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ψ(B) ψ(A)
− = ψB − ψA = Δψ 4
1.4 Prima equazione cardinale del moto
In analogia con la legge fondamentale della dinamica, secondo la quale le forze applicate a un
corpo eguagliano la derivata temporale della sua quantità di moto, si ammette che la forza totale
esterna sia uguale, istante per istante, alla derivata sostanziale della quantità di moto della massa
di fluido sulla quale la forza agisce. Quest’ ultima può essere espressa come somma di due
contributi forze di massa e forze di superficie.
La loro somma è uguale alla derivata sostanziale dell’integrale di volume della densità per la
velocità (quantità di moto).
(3)
= +
∫
;
= = (−)
∫
()
=
∫
Sostituendo e applicando il teorema del trasporto di Reynolds, si ottiene:
. (4)
()
= +
∫ ∫ ∫
Sebbene sia possibile quantificare le forze di massa, rimangono ancora incognite le forze di
contatto, per questo motivo tale equazione non è ancora utilizzabile. L’operazione concettuale
da compiere è quella di descrivere queste forze in funzione di grandezze cinematiche.
Il teorema di Cauchy consente di esprimere (n) come il prodotto tra T “tensore degli sforzi” e
n versore normale interno alla superficie di rifermento. Quindi:
( ) =
(5)
= +
∫ ∫ ∫
Tramite il teorema della divergenza la (5) diventa:
(6)
= +
∫ ∫ ∫
Facendo tendere il volume a 0 la (6) può essere scritta in forma indefinita:
= − (7)
Sotto l’ipotesi di fluido ideale il tensore degli sforzi T è un tensore diagonale e può essere
espresso come il prodotto tra p (pressione) e la matrice identità.
T = p I
= − (Equazione di Eulero) (8)
5
1.5 Equazione di Navier
La prima equazione cardinale del moto per i fluidi reali può essere riscritta nella forma:
( )I
∫ ∫ ∫
+ − − 2 =
che, in forma indefinita, diventa
′ (9)
( ) (2)
− + + = /
’
Nel caso in cui i coefficienti e siano costanti nello spazio e nel tempo si ottiene:
2
(10)
(2)
= + ( )
Sostituendo la (10) nella (9) la prima equazione cardinale del moto diviene
2
′ (11)
( )
− + + + = /
e prende il nome di equazione di Stokes. Nel caso particolare di moto isocoro, la divergenza della
velocità è pari a zero; l’equazione (11) perde uno dei suoi termini.
2
(equazione di Navier) (12)
− + = /
Proiettando la (12) sui tre assi di riferimento si ottengono le seguenti equazioni.
2 2 2
1
+ + + = − + ( + + )
2 2 2
2 2 2
1
+ + + = − + ( + + )
2 2 2
2 2 2
1
+ + + = − + ( + + )
2 2 2
Nel caso bidimensionale la proiezione della (12) sugli assi fornisce le seguenti equazioni:
2 2
1 (13)
+ + =− + ( + )
2 2
2 2
1 (14)
+ + = − + ( + )
2 2
Al fine di esprimere l’equazione di bilancio in termini di vorticità si sottrae alla (13) derivata in
y la (14) derivata in x. Così facendo si ottiene una nuova formulazione della (12) in termini, per
l’appunto, della vorticità definita come:
=
2 2
(15)
+ + = ( + )
2 2
/
= 6
CAPITOLO II: Differenze finite: in avanti, all’indietro,
centrate e metodo up-wind
2.1 Il metodo delle differenze finite
Nel capitolo successivo vengono riportate le metodologie attraverso le quali sono state
discretizzate le equazioni alla base dei tre problemi presi in esame. Si tratta, infatti, di equazioni
alle derivate parziali per le quali sono state definite le condizioni al contorno. Le differenze finite
consentono di passare da un sistema di equazioni di questo genere ad un sistema di equazioni
algebriche.
Un metodo alle differenze finite per la soluzione di un problema con condizioni al contorno
consiste:
1. Definizione del Dominio:
Si identifica il dominio spaziale e temporale del problema, specificando i limiti spaziali e
• temporali.
2. Discretizzazione del Dominio:
Si suddivide il dominio spaziale e temporale in una griglia discreta. La griglia può essere
• uniforme o adattiva a seconda del problema.
3. Approssimazione delle Derivate:
Si approssimano le derivate presenti nelle equazioni differenziali attraverso differenze finite.
• Le differenze finite consentono di approssimare le derivate in termini di differenze tra i
valori delle variabili su punti discreti della griglia.
4. Sostituzione nelle Equazioni Differenziali:
Si sostituiscono le derivate approssimate nelle equazioni differenziali originali, ottenendo
• così un sistema di equazioni algebriche discrete.
5. Condizioni al Contorno:
Si applicano le condizioni al contorno specifiche del problema, specificando i valori delle
• variabili alle periferie della griglia. Δx.
Il punto 2 è stato realizzato effettuando una discretizzazione spaziale del dominio con passo
Il punto 3, vale a dire l’approssimazione sul dominio discreto delle derivate, è svolto tramite
l’espansione in serie di Taylor della funzione; in tal modo è possibile esprimere il valore
assunto dalla funzione in un punto (o ) in funzione del valore assunto dalla funzione
+ −
1 1
stessa nel punto .
2 2 3 3
4 (16)
| | |
= + + + + ( )
2 3
+1 2! 3!
= = =
2 2 3 3
4 (17)
| | |
= − + − + ( )
2 3
−1 2! 3!
= = =
7
Tali sviluppi consentono di ottenere:
( − )
+1
| = + () (accuratezza di ordine 1) formulazione in avanti (18)
= −
−1
| = + () (accuratezza di ordine 1) formulazione all’indietro (19)
=
Combinando la (18) con la (19) si ricava la formulazione centrata:
3 3
( )
|
− =2 | + 2 + (4)
3
3!
+1 −1 = =
−
+1 −1 + (20)
| = (2)
2
=
Le relazioni precedenti consentono di sostituire un operatore differenziale con delle differenze
finite. Tale approssimazione, come evidenziato dalle relazioni precedenti, comporta la produzione di
un errore la cui entità dipende dallo schema seguito.
Soffermandosi sugli errori prodotti dai vari schemi si osserva come le due formulazioni in avanti e
all’indietro producano un errore proporzionale a e legato alla derivata seconda della funzione
2
nel punto. Lo schema centrato, invece, produce un errore proporzionale a e legato alla
derivata terza della funzione. Questo aspetto è trattato in modo più specifico nel capitolo V
relativamente alle possibili tecniche di discretizzazione dei termini convettivi. Per i quali sono
implementati uno schema alle differenze finite centrate e uno schema up wind. L’idea alla base di
quest’ultimo è la modifica della direzione del trasferimento di informazione a seconda del segno
della velocità locale.
CAPITOLO III: Metodi iterativi, risoluzione di sistemi
lineari
I metodi illustrati nel capitolo precedente consentono di passare da equazioni alle derivate parziali
a sistemi di equazioni algebriche. La risoluzione di questi ultimi non risulta essere sempre agevole.
Si tratta, nelle applicazioni idrauliche, di sistemi di grandi dimensioni. Il numero di incognite, e di
equazioni, è pari al numero di nodi del grigliato in cui è stato suddiviso il dominio.
Il sistema si presenta nella forma generica: =
→
A matrice dei coefficienti
→
x vettore delle incognite
→
B vettore dei termini noti − 1
Tale sistema può essere risolto per via analitica ( ) o per via numerica. La prima strada,
=
la soluzione per via analitica, prevede l’inversione della matrice A dei coefficienti; tale passaggio,
8
data la complessità e le dimensioni della matrice, rappresenta spesso e volentieri un ostacolo
insormontabile per i calcolatori. Risulta quindi opportuno operare per via numerica con metodi
iterativi. Essi generano successioni di vettori che convergono alla soluzione cercata, il calcolo
del generico vettore è svolto con prodotti matrice per vettore. Dal punto di vista
computazionale è questa l’operazione più c