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DIRITTO DEI QUIRITI E L’HO COMPRATA CON QUESTO BRONZO E LA BILANCIA BRONZEA»

— e pone sulla bilancia una quantità di bronzo quale simbolo del prezzo. Sul piano

dogmatico la mancipatio è definita negozio astratto perché pur essendo nata come

forma di compravendita, nel diritto classico essa si stacca dalla causa e può essere

utilizzata per vari scopi (vendita, donazione, costituzione di dote). È inoltre un actus

legitimus che, come tale, non ammetteva elementi accidentali (condizioni o termini).

res mancipi

Originariamente necessaria per trasferire la proprietà delle , con il tempo la

mancipatio perde la sua funzione pratica dominante a favore di altre modalità, ma

rimase formalmente in uso fino all’età postclassica.

57. I modi di acquisto della proprietà a titolo derivativo nel diritto romano

Nel diritto romano i modi principali di trasferimento volontario della proprietà (modi

derivativi inter vivos) sono tre: mancipatio, in iure cessio e traditio. La mancipatio era

idonea a trasferire res mancipi, negozio rituale e astratto. Avveniva in presenza di 5

testimoni e di un libripens. La in iure cessio consisteva in una vera e propria simulazione

processuale svolta davanti al magistrato. Il cessionario, tenendo la cosa, pronuncia la

formula di rivendicazione e il cedente non replica perché ha già acconsentito; il

magistrato dichiara allora il cessionario nuovo proprietario. L’atto richiedeva la

comparizione in tribunale e la condotta formale della cosa, o di un rappresentante per gli

in iure cessio actus legitimus

immobili. Anche la è, come la mancipatio, un e non

ammette condizioni o termini. La traditio la consegna materiale della cosa, il modo più

res nec mancipi

semplice e pratico, nacque come modo idoneo per le e si caratterizza

per l’assenza di forme rituali. È importante ricordare che, fatta eccezione per brevi

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periodi, il semplice consenso non produceva effetti reali: il contratto in sé crea obblighi,

ma per trasferire la proprietà occorreva un ulteriore negozio traslativo.

58. L’usucapione nel diritto romano

L’usucapione (usucapio) è il modo antico con cui il possesso prolungato e caratterizzato

da determinati requisiti si trasforma in diritto di proprietà. La finalità pratica dell’istituto

è risolvere situazioni di incertezza circa la titolarità delle cose: dove il possesso è stabile,

giustificato e protratto nel tempo, il diritto romano preferiva porre termine alla contesa e

attribuire definitivamente la proprietà a chi godeva pacificamente della cosa.

L’usucapione si colloca quindi a metà tra un mezzo «derivativo» e un modo quasi

ius civile

«originario» di acquisto; è un istituto del e, nella sua fase originaria, riservato ai

cittadini romani. Spesso l’usucapione si presenta in connessione con gli errori di

trasmissione del diritto reale come nel caso di un trasferimento formale viziato (es.

res mancipi

traditio usata per trasferire una ). Sul piano processuale il pretore ha per

lungo tempo offerto una tutela parallela mediante l’actio Publiciana, che mediante una

finzione processuale equiparava il possessore titolato al proprietario già usucapiente,

rei vindicatio

consentendo una protezione sostanzialmente equivalente a quella della . I

reequisiti dell’usucapione erano 5: res habilis, l’oggetto dell’usucapione doveva essere

una cosa idonea ad essere usucapita; il titulus, cioè doveva esistere un titolo o una

giusta causa a fondamento del possesso; bona fides, ovvero il possessore della cosa

doveva credere di esserne divenuto proprietario ignorando che la cosa appartenesse ad

altri e bastava che questo vi fosse al momento iniziale dell’acquisto; possessio e ciò

implica che ricorressero i requisiti essenziali dello stesso ( animus possidendi e corpore

possidere); tempus e cioè i termini previsti per usucapire un oggetto. Oltre alle res

sacrae/religiosae e alle res publicae, non erano usucapibili le cose rubate o acquisite con

violenza.

59. Gli strumenti processuali a difesa del diritto di proprietà nel diritto romano

La protezione della proprietà nel diritto romano si articola su più livelli: rimedi in rem

(azioni reali) per difendere la titolarità assoluta del diritto, rimedi possessori (interdetti)

per la difesa immediata del possesso e rimedi specifici per le liti di vicinato o per opere

nuove che possono compromettere il fondo. La rei vindicatio era un’ azione in rem con

cui il proprietario chiede la restituzione della cosa, esercitabile contro chiunque la

detenga. Nella fase arcaica si svolgeva tramite la legis actio sacramenti, mentre nel

processo formulare assume la forma della formula petitoria con l’onere probatorio e la

clausola restitutoria e, con la successiva trasformazione in cognitio extra ordinem la

condanna assume spesso carattere in ipsam rem. Vi era poi la actio negatoria, esercitata

da chi vuole far dichiarare che non esiste alcun diritto reale altrui che limiti l’esercizio del

proprio dominio, oppure la e actio finium regundorum, azione tipica per il regolamento

dei confini. Sul piano della tutela possessorio-preventiva, il pretore mise a punto un ricco

corredo di interdetti e rimedi cautelari: per impedire o rimuovere opere nuove dannose

c’era l’operis novi nuntiatio (denunzia di nuova opera), con la possibilità, se il denunziato

avesse ignorato l’intimazione, di ottenere un interdetto demolitorio; esisteva poi

l’interdictum quod vi aut clam per opporsi ad opere fatte con violenza o in clandestinità

e ottenere rapida tutela contro turbative materiali. Questi rimedi pretori servivano a

contenere i danni immediati e a preservare lo status quo fino alla decisione nel merito.

Infine, occorre sottolineare la funzione pratica delle finzioni e delle azioni onorarie del

pretore (es. actio Publiciana per il possessore titolato) che, senza modificare il diritto

civile, hanno creato sul piano processuale strumenti capaci di garantire stabilità dei

trafÏci e tutela effettiva a chi godeva del possesso in buona fede.

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60. Il diritto di usufrutto nelle servitù prediali

L’usufrutto è trattato dalle fonti romane come un diritto reale di godimento che consente

al titolare di usare la cosa altrui e di trarne i frutti, salvaguardandone però la struttura e

la destinazione economica. In virtù di ciò infatti, l’usufruttuario deve esercitare il proprio

boni viri

potere con la diligenza del e non può trasformare la destinazione economica

della res (ad es. non può convertire un campo di grano in uliveto). Le sue caratteristiche

fondamentali sono: la temporaneità che può essere legata alla vita del usufruttuario

oppure si possono convenire durate più brevi; è personalissimo e no trasmissibile mortis

causa; l’usufruttuario doveva spesso prestare una cautio fructuaria, questa consisteva

in una garanzia per la corretta conservazione e restituzione della cosa e per il

risarcimento eventuale dei danni. l’usufrutto poteva formarsi mortis causa (legato ad

effetti reali), inter vivos mediante in iure cessio o mancipatio (nelle formule antiche) e,

più tardi, tramite patti e stipulazioni contrattuali; l’evoluzione giuridica portò infine, in

età tardo-imperiale e giustinianea, al prevalere di forme consensuali e contrattuali come

il páctio et stipulátio. L’estinzione si realizzava per morte dell’usufruttuario,

consolidazione (quando nudo proprietario e usufruttuario coincidono), non uso o

perimento della cosa. Per la tutela, l’usufruttuario poteva agire in rem (vindicatio

ususfructus) o, soprattutto in età giustinianea, con un’actio confessoria contro chi

negava l’esistenza del suo diritto; il proprietario, al contrario, poteva esperire l’actio

negatoria per contestarlo.

61. Le servitù prediali nel diritto romano fondo

Le servitù prediali sono diritti reali che attribuiscono al proprietario del

dominante fondo servente

la facoltà di godere di una utilità che deriva dal . er la loro

costituzione occorrevano tre presupposti fondamentali: (i) che i due fondi

appartenessero a soggetti diversi (nemini res sua servit), (ii) che vi fosse una utilità

oggettiva per il fondo dominante, e (iii) che i fondi fossero vicini (sebbene non sempre

confinanti in senso stretto). Le servitù erano tipiche (numerus clausus): l’ordinamento

prevedeva tipi precisi, specialmente nelle servitù rustiche (iter, actus, via, acquedotto) e

in quelle urbane. Le servitù si estinguevano quando i medesimi fondi convergevano in

un’unica proprietà (cum confluence proprietatis) oppure quando il bisogno dell’utilità

veniva a mancare. Il pretore intervenne, come sempre, con rimedi efÏcaci per la tutela

delle servitù: esistevano azioni in rem per far valere la servitù e mezzi processuali per

regolare i conflitti di vicinato e l’esecuzione pratica dei diritti di passaggio o di scolo. le

servitù potevano costituirsi per negozio tra le parti (mancipatio, in iure cessio o per

contratto) o per usucapione in casi particolari; col tempo la prassi giurisprudenziale e

pretoriana ha afÏnato la tutela, rendendo più agevole far valere tipi di servitù

funzionalmente indispensabili all’uso dei fondi.

62. I diritti reali di garanzia nel diritto romano

I diritti reali di garanzia servivano a dare al creditore una posizione di sicurezza sul

patrimonio del debitore: i Romani distinguevano essenzialmente pignus (pegno) e

hypotheca (ipoteca). Nel pegno (pignus datum) il bene dato a garanzia veniva

consegnato materialmente al creditore pignoratizio, il quale acquisiva possesso del

bene (per questo il pegno è più adatto a cose mobili o a diritti incorporali trasferibili). Il

pegno era costituito mediante contratto reale (consegna) e attribuiva al creditore un

diritto reale sul bene, che gli permetteva di soddisfarsi sulla cosa in caso di

inadempimento tramite vendita o altre modalità. L’ipoteca, invece, pur essendo

erga omnes

anch’essa un diritto reale di garanzia , differiva per due aspetti principali: (i)

non richiedeva la trasmissione del possesso al creditore (il debitore rimaneva in

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possesso del bene ipotecato), e (ii) era particolarmente idonea ad essere iscritta o fatta

valere su immobili; tuttavia nelle prime fasi non era escluso che anche immobili fossero

“pignorati” purché fosse trasferito il possesso. L’ipoteca consentiva al creditore di

ottenere la soddisfazione sul bene garantito, e prevedeva la possibilità di graduazione

(grado primario, secondario ecc.) tra più ipoteche sullo stesso bene. Per l’accesso del

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Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher esamiok13 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica "e-Campus" di Novedrate (CO) o del prof Spina Alessi.
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