trasparenti, es.: egregio.
Molti di questi prestiti (latinismi) penetrano in italiano non direttamente dal latino ma da altre
lingue che li hanno riesumati conferendogli una nuova accezione, dall’inglese per es.:
solarium, auditorio, item.
Acclimatamento e integrazione:
L’elemento lessicale straniero deve
● sia contrastare la resistenza della comunità che può decidere se accoglierlo o meno
● sia condividere il destino delle altre unità lessicali e quindi riuscire ad attecchire nel
lessico e non risultare obsoleto, o peggio cadere in disuso.
Si può quindi, verificando il successo di un prestito in una data lingua e valutandone il grado
di durata, distinguere fra
1. prestiti definitivi —> parole straniere ben ambientate di cui il parlante
probabilmente ignora la provenienza, ponendole sullo stesso piano delle innovazioni
indigene
2. prestiti non riusciti —> che non hanno fortuna e vengono espulsi da una lingua, o
che vengono adoperati solo per un certo periodo
La comunità linguistica sottopone ad un ragionevole decantazione e ad un successivo
sdoganamento le novità lessicali: la lingua replica non rimane passiva davanti all’ingresso di
materiale straniero durante il procedimento del prestito.
In questo contesto si inseriscono due processi, quelli di
acclimatamento —> può non comportare sensibili modifiche della parola, che può anche
restare aderente alla struttura originale, es.: boutique.
La conferma dell’acclimatamento si riscontra in italiano nella presenza di derivati dai prestiti,
es.: golf —> golfino.
integrazione —> si ha con l’adattamento del termine alle strutture della lingua replica, ne
esistono vari tipi:
● integrazione grafica: sostituzione di grafemi stranieri sconosciuti alla lingua replica
con altri propri, quindi la veste esteriore del prestito si adegua alle convenzioni
indigene. Mantengono la grafia originale i prestiti meno antichi, ma soprattutto
bisogna sottolineare che la tendenza alla conoscenza più diffusa della lingua
straniera fa preservare la grafia originale.
● integrazione fonetico-fonologica: fenomeni di sostituzione o adattamento a cui sono
sottoposti i foni di un prestito se questi non sono presenti nella lingua ricevente o non
vengono utilizzati nello stesso modo. Vengono sostituiti: per approssimazione, per
adeguamento meccanico, per analogia.
● integrazione morfologica: il prestito può essere alterato in maniera minima come nel
caso dell’integrazione grammaticale o in modo più vistoso come nel caso
dell’allineamento suffissale.
● integrazione lessicale e semantica: fenomeni di adattamento del prestito compiuti
dalla lingua replica nell’impresa di aggregare la parola straniera al proprio repertorio
lessicale. Ciò avviene con la creazione di composti in cui un elemento indigeno serve
a motivare e rendere trasparente il termine esogeno, es.: ted Tuffstein “tufo”, tufus
(latino tardo) rideterminato con Stein, “pietra”.
CALCO
Lo spunto da cui si origina l’interferenza in questo caso è il significato, per questo motivo il
calco presuppone che la parola straniera appaia motivata.
Imitazione della “forma interna”, comporta un intervento più attivo del semplice adattamento
dato che il parlante attua un’analisi sia morfologica, sintattica che semantico-lessicale.
Affinché possa avere luogo è essenziale che la parola straniera sia segmentabile in unità
inferiori interpretabili nella loro funzione e che ad esse corrispondano nella lingua replica
altrettanti elementi che rendano possibile una riproduzione almeno approssimativa.
- calco strutturale —> quando vengono mutuati sia il contenuto semantico sia la struttura
formale della forma tratta da un’altr