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SEZIONE I – LA CODIFICAZIONE DEL DIRITTO GENERALE
1. La nozione di codificazione
L’esigenza di codificare il diritto si è avvertita anche nel diritto internazionale. La codificazione ha lo scopo
di rafforzare la certezza del diritto attraverso la redazione di testi normativi che recepiscano la normativa
non scritta. La realizzazione di tale scopo comporta tuttavia una serie di inconvenienti. Il passaggio da una
norma non scritta ad un testo normativo altera l’effetto giuridico proprio della norma consuetudinaria, che
una volta codificata, attuerà l’effetto del testo fonte in cui essa viene recepita. Inoltre la codificazione finisce
con l’alterare anche la natura della fonte consuetudinaria, che è capace di adeguare il diritto alla mutevole
realtà sociale. Una volta codificata la norma consuetudinaria seguirà le vicende dell’atto fonte che l’ha
recepita, e che, per essere modificato, richiede l’adozione di un atto eguale e contrario a quello originario.
Nell’ordinamento internazionale la codificazione è operata attraverso la conclusione di trattati.
2. Le attività di codificazione intraprese dalle Nazioni Unite
La Carta delle Nazioni Unite ha dato un impulso alla codificazione. Infatti, l’art 13 della Carta assegna
all’Assemblea generale il compito di intraprendere studi e fare raccomandazioni per promuovere lo
sviluppo progressivo del diritto internazionale e la sua codificazione. A tal fine, l’Assemblea generale ha a
disposizione la Commissione del diritto internazionale, un organo sussidiario composto da 34 membri
competenti nel campo del diritto internazionale ed eletti a titolo personale dall’Assemblea generale. La
Commissione lavora in base a rapporti predisposti da un relatore speciale, che si concludono con una
proposta di articolato relativa alla materia da codificare. La proposta viene discussa dalla Commissione,
che la sottopone agli Stati membri per poi approvare un testo indicativo dello stato del diritto
internazionale in materia. Tale testo viene poi sottoposto alla VI Commissione dell’Assemblea generale, che
potrà decidere se promuovere la conclusione di un accordo di codificazione oppure limitarsi ad adottarlo
come atto privo di un proprio valore normativo.
Non è possibile paragonare la codificazione del diritto internazionale mediante accordi all’imponente
attività di codificazione del diritto interno attuata in vari ordinamenti statali nel XIX secolo. Le differenze
sono due:
nel diritto interno, la legge ha portata generale come la consuetudine. Perciò essa sostituisce
• completamente la consuetudine nella regolazione delle condotte dei consociati. Nel diritto
internazionale, invece, i trattati di codificazione sono fonte di diritto solo per le parti che vi hanno
aderito. Di conseguenza, essi non abrogano la consuetudine, che continuerà a regolare i rapporti
tra gli Stati che non hanno concluso l’accordo di codificazione, e tra essi e gli Stati che li hanno
conclusi;
nel diritto interno, l’utilizzo della legge come strumento di codificazione ha l’effetto di mutare il
• valore normativo della normativa codificata. La legge è, infatti, una fonte sovraordinata alla
consuetudine; di conseguenza, dopo essere stata recepita in una legge, la consuetudine cessa i suoi
effetti e non può evolversi in difformità alla legge. Nel diritto internazionale, invece, gli accordi di
codificazione non impediscono alla consuetudine di continuare la sua evoluzione e possono essere
modificati o abrogati da una consuetudine sopravvenuta.
Alla luce di ciò, il trattato non sembra lo strumento migliore per codificare il diritto internazionale. In
alternativa, la codificazione avviene attraverso un testo di codificazione, privo di valore normativo, che ha
solo l’effetto di costituire un autorevole punto di vista in materia.
3. Gli effetti della codificazione
Il successo della codificazione nell’ordinamento internazionale risiede nella sua capacità di orientare i
comportamenti degli attori internazionali. L’attività di codificazione può produrre diversi effetti:
trasferimento del contenuto di una norma consuetudinaria in un testo scritto;
• 36
formazione di una nuova norma non corrispondente alla prassi (si tratterà di un fenomeno di
• sviluppo progressivo del diritto internazionale);
cristallizzare il diritto esistente;
• provocare un’evoluzione rapidissima del diritto consuetudinario verso modelli normativi adottati
• con un strumento di codificazione;
impedire l’evoluzione del diritto internazionale o addirittura far retrocedere il diritto
• internazionale verso soluzioni meno avanzate e più gradite agli Stati.
4. I rapporti tra norme consuetudinarie e trattati di codificazione
La codificazione del diritto mediante trattati può comportare un problema nei rapporti tra norme
consuetudinarie e trattati di codificazione. Bisogna considerare se la conclusione del trattato di
codificazione abbia un effetto di novazione, cioè se esso renda inapplicabile la precedente disciplina
consuetudinaria. Tuttavia, la recezione di norme consuetudinarie in un trattato di codificazione ha lo scopo
di prestare certezza al diritto non scritto, non di fermare il processo di evoluzione del diritto
consuetudinario tra gli Stati parte.
A meno che, quindi, dal trattato di codificazione non emerga la volontà di far cessare gli effetti delle regole
consuetudinarie, le parti di un trattato di codificazione saranno vincolate a doppio titolo, cioè sia dalle
norme consuetudinarie che dal trattato, quando tra le due categorie di norme via sia coincidenza di
contenuto.
5. Vicende del trattato di codificazione e regole consuetudinarie
Se la conclusione di un trattato di codificazione non ha l’effetto di abrogare le precedenti norme
consuetudinarie, le vicende del trattato non dovrebbero avere effetti su tali norme. Perciò, una riserva
apposta alla disposizione di una convenzione di codificazione dovrebbe riguardare solo tale disposizione,
lasciando inalterato il valore giuridico della corrispondente norma consuetudinaria, che andrebbe
applicata anche nei confronti dello Stato che ha effettuato la riserva. Tuttavia, la norma consuetudinaria
continuerà a vincolare gli Stati nonostante la corrispondente disposizione convenzionale sia coperta da
riserva.
L’evoluzione del diritto consuetudinario successiva rispetto alla conclusione di un accordo di codificazione
dovrebbe comportare la modifica dell’accordo e, quindi, l’inapplicabilità delle norme convenzionali anche
nei rapporti tra le parti. Se infatti la codificazione di norme non scritte, e la loro incorporazione in un
trattato, non toglie a tali norme la loro natura consuetudinaria, essa non dovrebbe escludere l’effetto del
diritto consuetudinario di abrogare norme convenzionali già esistenti al momento in cui la consuetudine si
forma. S EZIONE II – IL COORDINAMENTO FRA NORME DI PARI VALORE
1. Conflitto e coordinamento nelle dinamiche normative internazionali
L’assenza di una gerarchia tra le fonti internazionali evidenzia come il diritto internazionale sia fondato sul
principio dispositivo. A volte le fonti internazionali hanno pari valore formale e possono quindi interferire
tra loro. Un conflitto può sorgere tra:
norme di carattere generale o particolare, qualora esse disciplinino in maniera diversa la
• medesima fattispecie;
norme consuetudinarie, che disciplinano materie diverse;
• trattati, per il fatto che essi hanno natura di fonti del diritto particolare;
• trattati multilaterali, che regolano aspetti diversi della vita di relazioni internazionali.
•
Sono perciò necessarie dei meccanismi di coordinamento, per evitare tali contrasti.
2. L’art.31, par.3, lett.c) della Convenzione di Vienna come tecnica di coordinamento
Un’importante tecnica di coordinamento è stabilita dall’art.31, par.3 lett c) della Convenzione di Vienna sul
diritto dei trattati. Essa prevede che l’interpretazione di un trattato vada compiuta alla luce delle altre
regole di diritto applicabili nei rapporti tra le parti. Tale articolo impone di considerare il contesto
rappresentato dall’insieme di tutte le norme giuridiche che governano i rapporti tra le parti.
37
Tuttavia, l’art.31, par.3 lett c) della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati stabilisce anche dei limiti:
la considerazione di norme esterne è ammessa solo qualora esse siano vincolanti per tutte le parti del
sistema convenzionale da interpretare.
3. Il coordinamento fra sistemi normativi e la tecnica di interpretazione “globale”
La ridotta operatività dell’art.31 è compensata dalla tendenza della giurisprudenza ad utilizzare accordi
esterni a fini interpretativi, anche al di fuori dei ristretti limiti di applicazione di tale disposizione. Esistono
due diverse tecniche interpretative di coordinamento fra sistemi normativi:
meccanismo di tipo formale : stabilisce che l’interpretazione di una disposizione va
• contestualizzata non solo nell’ambito del sistema convenzionale di appartenenza, ma anche alla
luce del più vasto insieme normativo composto dalle regole internazionali vincolanti per le stesse
parti. Questa tecnica consente di connettere sistemi normativi formalmente diversi e, quindi, di
armonizzare conflitti fra questi sistemi;
meccanismo che consente di considerare norme internazionali anche se non vincolanti per tutte le
• parti dell’accordo da interpretare: tale meccanismo non è di carattere obbligatorio. Esso si fonda
unicamente sul margine di discrezionalità proprio dell’attività interpretativa e, quindi, cede
rispetto ad indicazioni contrarie che emergano dall’utilizzo delle altre tecniche di interpretazione
dei trattati. Il richiamo di norme esterne non vincolanti per tutte le parti non è effettuato a fini
formali. Esse possono essere utilizzate per determinare le tendenze e gli orientamenti della
comunità internazionale rispetto a cui collocare l’attività interpretativa vera e propria.
SEZIONE III – TECNICHE NON GERARCHICHE DI SOLUZIONE DEI CONFLITTI
1. La successione nel tempo di norme convenzionali incompatibili
La successione nel tempo di più trattati aventi il medesimo ambito soggettivo non pone problemi se gli
obblighi che ne derivano sono tra loro:
compatibili , essi concorreranno a formare la disciplina giuridica applicabile alle parti;
• incompatibili , l’art.30, par.3 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati prevede che gli
• obblighi stabiliti dal trattato successivo prevarranno rispetto a quelli stabiliti dal trattato
precedente.
Il problema sorge in presenza di trattati incompatibili aventi un ambito soggettivo solo parzialmente
coincidente. La prassi, la logica giuridica e l’ordinamento internazion