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Analisi sulle Indulgenze citate da Guicciardini nel 1500 e commento del Porcacchi Pag. 1
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Il giudizio di Nardi e del Porcacchi sulla Storia d’Italia

Jacopo Nardi e Tommaso Porcacchi rappresentano due voci chiave della

storiografia rinascimentale, capaci di offrire prospettive diverse ma

complementari sulla storia di Firenze e d’Italia. In un unico quadro critico

possiamo cogliere come, da un lato, Nardi permane al centro dell’esperienza

politica e registra in presa diretta i moti repubblicani fiorentini; dall’altro,

Porcacchi elabora un preciso canone stilistico e metodologico per interpretare

l’opera di Guicciardini, fondato sui poli concettuali di bellezza, misura e verità.

Nato a Firenze nel 1476, Jacopo Nardi vive in prima persona le tensioni che

attraversano la città tra la caduta e il ritorno dei Medici. Divenuto magistrato e

gonfaloniere di Compagnia durante il tumulto del Venerdì del 26 aprile 1527,

Nardi offre un resoconto peculiare della sommossa: non una ribellione

improvvisa e violenta, ma l’esito di una deliberazione formale delle Signorie

che, pur avendo già accettato le richieste degli insorti, assistono impotenti allo

sfaldarsi della calma civica. Nel suo racconto, gli episodi di violenza—come il

ferimento di esponenti filo-medicei—emergono quasi per errore, frutto di un

pregiudizio duro a morire contro chi, pur lontano dalle sale istituzionali,

conserva la fama di sostenitore dei Medici. L’approccio di Nardi è insieme

cronachistico e personale: egli non si limita a trasferire sul foglio gli eventi, ma

testimonia la tensione di un repubblicano che si sente protagonista e custode

della stabilità cittadina. Il suo stile, pur privo di artifizi retorici, evidenzia una

prosa sobria, rapida nel raccontare i fatti e ricca di dettagli che svelano la

complessità delle alleanze e dei risentimenti interni alla comunità fiorentina.

A distanza di qualche decennio, sul versante veneziano, Tommaso Porcacchi

delinea invece la forma ideale dello storico moderno nel Giudizio posto in calce

all’edizione del 1574 della “Historia d’Italia” di Francesco Guicciardini.

L’intervento di Porcacchi non è un semplice encomio, ma un vero e proprio

“manuale di lettura” che usa come lenti interpretative tre categorie

fondamentali. Il primo cardine, la bellezza, è intesa come la capacità della

narrazione di muovere affetti e meraviglia senza indulgere in una retorica fine a

se stessa: l’ideale è una prosa capace di ottenere plauso e consenso grazie alla

chiarezza e all’armonia del linguaggio. Il secondo, la misura, richiama

l’equilibrio di giudizio: lo storico deve sottrarsi tanto all’adulazione dei potenti

quanto alla denigrazione ingiustificata, restituendo ai protagonisti della storia la

loro ambivalenza umana, tra eroismo e colpa, virtù e debolezza. Infine, la verità

emerge come principio metodologico essenziale: la storia non si accontenta di

enumerare avvenimenti, ma mira a spiegare cause prossime e remote, a

confrontare criticamente le fonti e a rendere conto delle ragioni che animano le

azioni individuali e collettive.

Nella disamina formale, Porcacchi esalta la scelta di Guicciardini di privilegiare

una retorica sobria, senza ornamenti superflui, e di calibrare con accuratezza la

costruzione del periodo. Le subordinate e le coordinate paiono dosate per

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Publisher
A.A. 2024-2025
5 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/13 Filologia della letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Starless1974 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia della letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica "e-Campus" di Novedrate (CO) o del prof Zaja Paolo.