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Tesi di Wittgenstein : Nel circolo di Vienna si discutono le tesi di Wittgestein. W. è un
ingegnere, come gli altri del circolo di Vienna, solo che lui non entrò nel circolo perché
probabilmente si riteneva superiore. Fa una prima teoria sul linguaggio che viene
concretizzata in un libro “tractatus logicus philosophicus” . In questo libro sostiene di aver
risolto tutti i problemi della filosofia, dice:la filosofia è morta e si ritira. Va a fare l’insegnante
elementare, il suo secondo libro infatti è un sussidiario per bambini. Poi lavorerà come
giardiniere e successivamente ritornerà a fare lo scienziato a Cambridge, dove morirà.
Questo personaggio produce una prima teoria, basata sul modello referenziale: la parola
rappresenta sempre un oggetto. Noi, però, utilizziamo anche parole che non hanno oggetti:
amore, pace, giustizia etc… Per W. queste parole non hanno senso, sono parole vuote. Tutto
ciò che non ha un referente oggettivo non ha senso, tanto che il suo libro finisce con questa
frase: “di tutto ciò che è chiaro, si può parlare; di tutto ciò che non è chiaro, si deve tacere”
e così ha messo fine alla filosofia. Ora, se noi applichiamo solo il triangolo di Frege, non
abbiamo problemi, ma le parole di per sé non significano nulla, per esprimere un concetto
abbiamo bisogno degli enunciati, quanto meno nella forma primordiale del giudizio. Il giudizio
è un enunciato con un soggetto, un verbo e un predicato. (es. questo è bianco) IL problema
di far coincidere la parola con un oggetto fisico diventa più difficile quando passiamo dalle
parole agli enunciati. Per W. questo non è un problema perché ritiene che il mondo rifletta la
struttura del linguaggio e viceversa. Il linguaggio avrebbe la stessa struttura del mondo. ES.
Un videogioco si crea attraverso una programmazione (insieme di parole che costituiscono
un programma). Ogni azione del videogioco è espressa da una frase del linguaggio di
programmazione, sicché c’è una stretta connessione tra il gioco,cioè la realtà che vediamo e
quel linguaggio. Per W, è la stessa cosa :il linguaggio ha la stessa struttura del mondo.
L’enunciato, nella sua forma logica(struttura sintattica), riproduce la struttura ontologica(della
sua essenza) della realtà. Cosa significa? ES.” il libro è sul tavolo”, questa frase riproduce,
nella sua forma logica, la stessa struttura della realtà. La parola libro e la parola tavolo,
avrebbero entrambe un oggetto. La frase sarebbe composta da 2 nomi e rifletterebbe una
struttura identica, composta da 2 realtà. Il linguaggio avrebbe la stessa struttura della realtà,
equivalendo ad una fotografia fedele. Ecco perché viene chiamata pittorica questa teoria,
perché la frase è il ritratto della realtà. Come un modellino in scala, il quale riproduce una
realtà, allo stesso modo il linguaggio sarebbe un modellino della realtà. IL linguaggio ha la
stessa struttura del mondo per W., i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo.
Questa teoria viene aspramente criticata, il suo grande avversario è lui stesso, il secondo W.
Scrive un altro libro “Indagini filosofiche”, fatto da tanti aforismi, pensieri scollegati tra loro e
attacca sé stesso. L’oggetto della sua polemica è sé stesso. Muove 2 obiezioni principali:
1)ES.”Noemi è sulla sedia” Questa frase dovrebbe riprodurre la stessa struttura della realtà.
Vediamo se è vero … Abbiamo Noemi, oggetto fisico; è, appare e abbiamo una sedia che è
l’altro oggetto. Ha funzionato, come una fotografia. Abbiamo una realtà complessa perché è
fatta da 2 elementi: N. e sedia, che sono 2 realtà separate. Anche nella frase abbiamo
queste 2 realtà. Ma è sempre così? Se io dicessi N. è bella? Noemi c’è. La bellezza si
tocca, è un oggetto fisico? No, è una qualità. La bellezza può essere estrapolata dal soggetto
che la porta? No, quindi “Noemi è bella” è una frase complessa(2 elementi), ma nella realtà
abbiamo un solo oggetto(Noemi). Se avesse avuto ragione W.se la realtà è formata da 2
elementi, pure il linguaggio dovrebbe essere formato da 2 elementi. Se la realtà è una, nella
frase ci sarà solo un oggetto Ma non è così. Dunque, secondo W. che critica sé stesso, non
è vero che se la frase è complessa, per forza ci sarà una realtà complessa. Dalla
complessità/semplicità dell’enunciato non posiamo dedurre la complessità/semplicità della
realtà, perché la realtà e il linguaggio non hanno la stessa struttura.
2)Se invece del selfie facessi un verbale, la stessa situazione la potrei descrivere con tanti
enunciati diversi. La foto è sempre la stessa, la mia frase no, posso descrivere la stessa
situazioni in mille modo diversi. Allora significa che tra linguaggio e realtà non c’è una
connessione ontologica strutturale. Inoltre c’è un altro problema che investe la teoria
referenziale(quella che si basa sul triangolo di Frege). Per questa teoria ogni nome ha un
nome proprio perché il significatum equivale al designatum. Noi però parliamo pure per classi
di oggetti. La parola A. Romeo ha senso finché costui esisterà, quando morirà sparirà il
senso della parola A. Romeo. W. Scambia il nome col suo portatore. Per il primo W. non
potremmo più nemmeno parlare di dinosauri, perché non ci sono più. E’ un errore pazzesco.
Se il linguaggio non è la rappresentazione del mondo, allora cos’è il linguaggio? W. dice che è
uno strumento, è simile ad un attrezzo, questa è la seconda teoria di W. che elabora nelle sue
lezioni a Cambridge che poi verranno pubblicate nel libro “indagini filosofiche”. Il linguaggio, il
significato di una parola equivale all’uso che se ne fa. Se io dico “lastra”, l’uso di questa
parola equivale a chiedere al manovale di portare la lastra, in quel sistema di significato che
c’è nel cantiere la parola lastra ha questo uso e ogni modo di uso del linguaggio equivale ad
una forma di vita. Spesso in qualche modo sovrapponibile al concetto di comunità. Es la
scrittura impropria di internet è una forma di vita che verte su giochi linguistici(regole), per
cui “cmq” in quella comunità può essere utilizzata,in un compito di magistratura no. Il modo di
esprimersi è una forma di vita. L’uso, essendo attribuito come consuetudine, è dato
attraverso una regola. “Questa parola ha questo uso in questo gioco linguistico.” Chi lo ha
deciso? La consuetudine, la quale fa sì che si formi una regola d’uso. “X sta per y nel
contesto c” (regola costitutiva), ci avviciniamo all’istituzionalismo. Se sono verificazionista i
comandi, le norme non hanno senso. Ma potrei intraprendere un’altra strada: trasformare la
norma in una descrizione. “E’ vietato fumare”dovrei tradurlo in qualcosa di descrittivo, così
potrei essere verificazionista e dire che il diritto ha senso. Ho 2 possibilità: potrei tradurre la
norma in una previsione sul comportamento dei giudici e dire “se fumi, il giudice ti punirà”.
Ora questa è una descrizione di un evento futuro, una previsione di un fatto. Quando una
previsione è vera?Quando si verifica l’evento. Quindi la norma potrebbe diventare la
previsione del comportamento dei giudici. Sarebbe vera se si verifica e non vera se non si
verifica. Quindi la norma è valida solo se la previsione è corretta. Questo lo sostengono i
realisti americani(maggior esponente giudice Holmes), i quali appunto dicono che le norme
sono previsioni su quello che diranno i giudici. Per loro la norma non esiste quando non viene
applicata, per loro serve solo per dirci cosa succederà se facciamo una certa cosa(è un
oroscopo giuridico). C’è pure un’altra ipotesi:potrei tradurre la norma in una regola tecnica,
che quello che ci dice Skinner.
Skinner: Egli individua la norma come una regola tecnica: se vuoi x allora devi fare y. Un
po’ come le regole di una ricetta. Posto un risultato, questo è il modo per raggiungerlo. La
regola tecnica si verifica se il risultato si ottiene. La regola tecnica è un modo per ottenere
qualcosa. Noi quindi trasformiamo la norma da enunciato prescrittivo ad enunciato
descrittivo. Le norme possono essere, dunque, previsioni di comportamenti del giudice o
regole tecniche? Qual è il problema? I realisti americani traducono la validità con la verità. .
ES . Assassino uccide un nemico del giudice e per questo il giudice decide di non punirlo. I
realisti direbbero che la norma è falsa. Ma è davvero così? La norma è falsa o il giudice ha
ragionato di emozioni? La seconda. Non possiamo dire che la norma non era vera, ma il
giudice, per sua decisione, non l’ha applicata. Se la previsione quindi non si avvera, non
significa che la norma è falsa, ma può accedere che il giudice abbia deciso di non applicarla.
Siccome le norme si applicano per decisione, è il giudice che decide se applicarle o meno. Il
giudice, però, può essere ignorante, corrotto etc. Lo stesso discorso si può fare per le regole
tecniche. La regola tecnica la verifica chiamo se otteniamo il risultato, ma non funzione. Non
possiamo dire che la ricetta è sbagliata se non si ottiene il risultato, perché può darsi che il
risultato non è stato ottenuto perché ho inserito nella ricetta qualcosa di mio etc. Ci sono
tante variabili che incidono sulla validità, ma la regola resta valida. Traduciamo quindi la
descrittiva in prescrittiva in 2 modi:o come i realisti o come fa Skinner. In entrambi i casi
abbiamo la validità che si confonde col concetto di verità. C’è un’altra possibilità, data da
Ferraioli, uno dei più grandi filosofi italiani. Egli ha una concezione che in qualche modo è
un’applicazione analogica della teoria della verificazione o meglio della verificabilità. F. dice:noi
dobbiamo distinguere il criterio di significanza degli enunciati a seconda che siano descrittivi
o prescrittivi. Per gli enunciati prescrittivi cioè che da significato è la verificabilità. Per gli
enunciati prescrittivi, ciò che da significato non è la verificabilità, ma l’accettabilità. La norma
ha senso, quindi è valida quando è accettabile. Accettabile significa che se la norma prevede
un comporta