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85) NEI CONTRATTI DI COMPRAVENDITA DOVE AVVIENE LA TRASCRIZIONE?
Ne i pubblici registri immobiliari
86) QUALE FORMA DI TRASCRIZIONE SI DEVE AVERE? E’ SUFFICIENTE LA FORMA
SCRITTA?
No, ci deve essere trascrizione anche da notaio o da pubblico ufficiale
87) INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO
PREMESSA; Interpretare il contratto vuol dire accertare in primo luogo il contenuto e il suo
significato giuridicamente rilevante. L’interpretazione del contratto può svolgersi secondo regole di
interpretazione soggettiva (art. 1362.1365), dirette cioè a palesare il significato della volontà delle
parti, oppure secondo regole di interpretazione oggettiva e cioè attraverso tecniche di intervento
sulla definizione dei contenuti contrattuali ispirate a soluzioni coerenti con l’ambito delle volontà.
La reale volontà delle parti emerge in primo luogo da una interpretazione formale e cioè dal
linguaggio e dai termini impiegati i quali costituiscono l’avvio al processo interpretativo: in secondo
luogo una interpretazione sostanziale evidenzia che cosa le parti abbiano realmente voluto e quali
interessi abbiano realmente coltivato.
L’art. 1366 stabilisce che il contratto deve essere interpretato secondo buona fede, termine che
può riferirsi al canone oggettivo (= correttezza e lealtà) e al canone oggettivo (= ragionevole
affidamento che le parti hanno riposto o potevano riporre su quanto hanno lasciato intendere
attraverso le loro dichiarazioni). La buona fede è la clausola generale che si riferisce sia
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all’interpretazione del contratto secondo buona fede, sia all’esecuzione del contratto secondo
buona fede e diligenza(=esecuzione consiste nella realizzazione dei suoi effetti. Diligenza
consiste nell’impiego di tutto lo sforzo adeguato per realizzare gli interessi dell’altra parte, buona
fede è espressione di solidarietà contrattuale ed impone ad una parte di rispettare anche i vantaggi
e le utilità dell’altra nei limiti in cui ciò non importi per se stessa un apprezzabile sacrificio).
88) CRITERI OGGETTIVI DI INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO
Allorquando la volontà delle parti non sia accertabile o non risulti univoca, l’interprete può avvalersi
dei criteri di interpretazione previsti dagli artt. 1365 - 1371 c.c., detti anche criteri di interpretazione
oggettiva (= sono tecniche con cui si ricava il significato ed il contenuto del contratto con soluzioni
esegetiche ma coerenti lo stesso con le volontà delle parti). I criteri di interpretazione oggettiva
prevedono che l’interprete dovrà ricercare quale sia il significato attribuito a quelle espressioni nel
linguaggio comune, o nel linguaggio proprio della categoria cui appartengono i contraenti.
Il primo criterio oggettivo è quello della buona fede, imponendosi all'interprete di dare al contratto
il significato che gli attribuirebbero contraenti corretti e leali. Questo criterio può condurre a dare al
contratto un significato diverso dal significato testuale delle espressioni che in esso sono
contenute; questo differente significato è quello che al contratto darebbero le parti se fossero leali
e corrette. Es. A non conosce bene la lingua e cade in errore su una certa parola; B se ne accorge
ma trova conveniente approfittare dell’equivoco: se tale criterio non esistesse B potrebbe
pretendere di far valere comunque l’interpretazione oggettiva; al contrario se si accerta la mala
fede di B, il contratto si interpreterà nel modo che A aveva inteso. Altri criteri oggettivi sono: il
criterio degli usi interpretativi, per cui la clausola ambigua si interpreta secondo ciò che
generalmente si pratica nel luogo in cui il contratto è stato concluso; altro criterio è che le
condizioni generali di contratto, si interpretano, nel dubbio, contro l’autore della clausola e
quindi a favore dell’altro contraente che è più debole (art. 1370). Altro criterio oggettivo è la
regola della conservazione del contratto in base alla quale se l’interpretazione da luogo a due
possibili versioni, una delle quali conduce a non attribuire affetti al contratto o alla singola clausola,
occorre interpretare il contratto secondo l’altra che consente la produzione di effetti (art. 1367).
89) ART. 1341: DISCIPLINA LE CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO. LE CLAUSOLE IN
ESSO CONTENUTE SONO VALIDE NEI CONFRONTI DELL’ALTRO O NO?
A volte si, a volte no.
Quando il contratto è predisposto da una sola delle Parti, questo è efficace nei confronti dell'altra
quando si può supporre che essa ne abbia conosciuto il contenuto usando l'ordinaria diligenza.
Cioè: il contratto gli deve essere stato consegnato e si suppone che lui, prima di firmare, lo abbia
letto. Questa presunzione (il fatto di averlo letto) non è neppure sufficiente quando le clausole sono
di particolare importanza. Ecco dunque che quelle clausole vanno evidenziate in modo specifico e
la parte debole deve approvarle in modo specifico: questo per richiamare ancora meglio
l'attenzione di chi firma. In questi casi l’efficacia del contratto è condizionata all’accertamento
positivo che l’aderente al momento della conclusione del contratto conoscesse o avrebbe dovuto
conoscere con l’uso dell’ordinaria diligenza le predette condizioni generali. Inoltre l’efficacia di
alcune clausole vessatorie non si produce in favore dell’impresa che le abbia predisposte se non
sono specificatamente approvate per iscritto da parte dell’aderente. L’art. 1341 trova applicazione
anche nel caso di contratto concluso tra privato con moduli o formulari prestampati che possono
ridurre l’attenzione delle parti sul carattere vessatorio di talune clausole.
90) FORME DI PUBBLICITA’
Pubblicità-notizia
La pubblicità-notizia (detta anche pubblicità notificativa) si limita a dare notizia di determinati fatti,
senza che la sua omissione impedisca ai medesimi di produrre i loro effetti giuridici o ne determini
l'invalidità. Essa, dunque, non costituisce un onere ma, semmai, un dovere laddove sia prevista
una sanzione in caso di omissione.
Sono esempi di pubblicità-notizia nell'ordinamento italiano:
• l'iscrizione degli imprenditori nella sezione speciale del registro delle imprese (art. 8,
comma 5, legge 29 dicembre 1993, n. 580);
23 • la pubblicazione di matrimonio (art. 93 c.c.);
• l'annotazione a margine dell'atto di nascita della sentenza di interdizione (art. 423 c.c.);
• la trascrizione nei registri immobiliari delle accettazioni di eredità e degli acquisti di legato
(art. 2648 c.c.).
Pubblicità dichiarativa
La pubblicità dichiarativa è volta a rendere opponibili a determinati soggetti i fatti per cui è prevista
(ad esempio, a rendere opponibile un negozio giuridico ai terzi): la sua omissione, pur non
determinando l'invalidità, impedisce che il fatto produca effetti giuridici nei confronti di tali soggetti.
L'ordinamento può configurare la pubblicità come condizione sufficiente ma non necessaria per
l'opponibilità, allorché consenta di provare, in alternativa, che il soggetto era comunque a
conoscenza del fatto, nonostante la mancata pubblicità; oppure può configurarla come condizione
necessaria, oltre che sufficiente, sicché la mancata pubblicità preclude in ogni caso l'opponibilità,
quand'anche il soggetto fosse venuto altrimenti a conoscenza del fatto. Nell'uno come nell'altro
caso, la pubblicità dichiarativa costituisce, dunque, un onere affinché il fatto possa produrre i suoi
effetti giuridici nei confronti di chiunque ed essere, quindi, pienamente efficace.
Sono esempi di pubblicità dichiarativa nell'ordinamento italiano:
• l'iscrizione degli imprenditori, diversi dalle società di capitali e dalle società cooperative,
nella sezione ordinaria del registro delle imprese (art. 2193 c.c.);
• la trascrizione nei registri immobiliari dei contratti che trasferiscono la proprietà di beni
immobili (art. 2644 c.c.).
Pubblicità costitutiva
La pubblicità costitutiva è requisito necessario affinché la fattispecie si perfezioni, sicché in sua
mancanza l'atto è privo di validità e non produce effetti nei confronti di chiunque (quindi né tra le
parti del negozio giuridico, né verso i terzi). Essa è, dunque, un onere al fine dell'efficacia e della
validità dell'atto.
Sono esempi di pubblicità costitutiva nell'ordinamento italiano:
• l'iscrizione delle società di capitali nella sezione ordinaria del registro delle imprese (art.
2331 c.c.);
• l'iscrizione delle ipoteche nei registri immobiliari (art. 2808 c.c.).
91) QUANDO SI ANNULLA IL CONTRATTO I TERZI DEVONO RESTITUIRE IL BENE
CEDUTO?IN QUALI CASI DEVONO RESTITUIRE IL BENE ED AVERE IL
RISARCIMENTO DEL DANNO?IN QUALI CASI SI TENGONO IL BENE?
(art. 1445)Non devono restituire il bene se lo hanno acquistato in buona fede e se lo hanno
acquistato a titolo oneroso; in tutti gli altri casi devono restituirlo, cioè la pronuncia di annullamento
implica l’obbligo a restituire le prestazioni già eseguite secondo il principio di ripetizione
dell’indebito
92) RESCISSIONE DEL CONTRATTO(art. 1447)
La rescissione del contratto può chiedersi per anomalie verificatesi al momento della
conclusione a) perché concluso in stato di pericolo, oppure b) per lesione/in stato di bisogno. In
alcuni casi accade che le prestazioni che sono poste in capo alle parti di un contratto siano inique,
nel senso che l’una parte debba all’altra molto più di quanto essa ha diritto a ricevere in
contraccambio.
Il Codice Civile prevede per queste ipotesi la rescissione del contratto, ovverosia la possibilità di
far venir meno il vincolo contrattuale in essere tra le parti attraverso una pronuncia del giudice.
Precisamente, la rescissione del contratto si può chiedere:
Stato di pericolo: un contratto è stato concluso a condizioni inique da una soggetto che vi è stato
costretto dalla necessità di salvare sé stesso od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla
persona; è necessario che il pericolo sia attuale, futuro o temuto purchè sia immanente ed è
necessario che il pericolo era noto alla controparte
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Stato di bisogno (o per lesione): vi è sproporzione tra la prestazione di una delle parti e quella
dell’altra e ciò consegua allo stato di bisogno della parte danneggiata, di cui l’altra parte abbia
approfittato per trarne vantaggio. La lesione deve essere particolarmente elevata, si richiede cioè
che il valore della prestaz