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LETTERATURA LATINA
TITO LIVIO Corsista:
ANNO ACCADEMICO 2023/2024
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SAGGIO BREVE MODULO 3 – LETTERATURA LATINA
TITO LIVIO
Tito Livio: i dati biografici
Tito Livio nacque nel 59 a.C. a Padova, ricco centro di provincia, di cui erano noti i costumi
austeri e le tendenze conservatrici. Non sembra che abbia ricoperto magistrature o incarichi
ufficiali, ma le sue condizioni erano certamente agiate; egli poté infatti dedicare la sua vita
all’attività letteraria, senza godere dell’aiuto di protettori potenti.
Nel 30 o nel 29 a.C. si recò a Roma probabilmente per svolgere delle ricerche per la sua
opera storica, il cui I libro fu probabilmente composto e pubblicato fra il 27 e il 25 a.C.. Con molta
probabilità fu proprio la pubblicazione del I libro ad attirare su Tito Livio l’attenzione di Augusto,
che seguì il procedere dell’opera con interesse e che intrattenne con l’autore dei rapporti di
amicizia.
Risultano delle simpatie repubblicane da parte dell’autore, ma ciò non fa assolutamente di
Livio un oppositore del principato. Infatti, nonostante il controllo esercitato da Augusto sui letterati
non fu quasi mai oppressivo, l’esaltazione degli ideali repubblicani non contrastava con i
programmi di Augusto e con l’immagine che voleva dare di sé come restauratore delle istituzioni e
custode dei valori della res publica. Nella prefazione dell’opera Livio accenna all’età
contemporanea con una nota di pessimismo e questo fa dubitare che egli ritenesse il principato
augusteo come una necessaria soluzione della crisi della res publica.
Tuttavia, l’opera di Livio, con la sua celebrazione delle virtù tipicamente romane, risultava
in armonia con i programmi augustei e ne costituiva di fatto un sostegno per ciò che riguarda i
progetti avviati dal principe riguardanti il recupero dei valori religiosi, il risanamento morale e il
ristabilimento dell’ordine e della pace all’interno dello Stato.
Tito Livio morì a Padova nel 17 d.C.. Non ci è noto se si trovasse a Padova per un dei suoi
soggiorni o se si fosse trasferito definitivamente nell’ultimo periodo della sua vita. Gli antichi
ricordano una sua attività letteraria anche nei campi della filosofia e della retorica, ma purtroppo
non ci è giunto nulla di ciò che scrisse in merito a questi argomenti.
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Gli Ab urbe condita libri
Negli Ab urbe condita libri, Livio attuò il grande progetto di narrare tutta la storia di Roma
a partire dalle origini, come appunto dice il titolo “Dalla fondazione della città”, come avevano fatto
gli antichi annalisti. Egli lavorò per tutta la sua vita alla sua opera, pubblicandone sezioni staccate e
tenendo pubbliche letture a mano a mano che la componeva. Dei 142 libri totali, che coprivano il
periodo dell’arrivo di Enea in Italia fino alla morte di Druso (figliastro di Augusto) in Germania nel
9 a.C., si sono conservati solo 35 libri: i primi 10 (dalle origini al 293 a.C.) e il blocco dal XXI al
XLV (dalla seconda guerra punica al 167 a.C.).
Vista la mole dell’opera, si allestirono dei compendi e sommari che presto presero il posto
dell’originale. Di tutti i libri, eccetto due, ci sono giunte le Periochae, riassunti utili per conoscere il
contenuto dei libri perduti.
L’impianto dell’opera è annalistico, ma Livio aveva anche concepito una suddivisione
dell’opera in sezioni, corrispondenti alle fasi della pubblicazione, ciascuna delle quali era concepita
con una sua autonomia.
È fondamentale sottolineare che all’interno dell’opera c’è un progressivo ampliarsi del
racconto man mano che ci si avvicina ai tempi più recenti. Questa è una caratteristica peculiare
dell’annalistica più antica e mostra che Livio in realtà non avesse un piano dell’opera programmato
sin dall’inizio, ma procedeva, esattamente come gli annalisti antichi, seguendo la successione
cronologica degli eventi.
Si può affermare che Livio, almeno per la parte dell’opera che si è conservata, non fece
ricerche, ma si basò sulle opere dei suoi predecessori, rielaborando i dati già raccolti da altri, senza
sottoporli ad una verifica. Le fonti sono diverse a seconda del periodo trattato nell’opera e sembrano
essere: per la prima decade, gli annalisti romani; per la seconda guerra punica, la monografia di
Celio Antipatro e per la terza, Polibio; per la quarta e la quinta, ancora Polibio, gli annalisti e le
Origines di Catone.
Pur tenendo presenti, per ciascuna sezione, più testi, Livio generalmente ne segue uno
soltanto e utilizza gli altri testi come riscontro. Di conseguenza, il metodo con cui utilizza le fonti
sembra essere abbastanza semplice, ma anche criticabile, poiché non tenta quasi mai di mediare le
diverse fonti, fornendo una ricostruzione nuova, frutto di una sua ricerca personale. Questo perché il
suo apporto originale non fu di carattere storico, ma consistette nell’elaborazione letteraria cui
sottopose il materiale e nell’impostazione didascalica, morale e patriottica che caratterizza la sua
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opera. Tuttavia, questo non deve far pensare che Livio accettasse in maniera del tutto acritica tutto
quello che trovava nelle sue fonti. Infatti, spesso critica come infondati i dati di alcune fonti,
esprime il suo apprezzamento per altre fonti o usa formule con le quali fa capire che non si rende
garante di ciò che sta riferendo.
Uno storico “letterario”
Si può affermare che il talento di Tito Livio non sia tanto scientifico quanto letterario. Ciò
emerge dal fatto che nella sua opera costruisce un racconto vario e avvincente, ma allo stesso tempo
drammatico, in cui unisce la padronanza dei mezzi espressivi e retorici all’uso delle tecniche della
storiografia tragica di età ellenistica, con lo scopo di impressionare il lettore.
Dalla prefazione dell’opera si può dedurre l’idea che Livio avesse dello scopo della
storiografia: il racconto veritiero e imparziale delle vicende passate deve avere una funzione
didascalica. Di conseguenza, Livio spera che ogni lettore possa trarre dalla sua opera degli
insegnamenti di carattere morale.
Livio cerca di dimostrare nella sua opera che la grandezza dello Stato romano deriva dal
possesso, da parte degli uomini che lo guidano, di tutte quelle virtù spesso trascurate nel tempo
presente. Da qui derivano le due caratteristiche principali dell’opera liviana: il suo carattere
patriottico e celebrativo e l’idealizzazione del passato.
Solitamente, viene operata una distinzione tra la storiografia di Livio e quella “senatoria” di
Tacito e Sallustio. Livio infatti, non avendo ricoperto incarichi politici o militari, viene considerato
uno “storico letterario”, il cui principale obiettivo è quello di rielaborare in forma letteraria i fatti e
darne un’interpretazione perlopiù moralistica. Per Livio, la storia è una narrazione drammatica che
ha lo scopo di colpire, persuadere ed educare i lettori. Non a caso, Livio presta una grande
attenzione alla storiografia tragica, guardando con grande interesse personaggi di particolare rilievo.
Lo stile di Livio non è uniforme, poiché si notano differenze abbastanza evidenti tra i
discorsi e gli episodi drammatici da una parte e le parti espositive dall’altra, oltre che mutamenti
significativi tra i libri più antichi e quelli più recenti. Nelle parti artisticamente più elaborate prevale
lo stile ciceroniano, caratterizzato da periodi ampi e ricchi di subordinate, mentre in altre parti lo
stile è più semplice, con frasi brevi e coincise. Tra i libri più antichi e quelli più recenti ci sono delle
differenze anche a livello di stile e lessico: riscontriamo una coloritura arcaica e poetica nella prima
decade, che si fa più moderata nei libri successivi fino a scomparire del tutto negli ultimi.
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