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Questi moduli furono i più avanzati: pannelli sandwich in legno, tetto in vasche metalliche, isolamento termico.
Montabili a secco, pensate per durare, non solo per l’emergenza.
Maison Métropole (1949)
Evoluzione della casa 8×8, promossa dal Ministero della Ricostruzione francese. Dodici esemplari vennero costruiti nella
città giardino di Meudon. Era la prima casa permanente industrializzata di Prouvé:
Lamiera piegata per travi e portanti.
Pannelli metallici standardizzati.
Copertura in alluminio, isolamento termico.
Disassemblabile e ricollocabile.
Questa casa incarnava perfettamente l’ideale di una casa per tutti, dignitosa, economica e funzionale.
Les Jours Meilleurs (1956)
Progetto manifesto di una casa minimalista, modulare e sostenibile.
57 m², costruita in meno di 7 ore.
Struttura centrale prefabbricata che integra cucina e servizi.
Copertura in alluminio, pannelli sandwich termoformati.
Progetto troppo rivoluzionario per l’epoca: solo 5 esemplari costruiti.
Prouvé collaborò con l’abbé Pierre, che gli commissionò un prototipo per le abitazioni dei senzatetto. Il progetto non fu
approvato per la produzione su larga scala, ma rimane simbolo dell’architettura sociale.
Scuola di Villejuif (1950)
Edificio scolastico prefabbricato:
Montanti in lamiera d’acciaio, copertura in legno lamellare.
Facciata completamente vetrata, ventilazione naturale.
Smontabile, ricollocabile: anticipa temi oggi centrali (climatica, flessibilità, prefabbricazione).
Casa personale (1954)
La sua abitazione a Nancy è il compendio della sua poetica costruttiva:
Telaio metallico, pannelli in alluminio brevettati.
Estendibile, modulare, con ambienti razionali e luminosi.
Arredi integrati, cuciti su misura alla struttura.
Casa tropicale (anni '50, Africa)
Versione adattata della casa 8×12 per climi caldi:
Pilotis, ventilazione naturale, pannelli leggeri.
Brise-soleil mobili per schermatura solare.
Esempio precoce di architettura bioclimatica modulare.
TV Tower (1984)
Ultima opera: una torre di avvistamento in cemento per monitorare le inondazioni marine.
Struttura cilindrica con scala interna e terrazza.
Unico uso massivo del cemento in un'opera di Prouvé.
Testamento materiale di una carriera votata alla tecnica.
6. Eredità e influenza
Prouvé fu presidente della giuria che nel 1971 assegnò a Renzo Piano e Richard Rogers il concorso per il Centre
Pompidou. Fu un mentore diretto e spirituale per molte figure dell’architettura contemporanea. La sua opera è oggi
.
presente in musei, gallerie, collezioni, perché è riproducibile, smontabile, esponibile
7. Conclusione: architettura come sistema
Per Jean Prouvé, l’edificio è un meccanismo integrato: non un’opera d’arte, ma una macchina abitabile fatta di
componenti pensati per essere prototipati, adattati, montati e dismessi. In un’epoca che riscopre la prefabbricazione, la
sostenibilità e il design per l’inclusione sociale, Prouvé è più attuale che mai
Jean Prouvé pensava all’edificio come a un sistema integrato di elementi, non come a una forma da “disegnare”. La sua
poetica era fatta di forze, materiali, componenti, equilibrio statico, montaggio e smontaggio, un approccio molto più
vicino alla meccanica che alla composizione artistica.
Ancora oggi, Prouvé è uno degli architetti più esposti, copiati, ristudiati al mondo, perché ha anticipato di decenni i temi
dell’architettura sostenibile, flessibile, modulare e industrializzabile.
Renzo Piano: architetto della leggerezza e della sperimentazione
Renzo Piano, nato a Genova il 14 settembre 1937, è una delle figure più influenti dell’architettura contemporanea.
Architetto di fama mondiale e senatore a vita, ha operato in tutto il mondo, portando un linguaggio architettonico
profondamente radicato nella tradizione italiana, ma orientato all’innovazione tecnologica e alla sostenibilità
ambientale. Le sue opere sono sempre caratterizzate da una forte componente sperimentale e didattica: i suoi cantieri
sono veri e propri laboratori progettuali, dove l’innovazione si sviluppa in parallelo alla costruzione.
Formazione e Maestri
Fin da giovane, Renzo Piano è stato influenzato da una tradizione familiare legata alla costruzione di imbarcazioni. Il
padre, artigiano delle barche, gli trasmette una profonda conoscenza dei materiali – in particolare del legno – e delle
loro proprietà fisiche e meccaniche. Questa sensibilità per il “fare” rimarrà una costante nel suo approccio progettuale.
Dopo aver iniziato gli studi di architettura a Firenze nel 1958-59, dove viene influenzato da figure come Brunelleschi e
Pier Luigi Nervi, si laurea nel 1964 al Politecnico di Milano. A Firenze entra in contatto anche con l'architettura radicale
degli anni Sessanta, in particolare con i gruppi Superstudio e Archizoom, che contribuiscono alla sua apertura verso un
linguaggio più sperimentale e provocatorio.
Durante la formazione e i primi anni di carriera, Renzo Piano collabora con importanti maestri:
Franco Albini: noto per la sua attenzione al dettaglio e alla componente artigianale. Un oggetto emblematico
del suo stile, la libreria Il Veliero, influenza profondamente la concezione strutturale di Piano, che ne riprende
le logiche reticolari e sospese.
Ciriaco (Ciri) Bini: ingegnere e professore di tecnologia, introduce Piano alla prefabbricazione leggera, tema che
diventerà centrale nella sua carriera. Sotto la sua guida, Piano lavora su una tesi dedicata alla “coordinazione
modulare”, studiando la combinabilità dimensionale degli elementi costruttivi.
Marco Zanuso: architetto e designer, considera la prefabbricazione una forma di poesia costruttiva. Con lui,
Piano partecipa alla prima mostra internazionale della prefabbricazione leggera (Milano, 1962).
Jean Prouvé: figura chiave nella maturazione di Piano. Nell’atelier di Maxeville apprende i cinque principi
fondamentali dell’architettura leggera:
1. Prefabbricazione leggera.
2. Cantiere come officina di montaggio a secco.
3. Eleganza del giunto.
4. Istinto del costruttore.
5. Sensibilità sociale.
Ricerca e sperimentazione: verso il Centre Pompidou
Dal 1965 al 1969, Piano costruisce un proprio laboratorio sperimentale sugli Erzelli di Genova, dove sviluppa cinque
brevetti:
1. Sistema costruttivo per pareti modulari.
2. Copertura in elementi gonfiabili in polietilene.
3. Incastro per travi e pilastri prefabbricati in cemento armato.
4. Una macchina per produrre strutture a guscio.
5. Un pannello di copertura in poliestere rinforzato.
Questi sistemi prefigurano il suo metodo progettuale: ogni dettaglio è concepito come un dispositivo tecnico ad alto
valore espressivo.
Nel 1971, in collaborazione con Richard Rogers, vince il concorso per il Centre Pompidou a Parigi. Il progetto, radicale
per l’epoca, esternalizza tutti gli impianti e gli elementi funzionali, rendendo lo spazio interno completamente libero. Il
cantiere del Pompidou diventa un punto di svolta nella sua carriera, sancendo l’inizio di una fase internazionale.
Il MUSE di Trento: un laboratorio di sostenibilità
Nel contesto della riqualificazione dell’area ex-industriale delle Albere a Trento, tra il 2002 e il 2013 Renzo Piano realizza
un progetto urbano integrato che comprende residenze, una biblioteca universitaria (BUC) e il Muse – Museo delle
Scienze.
Un progetto urbano integrato
Il sito, precedentemente inquinato e occupato da stabilimenti industriali, viene bonificato e trasformato in un quartiere
sostenibile, con ampi spazi verdi e connessioni pedonali. Il Museo sorge su un terreno in parte allagabile e si relaziona
visivamente con le Dolomiti, da cui riprende le forme frastagliate della copertura.