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TREMONTI BOND
emesse dagli istituti di credito quotati in condizioni finanziarie sane, sottoscritte dal Ministero
dell’economia e delle finanze che hanno come obiettivo il rafforzamento del capitale di vigilanza TIER 1
CAPITAL (ENCICLOPEDIA) e, di conseguenza, lo sviluppo dell’erogazione di credito a famiglie e imprese. Il
decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro,
occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale convertito dalla
legge 28 gennaio 2009, n. 2 e, in particolare, l’art. 12, concernente il Finanziamento dell’economia
attraverso la sottoscrizione pubblica di obbligazioni bancarie speciali e relativi controlli parlamentari e
territoriali ha autorizzato il Ministero dell’Economia e delle Finanze a sottoscrivere, fino al 31 dicembre
2009 e su richiesta delle banche interessate, strumenti finanziari (privi dei diritti indicati nell’articolo 2351
del codice) emessi da banche italiane o da società capogruppo di gruppi bancari italiani con azioni quotate
su mercati regolamentati. Tale previsione è stata resa operativa il 25 febbraio 2009. con un decreto di
attuazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze. In particolare, attraverso uno specifico schema
allegato (c.d. Term-sheet), vengono disciplinate le caratteristiche contrattuali dei cd. Tremonti bond.
Secondo il predetto schema, tali strumenti: sono irredimibili, cioè non vi è obbligo di restituzione del
capitale e possono essere rimborsati dalla banca in qualsiasi momento; - prevedono un sistema di
remunerazione legato ai risultati economici conseguiti dalla banca debitrice; in particolare, gli interessi (non
cumulabili) sono corrisposti solo in presenza e nei limiti degli utili distribuibili, a condizione che il
coefficiente patrimoniale complessivo sia superiore all’8 per cento; - partecipano alla copertura delle
perdite; tali titoli hanno il medesimo grado di subordinazione e, quindi, la medesima capacità di
assorbimento delle perdite delle azioni ordinarie sia in caso di insolvenza dell’emittente sia in continuità di
impresa, qualora si verifichino perdite che riducano il coefficiente patrimoniale complessivo (il cd. total
capital ratio) al di sotto del minimo regolamentare dell’8 per cento; - sono convertibili in un numero fisso di
azioni ordinarie, su iniziativa dell’emittente. Quest’ultimo può esercitare la conversione dopo tre anni
dall’emissione, a condizione che al momento della conversione il valore di mercato delle azioni sottostanti
sia almeno pari al 110 per cento del valore iniziale; - sono riscattabili dalla banca emittente, a determinate
condizioni, in un qualsiasi momento successivo all’emissione; il riscatto è subordinato alla preventiva
autorizzazione della Banca d’Italia. Ulteriore elemento da evidenziare sono gli impegni che la banca è
tenuta a rispettare sottoscrivendo il Term sheet con il Ministero dell’economia. In particolare la Banca
deve: - garantire la piena disponibilità di credito in particolare a favore delle piccole e medie imprese,
attraverso il mantenimento per il triennio successivo di risorse finanziarie non in decremento rispetto al
biennio 2007-2008; - sospendere per almeno 12 mesi il pagamento della rata di mutuo per i lavoratori in
cassa integrazione o percettori di un sussidio di disoccupazione; - promuovere accordi per anticipare alle
imprese le risorse necessarie al pagamento della cassa integrazione; - adottare un codice etico che
contenga limiti alle remunerazioni dei vertici aziendali e degli operatori di mercato, inclusi i trader. Per
ciascuna banca l’importo dei titoli è contenuto nel minimo necessario rispetto agli obiettivi da conseguire e
di regola non superiore al 2% del valore dell’insieme delle attività del gruppo bancario di appartenenza
ponderate per il rischio. L’importo viene, inoltre, stabilito in relazione alle richieste provenienti dal sistema,
tenendo conto dell’andamento del mercato finanziario e delle esigenze di non turbare la raccolta da parte
dello Stato. Il tasso d’interesse pagato dalla banca al Tesoro è crescente nel tempo e il suo livello dipende
dalla scelta della banca di usufruire, o meno, di un periodo iniziale di quattro anni nel quale il rimborso del
titolo può essere effettuato alla pari. Secondo i calcoli della Commissione Ue il rendimento previsto in
questa seconda opzione non dovrebbe mai scendere sotto il 9,1% ed essere di solito compreso fra il 9,4% e
il 10%. Il decreto di attuazione del Ministero dell’economia e delle finanze specifica, inoltre, che le
caratteristiche contrattuali sopra menzionate attribuiscono ai Tremonti bond un contenuto patrimoniale
che giustifica, sul piano della disciplina prudenziale, la computabilità degli stessi nel patrimonio di vigilanza
di base in quanto vengono soddisfatti i criteri stabiliti dalla Banca d’Italia in conformità con quanto previsto
dal COMITATO DI BASILEA e dalla direttiva 2006/48/CE relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese
di investimento e degli enti creditizi. Queste obbligazioni speciali hanno i vantaggi del capitale, perché
aumentano il Core Tier 1 delle banche che le emettono, ma costano meno di un ricorso diretto sul mercato
dei capitali. La banca
potrà utilizzare questi titoli per aumentare gli impieghi con una leva di 1 a 12,5. Il costo
effettivo della patrimonializzazione va, quindi, valutato tenendo conto della maggiore operatività che ne
deriva per la banca. In merito alla modalità di rappresentazione in bilancio, BANCA D'ITALIA, COMMISSIONE
NAZIONALE PER LE SOCIETÀ E LA BORSA (CONSOB) ed Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private -ex
ISVAP oggi IVASS hanno pubblicato il Documento n. 3 “Strumenti finanziari di cui all’art. 12, concernente
"Finanziamento dell’economia attraverso la sottoscrizione pubblica di obbligazioni bancarie speciali e
relativi controlli parlamentari e territoriali", del D.L. n. 185/2008” del 21 luglio 2009 nell’ambito del “Tavolo
di coordinamento in materia di applicazione degli IAS/IFRS”. In tale documento, tenuto conto che nel corpo
dei principi contabili internazionali non sono presenti specifiche disposizioni applicabili a strumenti aventi
caratteristiche simili, le tre Autorità hanno rappresentato le proprie considerazioni in ordine alle modalità di
rappresentazione in bilancio degli stessi. Con riferimento alla classificazione contabile degli strumenti
emessi, lo IAS 32 (Financial Instruments: presentation) stabilisce che uno strumento finanziario è uno
strumento rappresentativo di patrimonio netto laddove esso non includa alcuna obbligazione contrattuale
per l’emittente a consegnare denaro o altre attività finanziarie o a scambiare attività o passività finanziarie a
condizioni potenzialmente sfavorevoli per
l’emittente stesso. Nel caso di strumenti non derivati che possono
essere regolati in azioni dell’emittente, non deve esservi alcuna obbligazione contrattuale per l’emittente a
consegnare un numero variabile di proprie azioni. Nel classificare uno strumento finanziario quale
strumento di debito o strumento rappresentativo di patrimonio netto, rileva la sostanza economica dello
strumento stesso.
LEZIONE 19 DOMANDA 11. Regole discrezionali e regole automatiche.
Le regole speciali delle banche si distinguono in :
regole discrezionali;
regole automatiche.
Le regole discrezionali sono quelle che assegnano all’autorità il potere di scegliere la regola da applicare al
singolo caso concreto. Le regole automatiche sono quelle che vincolano le decisioni dell’autorità quando
ricorrono determinati presupposti oggettivi. Gli interventi strutturali e prudenziali possono presentare un
diverso grado di discrezionalità. Nel nostro ordinamento italiano la discrezionalità ha raggiunto la massima
operatività quando era in vigore la legge bancaria del 1936. Dalla metà degli anni Ottanta del Novecento la
discrezionalità è diminuita. Con le crisi bancarie sono state reintrodotte le riforme che attribuiscono alle
autorità maggiori poteri discrezionali.
LEZIONE 19 DOMANDA 12. La vigilanza strutturale e la vigilanza prudenziale.
Gli studi sulle forme di vigilanza hanno messo in luce la distinzione tra misure strutturali e misure
prudenziali. Le misure strutturali agiscono sulla struttura del mercato principalmente sul grado di
concentrazione mentre le misure prudenziali tendono a controllare i rischi dell’attività bancaria. Sono
misure di vigilanza strutturale :
interventi che pongono vincoli all’entrata e all’uscita dal mercato (come l’autorizzazione
• all’esercizio dell’attività bancaria che limita l’entrata nel mercato di nuovi intermediari);
interventi che pongono limiti ai tipi di attività che si possono svolgere per separare i mercati e
• limitare la concorrenza (come le regole di specializzazione che creano segmentazioni come si è
verificato in passato in Italia con la distinzione tra aziende di credito che potevano operare a medio
e lungo
termine e quelle che potevano operare a breve termine).
Le misure prudenziali definiscono vincoli sui rischi che le banche possono assumere sulla base della
situazione patrimoniale, organizzativa e finanziaria della stessa. Sono misure prudenziali:
gli interventi che pongono limiti alla concentrazione di affidamenti nei
riguardi di singole imprese;
• interventi che determinano uno specifico rapporto fra ammontare del patrimonio e ammontare
• dell’attivo (coefficiente di solvibilità);
interventi che favoriscono una organizzazione interna efficiente per l’assunzione controllata dei
• rischi.
Gli strumenti di vigilanza strutturale e di vigilanza prudenziale sono stati utilizzati in vari Paesi. In Italia al
tempo della legge bancaria del 1936 sono state utilizzate maggiormente le misure strutturali. Negli anni 80
ha prevalso la vigilanza prudenziale. Con la crisi finanziaria del 2007-2009 in alcuni Paesi le nuove riforme
hanno previsto ulteriori forme di specializzazione.
LEZIONE 19 DOMANDA 13. Il free banking dopo gli anni 30 del 900.
La necessità di stabilire norme speciali per le banche è opinione condivisa degli studiosi della disciplina
bancaria. In molti Paesi come quello italiano, francese, tedesco (che sono caratterizzati dall’intervento
statale) e in quelli anglosassoni (caratterizzati da un approccio economico liberista), tale tesi di pensiero
trova conferma. La tesi di pensiero contrastante è quella denominata free banking che prevede un sistema
bancario libero da una regolamentazione. Il free banking dopo gli anni 30 del 900 ha trovato pochi
sostenitori. I motivi a sostegno della tesi di un sistema bancario libero sono rappresentati sia dalla fiducia
riposta nella capacità del mercato di ottenere c