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LA SEMILIBERTÀ (art. 50 O.P.)

La semilibertà è una delle misure alternative alla detenzione più antiche nel

nostro sistema giuridico. All’interessato (sia condannato sia internato) viene

concesso di trascorrere parte della giornata fuori dall’istituto penitenziario, per

compiere attività lavorative o di istruzione o comunque attività utili al suo

reinserimento sociale. Conclusa la giornata lavorativa, di studio, ecc.

l’interessato rientra in istituto e lì trascorre la notte. E così via, giorno dopo

giorno. Vedremo quando si può concedere questa misura: segnaliamo fin da

subito che è una misura che in genere si sceglie nei confronti di persone che

hanno dimostrato sì un certo grado di affidabilità ma non così elevata da

meritare misure più ampie come l’affidamento in prova al servizio sociale.

Proprio perché non sussistono i presupposti per concedere una misura più ampia,

ibrido tra libertà e

l’interessato viene inserito in un meccanismo che è un

carcere. Questo spiega perché, in termini di qualificazione giuridica, le persone in

semilibertà vengono considerate a tutti gli effetti come detenuti, anche se

trascorrono parte della giornata all’esterno.

Ad ogni modo, quando l’interessato è ammesso al regime di semilibertà viene

assegnato ad appositi istituti o, più frequentemente, ad apposite sezioni. La

separazione dei semiliberi dagli altri detenuti risponde, fra le altre cose, ad

esigenze di tipo organizzativo: queste persone, uscendo e rientrando

periodicamente dal carcere, necessitano di numerosissimi controlli e al contempo

si vuole evitare che il semilibero venga esposto a pressioni da parte degli altri

detenuti (esempio: spingerlo a tenere delle condotte illecite all’esterno in loro

conto). Inoltre, l’art. 48 co. 2 O.P. prevede che i condannati e gli internati che

sono ammessi al regime di semilibertà debbano indossare abiti civili. Questa

previsione doveva costituire una sorta di privilegio concesso ai semiliberi rispetto

agli altri detenuti. Gli altri detenuti, ad eccezione dei minorenni, degli imputati e

dei condannati ad una pena detentiva inferiore a un anno, infatti, avrebbero

dovuto indossare abiti forniti dall’amministrazione penitenziaria: questo dice

l’art. 7 O.P. Per cui, l’art. 48 co. 2 O.P., prevedendo che il semilibero potesse

indossare abiti civili, voleva dotare il semilibero di una sorta di privilegio.

Tuttavia, questa regola dettata dall’art. 7 O.P., di fatto non è mai stata applicata:

quindi noi sappiamo che tutti i detenuti oggi indossano abiti di loro proprietà.

Quindi anche questo privilegio/differenziazione di vestiario, in realtà, non è mai

stato attuato.

Le ipotesi di semilibertà – requisiti oggettivi

In origine, erano previste due forme di semilibertà: una semilibertà obbligatoria

(prevista dall’art. 49 O.P.) e una semilibertà facoltativa (prevista dall’art. 50 O.P.).

Tuttavia, l’ipotesi obbligatoria è stata abrogata dalla l. n. 689/1981 quindi nel

nostro ordinamento oggi esiste la semilibertà prevista dall’art. 50 O.P. che quindi

43

consente al giudice di applicare in via facoltativa la semilibertà (non è perché è

obbligato dal sistema normativo ma è perché ne riscontra i presupposti).

Nell’ambito di questa disposizione (art. 50 O.P.), possiamo individuare tre ipotesi

di semilibertà, che si differenziano in relazione ai limiti oggettivi di pena che ne

consentono la fruizione. breve

I ipotesi → si riferisce a condannati che devono espiare pene di

 la pena

durata: possono essere espiate in regime di semilibertà,

dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a 6 mesi , se il

condannato non è affidato in prova al servizio sociale. Non è chiaro se il

legislatore intenda riferire il limite dei 6 mesi o anche all’arresto: il dato

normativo sembra riservare il limite di pena solo alle ipotesi di reclusione.

Tuttavia, anche qui c’è dibattito: alcuni ritengono che il limite valga solo se

si deve espiare la pena della reclusione, altri ritengono che non avrebbe

senso limitare l’accesso alla misura anche nelle ipotesi dell’arresto. Ad

ogni modo, riferendosi a pene decisamente brevi, questa forma di

semilibertà punta ad attenuare gli effetti desocializzanti connessi alla

detenzione breve. Noi sappiamo, infatti, che quando il condannato entra in

carcere, anche solo per poco tempo, è costretto a lasciare il lavoro, ad

allontanarsi dalla famiglia, ecc. Per cui, l’adozione della semilibertà

permette al condannato di conservare, seppur per limitate ore al giorno, la

dimensione esterna giornaliera che sarebbe preclusa dall’ingresso

integrale in istituto. Facciamo attenzione: abbiamo detto che la semilibertà

comunque è una misura molto afflittiva, dato che non interrompe

integralmente il contatto con il carcere. Proprio per questa sua invasività,

co. 1

il legislatore ha precisato espressamente nell’art. 50 O.P. che la

semilibertà non si applica se può essere concesso l’affidamento in prova al

servizio sociale (che è una misura di gran lunga meno invasiva) – perché

se ci sono i presupposti per ammetterlo all’affidamento in prova al servizio

sociale, bisogna preferirlo perché è meno afflittiva e ha contenuti

maggiormente risocializzanti. lunga

II ipotesi → si riferisce a condannati che devono espiare pene di

 durata. Di diverso rispetto all’ipotesi appena considerata, c’è che questa

seconda fattispecie aggancia la fruibilità del beneficio non tanto a un

quantum definito di pena che deve essere ancora espiata ma alla pena già

scontata dal detenuto. Il legislatore ha infatti previsto che, fuori dai casi

del comma 1 (ipotesi per pene brevi), il condannato può essere ammesso

almeno metà della pena.

al regime di semilibertà solo dopo aver espiato A

questo limite temporale fanno, però, eccezione tre casi:

Condannato per uno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater

o dell’art. 4-bis O.P. → in questi casi, il termine da espiare prima di

accedere alla semilibertà è più lungo. Questo significa che quando

una persona condannata per uno dei gravi delitti previsti in queste

disposizioni (esempio: delitti a finalità di terrorismo) intende

accedere alla semilibertà, occorre che egli abbia espiato un termine

più lungo, in particolare almeno 2/3 della pena. Questa eccezione,

però, non si applica se il soggetto, anche dopo la condanna, si è

adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a

conseguenze ulteriori o ha aiutato concretamente l’autorità di

Polizia o giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la

ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori

44

dei reati (art. 58-ter O.P.). In poche parole, se l’interessato

condannato per gravi delitti ha collaborato con la giustizia, il limite

è quello ordinario (almeno metà della pena).

Ergastolano → può essere ammesso al regime di semilibertà solo

o dopo aver espiato almeno 20 anni di pena.

Internato → può fruire della semilibertà in ogni momento.

o

III ipotesi → si riferisce a condannati che devono espiare pene di durata

 intermedia. L’art. 50 co. 2 terzo periodo, infatti, prevede che nei casi

previsti dall’art. 47 O.P. (pena non superiore ai 3 anni) il condannato per

un reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell’art. 4-bis O.P. può

essere ammesso alla semilibertà anche prima dell’espiazione di almeno

metà della pena, se mancano i presupposti per l’affidamento in prova al

servizio sociale. Questa ipotesi era stata pensata per i casi in cui si

dovevano espiare pene che, astrattamente, avrebbero consentito

l’affidamento in prova tradizionale. Quindi, a condannati che dovevano

espiare pene che avrebbero consentito l’affidamento in prova tradizionale,

quindi pene non superiori ai 3 anni, ma che non si dimostravano ancora

pronti per una misura così ampia – quindi la semilibertà veniva utilizzata in

surrogatoria

funzione all’affidamento in prova tradizionale. Oggi noi

sappiamo che è stato introdotto l’affidamento in prova allargato per cui,

dobbiamo ritenere che la semilibertà possa operare anche in funzione

surrogatoria di questo nuovo istituto: significa che se la pena da espiare è

inferiore a 4 anni (limite oggettivo oggi per l’affidamento allargato),

possono ottenere la semilibertà tutti i detenuti che non riescono ad

assicurare i presupposti soggettivi dell’affidamento in prova. Con la

semilibertà si offre un primo assaggio di libertà e dunque si inizia il

percorso di reinserimento; poi, se in un secondo momento il condannato si

dimostra meritevole, magari si concederà l’affidamento in prova al servizio

sociale. In questo caso, il condannato (se non è un 4-bis) può essere

ammesso al regime di semilibertà anche prima dell’espiazione di metà

della pena (è il requisito ordinario della seconda ipotesi).

Requisiti soggettivi della semilibertà

Per quanto riguarda i requisiti soggettivi, dobbiamo distinguere.

Per l’ipotesi prevista relativa alle pene detentive brevi, il giudice deve

 volontà di

valutare se il condannato ha dimostrato la propria

reinserimento nella vita sociale (art. 50 co. 6 O.P.). qui, infatti, la

semilibertà viene richiesta per pene di durata molto breve per cui il

giudice non può avvalersi, per valutare la meritevolezza della misura, dei

progressi fatti registrare dal condannato in corso del trattamento. In altre

parole, qui il legislatore si accontenta di un requisito più blando. Sul

significato da attribuire a questa locuzione, c’è contrasto: segnaliamo che

l’opinione più accreditata ritiene che l’espressione “volontà di

reinserimento nella vita sociale” si sostanzi nella richiesta di un requisito

minimo, centrato sui buoni propositi del condannato – il che naturalmente

favorisce un’ampia applicazione di questa forma di semilibertà.

Quando, invece, l’interessato è stato ristretto in istituto per una porzione

 di pena più consistente, si utilizza un altro criterio previsto dall’art. 50 co.

45

4 O.P. In questi casi, per accedere alla semilibertà, infatti, il giudice è

tenuto a: progressi compiuti

verificare i ne

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Publisher
A.A. 2020-2021
66 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher olivia14 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penitenziario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Natali Karma.