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L’usucapione era un modo di acquisto a titolo
originario del dominium ex iure Quiritium
riservato solo ai cives, che si realizzava attraverso
il possesso continuato nel tempo in presenza di
determinati requisiti: le res habilis, cioè tutte le
cose che potevano essere oggetto di dominium
ex iure Quiritium tranne le res furtivae e quelle vi
possessae; la possessio, cioè occorreva tenere la
cosa uti dominus (ovvero possedere il corpus
possessionis e l’animus possidendi); il tempus; il
termine fissato dalle XII Tavole per effettuare
l’usucapione era il possesso continuo della cosa di
due anni per i beni immobili (come i fondi) e di un
anno per i beni mobili. In età tardoclassica si
diffuse il principio dell’accessio possessionis in
virtù del quale l’acquirente a titolo particolare
(come il compratore o il legatario) poteva
sommare, ai fini del computo del tèmpus ad
usucapiònem, il tempo del possesso maturato dal
primo usucapiente (suo dante causa), al tempo
del suo possesso. A tal fine, era rilevante, per la
mediazione degli effetti propri dell’usucapione, la
buona fede anche nel momento iniziale del
possesso dell’avente causa; il titulus o iusta
causa, cioè la ragione oggettiva alla base
dell’acquisto del possesso; la fides, cioè la
convinzione di non ledere un diritto altrui al
momento dell’acquisto del possesso (requisito di
carattere soggettivo). Per questo motivo
l’usucapione non poteva verificarsi in caso di cose
rubate. La fides era l’unico requisito che chi
intendeva effettuare l’usucapione doveva
dimostrare. La difesa del possessore ad
usucapionem che avesse perso il possesso della
cosa prima del compimento dei termini per
l’usucapione era garantita dall’actio Publiciana.
L’actio Publiciana era un’azione utile fittizia nella