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NELLA PROGETTAZIONE DELLE OPERE DI DIFESA DALLE PIENE FLUVIALI.

L’approccio probabilistico viene ad oggi usato, nell’abito delle opere idrauliche, soprattutto per la

progettazione di opere destinate alla difesa del territorio dalle piene fluviali, per la definizione della

portata di piena da adottare nel dimensionamento.

Premesso che una variabile si dice aleatoria quando i valori che essa può assumere

dipendono da un numero elevatissimo di cause, spesso poco conosciute, si osserva come all’

interno della categoria delle variabili aleatorie ricadono anche tutta una serie di grandezze

idrologiche, come ad esempio il massimo annuale della portata al colmo in corrispondenza

della sezione di chiusura di un bacino idrografico o la massima altezza annua di pioggia che,

in una durata di tempo assegnata, è caduta in un qualunque punto del bacino o il valore

medio spaziale di questa grandezza sull’area del bacino.

Definire la portata di piena in termini probabilistici equivale non a definire in modo assoluto una

portata (approccio deterministico) bensì nello stimare la portata che può essere superata (o non

superata) con probabilità assegnata. Normalmente, anziché fare riferimento alla scala delle

probabilità, si preferisce far riferimento per le stime delle portate di piena al tempo di ritorno. Il

tempo di ritorno

è definito come il tempo medio intercorrente tra un superamento del valore assegnato della

grandezza di interesse ed il successivo, e questo può essere associato ad una qualsiasi variabile

aleatoria: nello specifico, possiamo associarlo alla portata di piena.

Il tempo di ritorno T è legato alla probabilità di non superamento dalla relazione T = 1/(1-P)

dove P è la probabilità di superamento o probabilità di successo. Il concetto di tempo di ritorno

risulta molto comodo per le applicazioni, in quanto consente di esprimere in maniera breve

ed immediata la frequenza attesa con cui una certa portata viene eguagliata o superata e

quindi la frequenza con cui i manufatti dimensionati con riferimento a tale portata si verranno a

trovare in condizioni di crisi.

Ad esempio definire una portata di piena con T=100 vuol dire che ci si aspetta che il valore della

portata di piena stimato venga superato, mediamente, ogni 100 anni e che pertanto l’opera

progettata con quella portata andrà in crisi, mediamente, ogni 100 anni. Pertanto la probabilità di

insuccesso è definibile come 1/T. La scelta del tempo di ritorno è funzione dell’importanza

dell’opera, dei danni che possono derivare dal suo insuccesso (es. per una fognatura il danno che si

verifica qualora la portata superi quella di progetto è modesto – allagamenti, danni al più economici

– e pertanto si accetterà un T = 5anni; al contrario il crollo di una diga può danneggiare centri

abitati interi e mettere in pericolo vite umane: per opere simili si assume T = 100-200 anni).

Fino a qualche decina di anni fa gli interventi che venivano realizzati non tenevano in minima

considerazione l’esistenza di un rischio idrologico: la piena di progetto era valutata usando metodi

empirici e deterministici, basati sulla massima portata osservata nelle stazioni di misura. Le piene

disastrose degli ultimi decenni, però, hanno portato a riconoscere che la sicurezza assoluta non

esiste ed è quindi molto più ragionevole e cautelativo associare alle piene di progetto un livello

di rischio accettato: ciò si traduce nell’adottare un approccio di tipo probabilistico e nel

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fare riferimento ad una dato tempo di ritorno assunto in base all’importanza dell’opera. La

normativa stessa, oggi, in molti casi impone l'uso di un approccio probabilistico: ad esempio il

DPCM del 1996 impone che le fognature siano progettate con un tempo di ritorno di almeno cinque

anni.

Un approccio di tipo deterministico è poco cautelativo: se la massima portata registrata negli ultimi

50 anni assume un certo valore, ciò non assicura che negli anni successivi tale valore non venga

superato; tale approccio può risulta idoneo, pertanto, al più per gli studi di massima. Un approccio

di tipo probabilistico, invece, tiene conto dell'aleatorietà e complessità dei fenomeni naturali che

portano alla formazione delle portate di piena e permette di ottenere, alla fine, una stima

significativa della grandezza d’interesse accettando una certa probabilità di insuccesso.

Anche

stima del rischio

la

si fa in termini probabilistici definendolo il rischio (R) come: R = P*D*V dove P è la probabilità di

insuccesso, D è il danno conseguente all’insuccesso e V la vulnerabilità del territorio interessato (un

conto è l’allagamento di un campo incolto, un altro è l’allagamento di un deposito contenete

macchine elettriche). In generale i danni causati dalle piene possono essere classificati in danni

diretti (es. crollo di edifici) ed indiretti (es. perdite economiche per mancata attività), tangibili (la

cui valutazione può essere più o meno difficile) ed intangibili (es. perdita di vite umane); la stima

complessiva del danno, pertanto, è abbastanza complessa.

opere idrauliche realizzate per la protezione del territorio dalle piene fluviali

Le

possono distinguersi in due grosse categorie: interventi che aumentano la capacità idraulica ed

interventi che riducono la portata che transita.

Alla prima categoria appartengono, a titolo d’esempio, interventi quali le arginature o la ricalibra

tura dell’alveo. Gli argini sono l'opera di difesa dalle inondazioni generalmente più usata. Si tratta

per lo più di rilevati in terra (naturalmente molto poco permeabili o resi impermeabili

artificialmente) per proteggere le regioni a tergo. Dal punto di vista strutturale sono simili a dighe di

terra di modeste dimensioni ma, rispetto a queste, sono soggetti a condizioni meno gravose, perché

mentre le dighe ne vedono trattenere l'acqua per tempi lunghi tempi, indeterminati, gli argini sono

invece interessati dall'acqua solo durante il periodo della piena (periodo variabili da poche ore a

mesi, a seconda dei casi).

La ricalibratura dell’alveo consiste, invece, nell’aumentarne la sezione trasversale con interventi

quali l’approfondimento del fondo, l’aumento della pendenza delle sponde, la riduzione della

scabrezza tagliando la vegetazione o rivestendo il fondo in modo che, a parità di tirante idrico,

grazie alla minor resistenza al moto si potrà convogliare una portata maggiore.

Tra gli interventi finalizzati a ridurre la portata defluente si citano le casse d’espansione, gli invasi

di laminazione e gli scolmatori. Le casse d’espansione forniscono uno spazio per l’esondazione

controllata della piena (problemi tipici sono la necessità di ampie superfici e la riduzione nel tempo,

per effetto dei depositi, del volume utile). Gli invasi di laminazione forniscono un volume utile per

la laminazione della piena e possono essere realizzati in linea (come una diga ad esempio, che nella

parte bassa presenti una luce per la restituzione controllata di parte della portata laminata) oppure in

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derivazione. I diversivi e gli scolmatori, analogamente, derivano parte della portata di piena a monte

della zona da proteggere per restituirla più a valle o altrove (es. al mare).

Indipendentemente dal tipo di intervento che si vuol realizzare, è indispensabile una corretta

stima della portata di piena

corrispondente ad un prefissato periodo di ritorno (portata di progetto).

Le portate di piena dei corsi d’acqua naturali vengono valutate in termini probabilistici stimando il

legame q = q(T) tra portata q e tempo di ritorno T. Una volta fissato il tempo di ritorno di progetto

si potrà valutare, mediante il legame q = q(T) la portata che può transitare, con quel valore del

tempo di ritorno, nella sezione fluviale considerata e quindi dimensionare il manufatto di

interesse.

I metodi attraverso i quali si può pervenire alla stima del legame tra la portata al colmo q

e il tempo di ritorno T si dividono in diretti ed indiretti. La scelta del metodo da adottare è

condizionata soprattutto dal tipo di dati disponibili: si ricorre a un metodo diretto se ci si trova nel

caso fortunato di poter disporre direttamente di dati di portata, ad esempio perché la sezione di

interesse si trova in prossimità di altri manufatti quali traverse, ponti, per realizzare e monitorare i

quali saranno state localizzate opportune stazioni pluviometriche. Diversamente se non si dispone di

tali dati (ed è questo il caso più frequente) si partirà dai dati relativi alle massime altezze di pioggia

registrate nelle stazioni pluviometriche ricadenti nel bacino idrografico d’interesse e si desumerà,

poi, la portata tramite un

modello di trasformazione afflussi-deflussi .

Tale modello di trasformazione permette di definire – tenuto conto dell’acqua piovana che

complessivamente cade sull’area che contribuisce alla formazione della portata di piena in una data

sezione dell’alveo – la pioggia efficace, ossia quella che, tolte le perdite per infiltrazione nel

terreno, evapotraspirazione, assorbimento da radici, ristagno in depressioni del terreno, prende parte

al deflusso idrico e, quindi, alla formazione della portata di piena. Si tratta di definire,

minore dell’unità e tanto maggiore quanto più il suolo

sostanzialmente, un coefficiente d’afflusso φ,

è impermeabile, che moltiplicato per l’intensità di pioggia reale ci fornisca l’intensità di pioggia

efficace.

Sorge poi il problema:

quale intensità di pioggia adottare in fase progettuale?

a quale pluviogramma di progetto far riferimento per desumere l’idrogramma di piena? Attraverso

un approccio sempre di tipo probabilistico, il progettista effettua una previsione delle piogge

intense; dal momento che tale grandezza rappresenta una variabile aleatoria, si procede ad uno

studio delle proprietà statistiche delle precipitazioni partendo dalle osservazioni storiche.

Inoltre, poichè il tasso di precipitazione varia nel tempo in modo assai marcato, l’afflusso idrico

varia molto con la lunghezza dell’intervallo temporale considerato ed è importante studiare la

natura di tale variabilità. In tal senso vengono in aiuto le curve di possibilità pluviometrica che

esprimo il legame tra la durata della precipitazione e l’ intensità della stessa (e quindi l’ altezza

d’acqua caduta) per un assegnato tempo di ritorno.

Un metodo spesso utilizzato per la stima dell’idrogramma di piena è il

metodo della corrivazione . 4

Il tempo di corrivazione del bacino è quello necessario alla goccia di pioggia che cade ne

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
17 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/03 Ingegneria sanitaria-ambientale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Marina Roma di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di esame di stato per l'abilitazione alla professione di ingegnere civile e ambientale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Gargano Esposito.