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PLANCTON
Il termine Plancton significa ”ciò che è vagante” e comprende tutti
gli organismi marini vegetali (FITOPLANCTON) e animali
(ZOOPLANCTON) troppo deboli o troppo piccoli per determinare il
loro movimento e che si lasciano quindi trasportare dalle correnti.
Fitopancton
Appartengono al fitoplancton le alghe unicellulari che sono i
primi e più importanti produttori nell’ecosistema marino: tra
queste ricordiamo le alghe azzurre (Cianophyta) e le alghe
brune (Chromomophyta) alle quali appartengono
le DIATOMEE che rappresentano circa il 70 % di tutto il
plancton marino. 8
Le Diatomee sono di colore giallo brunastro per la
o presenza di un pigmento, la fucoxantina. Unicellulari, le
diatomee sono caratterizzate da strutture silicee simili al
vetro, formate da due teche incastrate tra loro come il
coperchio e il fondo di una scatola. Vivono libere nelle
acque o riunite in colonie gelatinose e i loro depositi sui
fondali costituiscono, nel corso dei millenni, la cosiddetta
“farina fossile”.
I Dinoflagellati sono unicellulari eucarioti, le cui cellule
o presentano un solco longitudinale e uno trasversale in
ciascuno dei quali si trova un flagello.
Le varie combinazioni di pigmenti conferiscono ai
cloroplasti una tinta che può variare dal giallo al bruno, al
verde. Alcune di esse posso produrre il fenomeno della
bioluminescenza (“mare in amore”) anche nell’Adriatico
(Noctiluca scintillans).
N.B. Le Diatomee e le Dinoflagellate sono microalghe che
costituiscono il fitoplancton, e cioè il primo anello della catena
alimentare. Queste microalghe crescono in funzione dell’apporto di
nutrienti dai fiumi. Infatti se l’apporto dei nutrienti (N, P) è
massiccio, si va incontro a quelle che vengono chiamate “fioriture
microalgali”. Durante queste fioriture si ha uno sviluppo di una o più
specie di Diatomee o di Dinoflagellate, l’acqua assume colorazione
varie: dal verde chiaro al verde scuro per le Diatomee e dal rosso al
marrone per le Dinoflagellate. Queste fioriture possono avere gravi
conseguenze, sia sull'ambiente perchè le microalghe, una volta
morte, si depositano sul fondo e consumano ossigeno, sia per la 9
salute perché possono produrre tossine pericolose per l’uomo.
Esse, inoltre, possono provocare lo sviluppo di mucillagine.
Zooplanct
on BENTHOS
Costituiscono lo zooplancton innumerevoli forme
microscopiche e macroscopiche rappresentate da È
quasi tutti i principali gruppi tassonomici di
invertebrati, comprese le larve di migliaia di specie di
pesci. Possiamo distinguere un:
mesozooplancton (0.2-20 mm) costituito
o principalmente da piccoli crostacei come copepodi e
cladoceri;
macrozooplancton (2-20 cm) comprendente
o chetognati, salpe, piccole meduse;
megaplancton (> 20 cm) rappresentato dalle grandi
o meduse.
definito benthos l’insieme degli organismi vegetali e animali che
hanno rapporti temporanei o permanenti con il fondo del mare. Il
fondale può essere duro (formato da rocce o manufatti artificiali) o
molle (costituito da sabbie e fango .
)
L'ambiente bentonico viene suddiviso in diversi sistemi, a seconda
della loro profondità. Il sistema più vicino alla costa è
chiamato sistema litorale ed è suddiviso in senso verticale in diversi
piani:
Piano sopralitorale: zona emersa che solo occasionalmente
viene raggiunta da maree anomale o mareggiate. È
caratterizzata da organismi che riescono a vivere in completa
emersione.
Piano mediolitorale: zona compresa mediamente tra il livello
massimo di alta marea e quello minimo di bassa marea. È
caratterizzato da organismi in grado di sopportare periodiche
emersioni ed immersioni. Nel Mediterraneo, in media, da 0 a
0,5 – 1 m. 10
Piano infralitorale: zona compresa tra il limite estremo ove gli
organismi necessitano di vivere sempre sommersi e la
massima profondità raggiunta dalle alghe fotofile e dalle
fanerogame marine (posidonie, zostere). Nel Mediterraneo, in
media, da 1 m a 25 m.
Piano circalitorale: zona compresa tra il limite di
sopravvivenza delle alghe fotofile e quello delle alghe sciafile.
Nel Mediterraneo, in media, da 30 m a 200 m.
NECTON
Il necton è costituito da quegli animali forti nuotatori capaci di
muoversi liberamente con i propri mezzi nell'ambiente acquatico.
Il necton abbraccia al suo interno i seguenti gruppi di animali
marini: pesci, cefalopodi, tartarughe e cetacei, che vivono in
mare aperto. 11
Gli organismi nectonici occupano i livelli superiori della
piramide alimentare, svolgendo così il ruolo di consumatori.
Gli animali del necton trascorrono il loro
intero ciclo vitale nel mare, avendo
esigenze biologiche diverse in base alla
salinità, alle condizioni trofiche ed
all’ossigeno.
Migrazioni del necton
La migrazione è uno spostamento attivo e diretto da un’area ad
un’altra, basata sulle variazioni ambientali. Le migrazioni, che
possono essere di piccola o grande entità, sono compiute ai fini
della riproduzione (migrazioni genetiche) e dell’alimentazione
(migrazioni trofiche).
Elementi essenziali come il sole e la diretta reazione a gradienti di
fattori biotici, e abiotici, svolgono una funzione guida per i pesci
durante la migrazione, spesso effettuata in banchi.
Gli animali del necton, in particolare pesci e cefalopodi,
rappresentano una risorsa fondamentale della nostra
alimentazione. L'attività della pesca viene infatti praticata dall'uomo
fin dai tempi più antichi .
INQUINAMENTO DA PLASTICA IN MARE: CAUSE,
CONSEGUENZE E SOLUZIONI
Se filtrassimo tutte le acque salate del mondo, scopriremmo che
ogni chilometro quadrato di esse contiene circa 46.000 micro-
particelle di plastica in sospensione. 12
Numeri impressionanti di un fenomeno che non è circoscritto alle
cinque “isole di plastica” in continuo accrescimento negli
Oceani ma tocca anche il nostro Mar Mediterraneo.
Come ricorda l’UNESCO, il fragile equilibrio della vita marina
animale e vegetale è scosso dalla concentrazione sempre più
elevata di plastiche di ogni tipo e la catena alimentare sta subendo
danni forse irreparabili.
Come la plastica finisce in mare
I dati dello studio di Science Advances parlano chiaro:
la produzione mondiale di resine e fibre plastiche è cresciuta dai 2
milioni di tonnellate del 1950 ai 380 del 2015.
Oltre 8.300 milioni di tonnellate prodotte in 65 anni hanno reso la
plastica uno dei simboli industriali, con cemento ed acciaio, dell’era
dell’”Antropocene”, in sostanza l’epoca geologica in cui viviamo in
questo momento.
E’ entrata a tal punto nella nostra quotidianità che risulta difficile
pensare ad un oggetto che non contenga polimeri, anche in minima
parte.
Ma questa enorme produzione ha il suo rovescio della medaglia.
La plastica è infatti il prodotto sintetico a più lunga conservazione,
si degrada completamente solo in centinaia di anni.
E’ logico quindi che, se non bruciata o riciclata correttamente,
finisca nell’ambiente favorendo l’alterazione di ecosistemi troppo
delicati. 13
Purtroppo in questi anni di crescente domanda, solo il 20% della
plastica prodotta è stato riciclato o incenerito. Tutto il resto si è
accumulato come scarto a terra e in acqua.
Di conseguenza dai 4 ai 12 milioni di tonnellate di plastica
finiscono nei mari di tutto il mondo ogni anno, causando l’80%
dell’inquinamento marino.
Rifiuti che per i 4/5 entrano in mare sospinti dal vento o trascinati
dagli scarichi urbani e dai fiumi. Il resto è prodotto direttamente
dalle navi che solcano i mari, soprattutto pescherecci ma anche
navi mercantili ed imbarcazioni turistiche di tutte le stazze.
Le caratteristiche dell’inquinamento marino da plastica
Dalla Fossa delle Marianne ai poli, residui di plastica sono stati
trovati praticamente ovunque nei mari e negli oceani.
Bottiglie, imballaggi, reti da pesca, sacchetti, fazzoletti, mozziconi e
qualunque altro oggetto in plastica una volta finito in acqua si
spezza in frammenti più piccoli per azione dell’erosione e delle
correnti.
Come dimostrato da diversi esperti, questi frammenti, che possono
raggiungere dimensioni microscopiche inferiori ai 5 mm di diametro,
costituiscono una fra le principali cause di morte per
soffocamento di molti pesci ed uccelli marini poiché
vengono scambiati per cibo.
A causa di ciò, 115 specie marine sono a rischio, dai mammiferi
agli anfibi.
L’ingerimento accidentale di plastica scambiata per plancton o
meduse è un fenomeno così comune che il 52% delle tartarughe
marine ne ha subito gli effetti.
Quali sono i rimedi possibili per ridurre l’uso di plastica
Secondo le stime più affidabili, nel 2050 avremo prodotto più di
25.000 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, di cui la maggior parte di
provenienza domestica.
Solo una piccola parte verrà riciclata o incenerita. 14
Nel nostro piccolo, se vogliamo difendere la salute dei mari e
preservarne le forme di vita, la prima cosa da fare è cambiare le
nostre abitudini di acquisto.
Come? Applicando i principi delle 4 R.
– Ridurre: optare per prodotti con meno imballaggi, borse in stoffa,
batterie ricaricabili…
– Riusare: scegliere il vuoto a rendere, il vetro al posto della
plastica…
– Riciclare: selezionare i rifiuti, adottare la raccolta differenziata…
– Recuperare: produrre oggetti diversi dalla loro funzione originale,
inventare nuovi utilizzi…
In Italia…
L’approvazione della legge che ha imposto il pagamento per
l’utilizzo di shopper biodegradabili e compostabili dal 1° Gennaio
2018, secondo le indicazioni della direttiva 2015/720 dell’Unione
Europea, è solo un primo passo verso la riduzione dell’uso di
plastica da imballaggio.
Tuttavia, prima di percepire una reale inversione di tendenza, la
strada da percorrere è ancora lunga.
L’indagine Beach Litter di Legambiente, che monitora la quantità di
rifiuti sulle spiagge italiane, racconta di una media di 670 rifiuti ogni
100 metri. 15
La plastica si conferma il materiale più trovato (84% degli oggetti
rinvenuti), seguita da vetro/ceramica (4,4%), metallo (4%), carta e
cartone (3%).
Reti per la coltivazione di mitili, tappi e coperchi, frammenti di rifiuti,
mozziconi, bottiglie e contenitori, bastoncini cotonati, stoviglie usa e
getta e frammenti di polistirolo: ecco cosa possiamo trovare sulle
nostre spiagge. L