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GENERALE 2 – DOMANDE D’ESAME
1. Rapporto tra la teoria del doppio codice e il problem-solving.
cap. 3 / 16 del Mosconi
La teoria del doppio codice prevede che il comportamento dei soggetti sia di
norma congruente con il messaggio effettivo che essi ricevono, alla cui
determinazione concorrono sia la situazione nel suo insieme, sia le istruzioni e il
compito che vengono loro proposti. La discrepanza tra risposte teoriche attese e
quelle effettivamente date rispecchia la discrepanza fra il codice logico in base
al quale lo sperimentatore organizza la situazione sperimentale e classifica le
risposte e il codice naturale psicoretorico utilizzato dal soggetto nel decodificare
il messaggio. Il messaggio effettivo può essere diverso da quello che Io
sperimentatore crede di aver trasmesso. Esigenza psicologica che l'operazione
di falsificazione segua ad una verifica: per il senso comune, solo quando una
regola sia confortata da esempi positivi può nascere l'esigenza di accertare se è
sempre vera, ossia cercare di falsificarla.
- presentazione della teoria del doppio codice: naturale e legale.
- rispetto al problema solving c’è una possibilità di una doppia lettura.
mosconi prende una posizione precisa sulla razionalità/non razionalità;
nonostante il fatto che si sia in un contesto in cui dovrebbe essere applicato il
codice legate e che i soggetti siano addestrati a farlo (come nella conjuction
fallacy) prevale il codice naturale. C’è un modo naturale di interpretare la
realtà, il codice naturale di default prevale, è consolidata dall’uso.
Tutto ciò richiama la questione dell’errore che non è molto importante nella
teoria del problem solving, non ha un riferimento extrapsicologico; non c’è una
teoria attraverso la quale si valuta la performance, il risultato viene dal risolvere
il qui pro quo = ristrutturazione. Negli altri ambiti invece c’è una teoria esterna
che leggittima il codice legale, in tutto il resto: es. nella conjuction fallacy si ha
un errore perché lo conferma la teoria della probabilità. Interviene un piano di
interpretazione al di là delle teorie di riferimento. Queste teorie sono le teorie
“normative”, che ci dicono se ragioniamo bene oppure no.
2. Come viene interpretato da Mosconi un focus dell’errore? Perché gli psicologi
hanno l’esigenza di guardare ad altri aspetti non previsti da queste teorie?
Come dobbiamo considerare la questione dell’errore?
Non c’è difetto di ragionamento, ma c’è un modello interpretativo che trasforma
l’interpretazione logica in quella che viene effettivamente compresa dal
soggetto. Trasformazione del problema rispetto a quello posto dallo
sperimentatore. Un esempio potrebbe essere l’esperimento di Wason, in cui il
soggetto quando sbaglia non mostra una fallacia di ragionamento, ma di
interpretazione rispetto allo sperimentatore; inoltre c’è un problema di
implicazione per quanto riguarda “se allora” che viene percepito dal soggetto
come due cos e intrinsecamente connesse.
3. La valutazione degli errori come ci rappresentiamo la spiegazione dell’errore?
Da cosa è originato un bias? Qual è l’origine dell’errore?
Per Wason manca il modus tollens, per T e K la considerazione della base rate,
manca qualcosa, si semplifica, manca un pezzo che per noi è troppo complicato.
Pensiamo in modo molto focalizzato, tante volte ci fissiamo su una cosa, l’errore
non è un’esperienza estranea, siamo pervasi da una tendenza a sbagliare.
4. Perché un soggetto non capisce rispetto a come vuole la logica? Quali sono gli
errori “autentici” e come interpretano gli errori questi autori che si interrogano
sull’interpretazione del compito? E’ razionale colui che astrae, riesce a