Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
IL CONFLITTO
Il conflitto nasce dall’incompatibilità tra più mete relative a bisogni diversi e può, dunque, essere
definito come una situazione in cui forze di valore approssimativamente uguale ma di senso opposto
agiscono simultaneamente sull’individuo.
Il conflitto è stato concettualizzato in modo specifico in diversi ambiti. In ambito sociale, il
conflitto è la competizione tra gruppi per aggiudicarsi le risorse; in ambito comportamentista, il
conflitto è dato dall’interferenza tra risposte comportamentali incompatibili; in ambito cognitivo,
esso è considerato come il contrasto tra percezioni, atteggiamenti e credenze dissonanti tra loro o
rispetto alla realtà, come evidenziato da Festinger con il concetto di dissonanza cognitiva. In
ambito psicoanalitico, si fa riferimento al conflitto intrapsichico tra pulsioni e le istanze della
personalità.
Storicamente, sono state proposte diverse classificazioni del conflitto, distinguendolo in
intrapersonale ed interpersonale, cognitivo ed emotivo.
Molti apporti sui conflitti interni provengono dalla psicoanalisi, mentre la psicologia sociale si è
concentrata sui conflitti interpersonali.
Freud ipotizza all’origine della nevrosi l’esistenza di un conflitto inconscio tra le tre istanze
intrapsichiche (Io, Es, Super Io).
Secondo la teoria classica freudiana, il nucleo del conflitto, ha radici che risalgono alla fase fallico-
edipica, in cui il bambino vive un conflitto tra i suoi desideri (cioè il possesso della madre e
l’eliminazione del padre rivale) e le richieste della realtà (cioè l’esistenza della coppia genitoriale e
la presenza di un padre più forte di lui).
La psicologia sociale, riguardo il conflitto interpersonale, ha dato numerosi contributi in particolare
allo studio del conflitto relativo al ruolo. Per ruolo si intende l’insieme delle norme, delle
aspettative, dei modelli comportamentali che convergono su un individuo in quanto occupa una
certa posizione in una rete di relazioni sociali. Il conflitto di ruoli può essere “tra ruoli” se
l’individuo viene ad occupare simultaneamente due posizioni che prescrivono norme e
atteggiamenti diversi e incompatibili tra loro, o “intra-ruolo”, quando le aspettative e le norme
relative ad un ruolo sono interpretate in modo diverso da diversi gruppi.
Vi sono meccanismi diversi che gli individui possono attuare per risolvere conflitti relativi ai ruoli
come la separazione nel tempo e nello spazio dei ruoli in conflitto, il compromesso e la
ristrutturazione del ruolo o la fuga dal campo per evitare il conflitto (ammalarsi, non presentarsi, per
evitare una situazione).
Riguardo al conflitto cognitivo si studia come il soggetto elabora l’incongruità percettiva e
cognitiva. Molti autori sottolineano, infatti, l’importanza per gli individui di essere coerenti
riguardo alle proprie convinzioni sul mondo. L’assenza di coerenza logica tra le proprie
convinzioni, definita da Festinger dissonanza cognitiva, induce un conflitto tanto più grave quanto
più importante è l’elemento su cui si attiva la dissonanza. Le persone tendono a risolvere o a ridurre
la dissonanza cognitiva in diversi modi: modificando il comportamento, modificando la
convinzione o selezionando solo quel tipo di informazioni che riducono la dissonanza.
Il conflitto emotivo è stato approfondito da Lewin, legato all’orientamento gestaltico, che ha
formulato tre possibili schemi di conflitto tenendo conto della valenza positiva o negativa delle
tendenze in conflitto.
Il primo tipo di conflitto è quello di tipo attrazione-attrazione, che scaturisce da due tendenze
positive ed è il più innocuo poiché comporta la scelta tra due opzioni ugualmente ambite. Anche se
le opzioni sono entrambe piacevoli è comunque una situazione che genera tensione, per questo, una
volta effettuata una scelta il soggetto esalta l’opzione scelta e denigra quella trascurata o viceversa
per difendersi dal ritorno del conflitto.
Il secondo conflitto, di tipo attrazione-avversione, implica che l’oggetto possieda sia caratteristiche
attraenti che repulsive, dunque, il soggetto non sa se avvicinarsi, ricevendo così un danno, oppure
evitarlo, rinunciando però alla componente positiva.
Il terzo conflitto, di tipo avversione-avversione, implica che il soggetto si trovi di fronte a due
situazioni negative, tenderà pertanto a difendersi con la ritirata ma quando ciò non sarà possibile
ripiegherà sull’opzione meno dannosa.
Hovland e Sears hanno introdotto un quarto tipo di conflitto ossia quello di tipo più attrazioni-più
avversioni in cui vi sono due oggetti diversi che presentano entrambi sia aspetti positivi che
negativi.
Il conflitto è stato studiato prevalentemente attraverso una metodologia sperimentale. Festinger, ad
esempio, ha condotto interessanti esperimenti sulla dissonanza cognitiva che hanno dimostrato
come le persone tendono a cambiare le proprie opinioni quando sono in contrasto con il proprio
comportamento. Inoltre, per l’analisi dei conflitti rimangono essenziali il colloquio e l’utilizzo di
test psicometrici che consentono di far emergere anche i conflitti profondi, come il Rorschach e il
TAT.
In qualunque ambito lo psicologo e lo psicoterapeuta operino si trovano costantemente impegnati ad
affrontare aspetti conflittuali presentati dall’utente pertanto numerosi sono gli ambiti in cui trovano
applicazione gli studi sul conflitto. In ambito clinico, un classico aspetto applicativo degli studi sul
conflitto riguarda il trattamento delle nevrosi. La mediazione familiare è un ulteriore ambito di
applicazione degli studi sul conflitto in quanto consente di elaborare il conflitto che può
caratterizzare alcuni eventi paranormativi, come la separazione e il divorzio, consentendo di
elaborarlo, riconfigurando le relazioni per evitare eccessivi livelli di aggressività tra ex-coniugi. La
psicologia evolutiva considera essenziali i conflitti legati ai momenti di passaggio da una fase
all’altra del ciclo di vita. In particolare, tipico dell’adolescenza è il conflitto tra dipendenza-
indipendenza, tra il desiderio di sviluppare un processo di differenziazione e autonomia e quello di
rimanere legati alla propria famiglia d’origine.
CONFRONTO TRA SVILUPPO PERCETTIVO E COGNITIVO
Per sviluppo cognitivo si intende la sequenza di cambiamenti che si verificano nelle capacità di
processamento delle informazioni e di acquisizione di conoscenza attraverso l’esperienza.
L’autore che maggiormente ha approfondito le tappe dello sviluppo cognitivo è J. Piaget, biologo
ed epistemologo che ha fondato una nuova disciplina, “l’epistemologia genetica”, che studia le
connessioni tra dotazione genetica e sviluppo cognitivo. La maturazione dell’organismo e del
sistema nervoso è condizione per l’emergere di strutture cognitive sempre più evolute. La loro
comparsa segue degli stadi, corrispondenti a specifici intervalli di età e a corrispondenti strutture
cognitive.
Secondo Piaget l’interazione tra il bambino e l’ambiente comporta due processi, l’assimilazione e
l’accomodamento. Tramite l’assimilazione il soggetto immette nuovi dati in vecchi schemi, con
l’accomodamento cambia i vecchi schemi mentali alla luce dei nuovi dati acquisiti nel processo di
transazione con l’ambiente.
Da tali premesse è possibile dedurre come attraverso l’esperienza il bambino crea nuovi schemi
mentali, da applicare alle esperienze successive. Vi è, dunque, un’influenza costante e circolare
tra il bambino e l’ambiente.
La percezione, in realtà, rientra nell’ambito più vasto delle funzioni cognitive, poiché costituisce
una modalità primaria, immediata e diretta di conoscenza e fa da sostegno a forme di conoscenza
più elevate, regolate dai processi di pensiero e dal linguaggio. Queste forme di conoscenza, a loro
volta, man mano che si sviluppano, possono influenzare i processi percettivi stessi. Più
precisamente, riguardo al rapporto reciproco tra sviluppo percettivo e sviluppo cognitivo,
possiamo individuare due periodi evolutivi successivi. Durante il primo periodo evolutivo, dalla
nascita fino a 5-6 anni, si assiste ad un rapido progresso nella capacità di strutturazione del campo
percettivo; questo sviluppo, che porta fino alla capacità di percepire la tridimensionalità, è connesso
alla maturazione fisiologica degli apparati sensoriali e del sistema nervoso. Durante questo periodo,
i processi percettivi sembrano orientare lo sviluppo intellettivo. In principio, infatti, tale sviluppo
anticipa e sostiene quello intellettivo nella sua espressione più elementare (senso motoria secondo
Piaget). La conoscenza percettiva precede quella rappresentativa; anche dopo lo stadio senso-
motorio, fin verso i 5-6 anni, l’intelligenza rappresentativa rimane, per certi aspetti, influenzata dai
limiti della conoscenza percettiva. Il 2° periodo evolutivo, compreso tra i 6 anni e l’adolescenza,
appare caratterizzato dal graduale sviluppo dei processi cognitivi più elevati, che pervengono al
livello operatorio, e dalla loro influenza sullo sviluppo della percezione. Questa influenza risulta
evidente nella capacità di cogliere i rapporti fra il tutto e le parti, di ristrutturazione degli elementi
compresi in un’unità figurativa complessa, nella disposizione a percepire le relazioni spaziali,
nonché nella capacità di individuare le proprietà funzionali degli oggetti e di compiere
comparazioni di identità o diversità fra stimoli complessi. Relativamente al rapporto tra sviluppo
percettivo e cognitivo, J. Piaget che è autore di importanti contributi teorici e sperimentali allo
studio dello sviluppo percettivo e cognitivo. Secondo lo studioso, la percezione e l’intelligenza sono
2 forme diverse di conoscenza e di adattamento. La percezione, però, è una modalità conoscitiva
inferiore e gerarchicamente subordinata all’intelligenza dal punto di vista evolutivo, poiché rientra
nell’ambito più ampio dell’intelligenza sensomotoria. Piaget postula, quindi, una sorta di
dipendenza evolutiva della percezione rispetto ai processi intellettivi, poiché le prime percezioni
dell’individuo vengono mediate dagli schemi sensomotori. Inoltre, diversamente dallo sviluppo
dell’intelligenza, caratterizzato da un’evoluzione per stadi qualitativamente differenti, lo sviluppo
percettivo costituisce, secondo Piaget, un processo continuo, qualificato fondamentalmente da
cambiamenti quantitativi, ovvero da progressivi miglioramenti nella capacità di attuare una
selezione delle info. Sul piano strutturale, infine, mentre l&rsqu