vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Niodimio:Yag.
Durante la prima esercitazione effettuata in laboratorio sono state eseguite
sia prove statiche che dinamiche su due provini di Alluminio e Acciaio per
mostrare il diverso effetto del fascio laser sui due materiali, durante la
seconda esercitazione invece è stata effettuata una prova dinamica
consistente nel tentativo di effettuare un trattamento termico dell’Alluminio e
un’operazione di pulizia dell’ossido di grafene da un provino di fibra di vetro,
sono stati inoltre esaminati altri provini in cui sono stati eseguiti tentativi di
piegatura assistita con fascio laser.
Descrizione del laser presente in laboratorio
Il primo dispositivo visto in laboratorio è un dispositivo ausiliario chiamato
Ciller che ha la funzione di contenere acqua e portarla a una temperatura di
22 gradi Celsius per raffreddare il laser (durante l’esercitazione nella stanza
in cui è presente il laser era percepibile una temperatura decisamente
maggiore rispetto all’esterno), quest’ultimo è a testa fissa e presenta al suo
interno una pellicola che ha lo scopo di assorbire l’umidità per evitare che il
laser si rovini, se la pellicola è di colore blu vuol dire che può ancora lavorare,
se invece è rosa vuol dire che va cambiata (circa ogni mese) perché non è
più in grado di assorbire l’umidità.
Siccome la testa del laser è fissa per effettuare la lavorazione dinamica dei
pezzi bisogna avere un sistema di movimentazione solidale ai pezzi da
lavorare: sulla base del dispositivo è presente un sistema automatizzato che
grazie all’uso di due motorini consente la traslazione lungo lasse x e l’asse y,
il motorino impartisce un movimento circolare alla base e per trasformarlo in
un movimento traslatorio lo colleghiamo a una vite senza fine, la velocità del
motorino è misurata in giri/s mentre il passo della vite è 1 mm e quindi ha
velocità di 1 mm/giro, combinando le due si ottiene la velocità che poi verrà
utilizzata durante le lavorazioni, cioè mm/s. Lungo l’asse z il sistema può
essere automatizzato ma per ora rimane manuale mentre per effettuare una
lavorazione su pezzi di natura circolare è stato realizzato un altro sistema di
movimentazione in cui il pezzo circolare è bloccato da un puntale e un
motorino consente che avvenga la rotazione del pezzo, quest’ultimo sistema
è chiuso nella parte superiore da un vetro in modo da insufflare il gas inerte
all’interno della piccola camera chiusa così costruita con conseguente
diminuzione/aumento del meccanismo di formazione degli ossidi.
Tutto il sistema in genere lavora sotto protezione di gas che può essere inerte
o attivo per evitare/stimolare la formazione di ossidi sul metallo: all’esterno
della stanza dove è presente il laser ci sono due bombole in pressione di
argon e azoto rispettivamente usate per creare un’atmosfera protettiva o
reattiva in base al tipo di lavorazione da effettuare, di fianco alle bombole vi è
un dispositivo elettronico attaccato al muro che verifica i parametri del flusso
di gas ed è direttamente connesso a un’elettrovalvola presente sulla testa del
laser e collegata agli ugelli di uscita del gas che controlla se il gas deve
arrivare sulla superficie metallica.
Il processo è molto automatizzato, infatti la gestione del dispositivo è
effettuata dall’esterno da un pc fisso, il programma usato per controllare il
laser è Labview: aprendo il programma appare un’interfaccia con tutti i
parametri da inserire per far funzionare il dispositivo in base alle esigenze di
lavorazione, sulla destra vi è un pannello per la regolazione della velocità che
per il dispositivo da laboratorio non va oltre 8 mm/s (anche se in alcuni casi
sono stati raggiunti per brevi tratti anche 11 mm/s) mentre sulla sinistra si
possono inserire i dati relativi alla durata di emissione del fascio e alla
potenza dello stesso per poi infine azionare il dispositivo col comando “Laser
on”. Un
altro dispositivo ausiliario fondamentale è il sistema di sicurezza: è situato
vicino al computer e ha lo scopo di tenere sotto controllo i parametri effettivi
della macchina e di controllare che tutte le misure di sicurezza vengano
rispettate, su di esso sono presenti una serie di luci di colore arancione che
segnalano se c’è qualche sistema di sicurezza non funzionante (ad esempio
se la porta della stanza in cui è presente il laser è aperta) in questo caso
anche se si avvia il laser esso non funziona perché bloccato da questo
dispositivo, quando le luci sono tutte spente il laser può funzionare perché
sono rispettate le condizioni di sicurezza, il tasto per il controllo del sistema di
sicurezza è il tasto “Reset”. Una
volta avviato il laser sul dispositivo di sicurezza si leggono i parametri di
tensione e intensità di corrente i quali devono periodicamente esser verificati
con l’uso del manuale di sicurezza e, nel caso in cui non corrispondano alle
specifiche, vanno ricalibrati.
Una delle caratteristiche fondamentali del Laser a diodi è la dimensione dello
spot, cioè dell’area nella quale il fascio laser agisce, che è di circa 1 mm ed è
molto maggiore degli spot degli altri due meccanismi citati all’inizio che
possono avere dimensione fino anche a 10 micron, questo significa che a
parità di potenza la potenza specifica (potenza per unità di area) del laser a
diodi è decisamente minore degli altri due e, quindi, può risultare meno adatto
alla lavorazione di alcuni tipi di metallo.
Durante l’esercitazione il puntatore laser all’inizio indicava due punti sul
provino invece che uno solo, questo accadeva perché la distanza tra la
superficie del provino e il punto di emissione del fascio era sbagliata e quindi
la focalizzazione era errata: il fascio laser ha un punto d’incidenza (punto di
convergenza del fascio) a una distanza di circa 1-1.5 mm dal punto di
emissione, oltre questa distanza il fascio diverge e si vedono sul pezzo due
punti con distanza relativa proporzionale alla distanza superficie-punto di
emissione del fascio, la conseguenza di interesse ingegneristico è che se il
fascio diverge la potenza che arriva sulla superficie del provino è inferiore a
quella nominale impostata dall’operatore.
Per ottenere la giusta distanza si opera manualmente sull’asse z fino a
quando si vede un solo punto sul pezzo, il punto di incidenza del laser in
laboratorio ha forma ellittica con i due assi di dimensioni 3.8 mm e 1.2 mm di
cui l’asse maggiore diretto lungo la direzione x.
Prima Esercitazione
La prima parte dell’esercitazione è stata effettuata in maniera statica (il laser
ha agito su un punto fisso) su due provini metallici di Alluminio e Acciaio aisi
304 di spessore 1mm precedentemente puliti con acetone e con una potenza
di 500W per la durata di 3s, l’osservazione del processo è avvenuta grazie
alla presenza di una telecamera all’interno della stanza.
I risultati osservati sono di seguito riportati:
L’Alluminio ha riflesso circa il 95% del fascio quindi con una potenza di
• 500W la superficie del provino non ha subito nessun ciclo di alterazione
termica, inoltre a causa dell’elevata conducibilità termica dell’Alluminio il
calore non si concentra in un punto solo ma si disperde velocemente
lungo tutte le direzioni, visivamente la riflessione quasi totale del fascio
corrisponde a un bagliore che non consente di vedere cosa è accaduto
nella stanza;
L’Acciaio ha assorbito circa il 30-40% del fascio producendo un bagliore
• minore, la superficie del provino ha raggiunto il punto di fusione in
corrispondenza dello spot e ciò è dovuto alla presenza all’interno del
metallo di una percentuale di Carbonio il quale ha elevate proprietà di
assorbimento.
In genere tutti i metalli riflettono gran parte del fascio se viene emesso nello
spettro dell’infrarosso quindi conviene esser vicini allo spettro del visibile
durante l’emissione.
Nella seconda parte dell’esercitazione è stata effettuata una prova dinamica
sui provini di Alluminio e Acciaio: in questo caso il comando di Labview non è
presente sull’interfaccia ma bisogna caricarlo da un’altra cartella e il formato
del file con le direttive dei parametri da utilizzare deve essere “.txt”.
All’interno del file sono presenti 8 colonne:
La prima colonna indica, in mm/s, la velocità del sistema di
• movimentazione lungo l’asse x;
La seconda colonna indica, in mm/s, la velocità del sistema di
• movimentazione lungo l’asse y;
La terza colonna indica, in mm/s, la velocità del sistema di
• movimentazione lungo l’asse z;
La quarta colonna indica, in mm, lo spostamento da effettuare lungo
• l’asse x;
La quinta colonna indica, in mm, lo spostamento da effettuare lungo
• l’asse y;
La sesta colonna indica, in mm, lo spostamento da effettuare lungo
• l’asse z;
La settima colonna indica, in W, la potenza del fascio;
• L’ottava colonna indica se il laser deve funzionare (inserendo 1) o se
• deve essere spento (inserendo 0) durante lo spostamento.
Ogni riga del file da una direttiva alla macchina che la esegue, lo
spostamento indicato nel file è relativo al punto di partenza del sistema di
movimentazione e non assoluto da un punto prestabilito.
Per l’Alluminio è stata impostata una potenza di 1000W mentre per l’Acciaio
la potenza era di 200W, è stato effettuato per entrambi uno stesso movimento
lungo l’asse y in cui il laser era attivo durante il primo tratto e spento nel tratto
di ritorno alla posizione d’origine.
In questo caso i risultati ottenuti sono:
L’Alluminio ha subito un ciclo di alterazione termica molto leggero e solo
• nel tratto finale, questo perché con l’aumentare della temperatura
aumenta anche il coefficiente di assorbimento, infatti per la lavorazione
con il laser dell’Alluminio si effettua di solito un preriscaldamento a circa
150 gradi Celsius, in generale l’Alluminio si presta male alle lavorazioni
laser e per avere buone proprietà superficiali il taglio dell’Alluminio con
il laser viene effettuato per spessori non superiori a 3-4 mm;
L’Acciaio, nonostante l’uso di una potenza 5 volte inferiore a quella
• usata per l’Alluminio, ha subito un ciclo di alterazione termica
accentuato e ben visibile a occhio nudo e, siccome l’esercitazione è
stata effettuata in assenza di gas protettivo, &egrav