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INSTITUTIONES DI GAIO, LIBRO III (155)
Mandatum consistit, sive nostra gratia mandemus sive aliena; itaque sive
Gaio 3.155:
ut mea negotia geras, sive ut alterius, mandauerirm, contrahitur mandati obligatio, et
inuicem alter alteri tenebimur in id, quod vel me tibi vet te mihi bona fide praestare
oportet.
Traduzione: Il mandato si ha sia per caso in cui si incarica a favore nostro, sia agli
altri. È così, pertanto, sia che abbia dato mandato di gestire affari miei sia di un atro, si
contrae obbligazione di mandato e reciprocamente saremo tenuti per ciò che io a te o
tu a me secondo buona fede debba prestare.
Commento sintattico: “mandatum consistit”
Il passo si apre con l’espressione cioè “il mandato consiste” che
ci introduce come Gaio stia per esplicare la definizione della nozione giuridica di
mandato. Questo è il momento in cui l’autore inizia ad accennare all’istituto dicendo
mandatum
che il prende consistenza (cioè si realizza validamente, ha ragion di
“sive nostra gratia mandemus sive
esistere) in due ipotesi; con la frase successiva,
aliena”, Gaio ci chiarisce come il mandato possa essere conferito per varie ragioni e
quindi con quella congiunzione “sive... sive” ci include entrambe le possibilità (che sia
fatto neII'interesse del mandante, oppure che sia fatto nell'interesse di un terzo
itaque”
estraneo sia al mandante che al mandatario). Sarà la parola “ (dunque) ad
introdurre la conseguenza di quanto detto precedentemente e ad esplicitare i
contenuti del mandato; questo concetto è da Gaio ribadito nel momento in cui dichiara
che l'obbligazione da mandato si possa contrarre (se II mandatario accetta) tanto se io
(Tizio) abbia dato incarico a te (Caio) di gestire i miei affari, quanto se io Tizio abbia
itaque, siue ut mea negotia geras,
incaricato te Caio di gestire gli affari di un terzo (“
siue ut alterius, mandauerim, contrahitur mandati obligatio ”). I due tipi di mandato
mandatum mea gratia” “mandatum
indicati da Gaio, si chiamano rispettivamente “ e
aliena gratia”. II testo di Gaio non vuole escludere (ed anzi forse vuole sottolineare)
mea et aliena gratia”, “mea et
che siano validi anche i mandati misti , cioè i mandati “
tua gratia”, “tua et aliena gratia”. La sola cosa che a Gaio preme qui di mettere in
“tua gratia”
chiaro è che non è valido un altro tipo di mandato: quello e lo espliciterà
nel passo successivo (156).
Viene affermata successivamente la reciprocità che è sottolineata come elemento
“et inuicem alter alteri tenebimur”;
fondamentale del mandato dalle parole
l’obbligazione si contrae con il mandato con cui uno è obbligato vicendevolmente con
l’altro, avendo quindi un’obbligazione bilaterale, non unilaterale.
Il passo termina con una frase riferita alla buona fede, principio strettamente legato
(“in id, quod vel me tibi vel te mihi bona dife praestare oportet”
all’istituto ).
oportet in ius, ius
Il verbo (dovere) ci riconduce ad una formula appartenente allo
civile. Oportet deriva da "oportere" che è un verbo impersonale il cui significato è "è
necessario" o "bisogna". Nel contesto giuridico e in particolare nel passo di Gaio,
"oportere" viene usato per indicare ciò che è doveroso o richiesto fare secondo le
norme di buona fede. Esso sottolinea anche la necessità che entrambe le parti
rispettino i loro doveri e questo non è un semplice consiglio morale, ma un obbligo
legale che deriva dal contratto di mandato. Gaio usa "oportet" per stabilire
chiaramente che l'adempimento delle obbligazioni nel mandato non sia facoltativo, ma
necessario secondo le leggi e i principi del diritto romano.
Commento contenutistico:
Gaio, in questo passo delle Istituzioni, spiega la natura e le condizioni del contratto di
mandato nel diritto romano. Il mandato è definito come un incarico che una persona
(mandante) dà a un'altra (mandatario) di compiere un'attività per suo conto. Gaio
chiarisce che il mandato può essere conferito sia nell'interesse del mandante sia nei
confronti di terzi, senza alcuna distinzione nella validità del contratto. Inoltre, l'obbligo
derivante dal mandato è bilaterale: entrambe le parti hanno dei doveri reciproci che
devono essere adempiuti in buona fede.
Una volta definito l'oggetto del mandato, è importante specificare che, per la validità
del rapporto, l'incarico deve rispettare i requisiti di liceità e determinatezza.
Quest'ultimo requisito deve essere inteso "nel senso in cui una determinazione è
necessaria per la serietà di qualsiasi obbligazione, senza particolari restrizioni per il
mandato".
Un tratto distintivo della disciplina del mandato è la sua essenziale gratuità; il
mandatario si obbligava a svolgere l'incarico conferitogli dal mandante senza alcun
compenso previsto per l'attività svolta; nel passo 17.1.2, tratto dal librum secundo
cottidianorum, Gaio sottolinea sempre la gratuità del mandato e il fatto che debba
esservi un vantaggio personale affinchè si configuri questo istituto altrimenti, senza il
vantaggio, si parlerebbe esclusivamente di un consiglio.
Questo passo evidenzia la flessibilità e la vastità di applicazione del mandato nel
diritto romano, mostrando come potesse adattarsi a diverse esigenze pratiche, sia
personali che di terzi. L’uso della buona fede come criterio guida per l'adempimento
delle obbligazioni è particolarmente significativa, poiché riflette un principio etico e
giuridico fondamentale dell'epoca.
Uno dei problemi che da sempre è stato più discusso in dottrina è l’origine del
mandato. C’è da fare una premessa a riguardo: troviamo nel diritto romano una serie
di istituti destinati a realizzare una gestione per conto di altri; l’agire nell’interesse
altrui pur escludendo la rappresentanza diretta che sempre è stata estranea al diritto
romano. Difficile è stabilire i confini, alcuni trovano le origini nei rapporti sociali dei
quali l’ordinamento giuridico cittadino non si occupava esplicitamente, consierandoli
propri dell’organizzazione familiare; altri ritengono che siano sorti da relazioni
commerciali come istituti del ius gentium, validi cioè nei rapporti tra romani e stranieri
ma successivamente adottati nei rapporti tra romani. Questa posizione era poi
fides bona nell’actio mandati
avvalorata dal richiamo esplicito alla (richiamo presente
anche nelle formule delle azioni degli altri contratti consensuali), che suggerisce che le
parti contraenti fossero vincolate sul piano della buona fede piuttosto che su quello del
ius civile.
Altri ancora considerano che siano stati posti in essere dal diritto pretorio per
situazioni limitatissime e poi portati dalla giurisprudenza a nuove applicazioni.
Negli anni si sono manifestate diverse posizioni in merito all’origine storica di questo
atto; la dottrina tradizionale afferma che l’origine del mandato sia tarda, che si basava
principalmente sul fatto che esistessero delle leggi che andavano nello specifco a
sanzionare il mandatario infedele e di conseguenza fosse inutile porre in essere una
actio mandatis
generale perchè avrebbe reso nulle quelle disposizioni.
Lex Publilia Lex Aquilia,
Le leggi in questione sono la e la rispettivamente del 327 e del
manus iniectio pro iudicato
287 a.C. La prima comminava la (fu la prima azione
esecutiva nei confronti di un mancato pagamento da parte del convenuto di una
somma di danaro, a cui era tenuto per una causa certa ed indiscutibile) contro il
sponsor
debitore principale a favore dello (creditore nel contratto verbale) che avendo
pagato il debito, non riuscisse a recuperare da quello, entro sei mesi, la somma
sponsor
sborsata. Se al tempo fosse esistito il mandato, lo avrebbe potuto far valere
l’actio mandati contraria
contro il debitore principale tramite (azione esperibile dal
mandatario nei confronti del mandante per gli inadempimenti di quest’ultimo).
La lex Aquilia, all’adstipulator
concedeva un’azione di danno rivolta (creditore) che,
venendo meno alla fiducia riposta in lui, avesse rimesso il debito al debitore mediante
acceptilatio (si concretizzava in una sorta di pagamento fittizio: il creditore dichiarava
di aver ricevuto dal debitore la prestazione dovuta, estinguendo con ciò l’obbligazione
anche a prescindere da un effettivo pagamento). Se al tempo fosse esistito il mandato,
l’actio mandati directa
il creditore avrebbe potuto agire con (il mandante può agire nei
confronti del mandatario ai fini della esatta esecuzione dell'incarico assunto e
l’adstipulator
dell'adempimento delle obbligazioni) contro che non evava eseguito il
mandato di esigere il debito.
Pertanto il riconoscimento del mandato come azione autonoma sarebbe posteriore al
287 a.C.
LA BILATERALITà
La bilateralità nel diritto romano si riferisce alla struttura di alcuni contratti e
obbligazioni in cui entrambe le parti coinvolte assumono diritti e obblighi reciproci.
Questo concetto è essenziale per comprendere molti aspetti del diritto contrattuale
romano, in cui le obbligazioni non sono unilaterali (cioè, non derivano solo da una
parte verso l'altra), ma sono piuttosto basate su un accordo reciproco che impone
doveri e concede diritti a entrambe le parti.
Nel diritto romano, i contratti bilaterali sono quelli in cui entrambe le parti assumono
obblighi reciprocamente. Un esempio classico è il contratto di compravendita (emptio
venditio), dove il venditore si obbliga a trasferire la proprietà di una cosa al
compratore, mentre il compratore si obbliga a pagare il prezzo pattuito.
La dottrina per molto tempo si è dibattuta sulla inclusione del mandato nelle categorie
dei contratti consensuali, appoggiando la tesi di Labeone, come riportato da Ulpiano,
emptio venditio, locatio conductio e societas
che individua solo le figure della
mandatum.
escludendo completamente il
Sarà poi Gaio nei suoi scritti, a distingue tra vari tipi di contratti e obbligazioni, spesso
quattor genera
evidenziando la natura bilaterale di alcuni di essi ed enunciando i
obligationes.
Gaio dedica una parte significativa della sua opera ai contratti consensuali, che sono
tipicamente bilaterali. I principali contratti consensuali menzionati da Gaio includono:
Emptio venditio
1. (compravendita): In cui il venditore e il compratore hanno obblighi
reciproci.
Locatio conductio