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SECONDO ATTO
La didascalia è “Next day. Same time. Same place”, nel corso del secondo atto però in realtà
essa viene contraddetta perché l’albero non è più spoglio ma nella versione inglese ha qualche
foglia, mentre in quella francese inizialmente era addirittura coperto di foglie -> le foglie non
crescono in un giorno. C’è quindi una contraddizione irrisolvibile all’interno del testo; Beckett non
vuole darci una spiegazione ma dimostrare le incongruenze della realtà -> la questione delle foglie
non può essere risolta all’interno del testo ma va vista e presa nella sua irrisolvibilità.
I due atti sono strutturati in modo strettamente simmetrico: se al primo atto c’era Estragon in
scena e Vladimir entrava successivamente, al secondo atto abbiamo l’inversione, ovvero il primo
ad entrare in scena è Vladimir, che verrà poi seguito da Estragon.
All’inizio del secondo atto c’è una didascalia che ci informa del fatto che le scarpe di Estragon
sono sul palcoscenico con i tacchi uniti e le punte aperte -> posizione comica, come se fossero le
scarpe di un clown. C’è anche in scena il cappello di Lucky, che era stato tolto dalla sua testa
durante il suo lungo monologo per farlo smettere di pensare. Vladimir fa una scenetta comica:
prende le scarpe di Estragon, le gira, le annusa, le rimette giù, va avanti e indietro per il
palcoscenico, ecc… a un certo punto inizia a cantare una canzoncina con struttura circolare, che
Beckett traduce dal tedesco in francese e in inglese. È importante sia la struttura della filastrocca,
Waiting for Godot,
che rimanda alla struttura dell’intero sia la tematica -> è come se Beckett
mettesse al centro dell’opera una sorta di chiave interpretativa: come se volesse informare i
lettori\gli spettatori che il secondo atto è una sorta di ripetizione del primo atto. La canzone viene
cantata sulle note del Carnevale di Venezia di Paganini, quindi è una musica allegra che contrasta
pesantemente con il tema cantato, il quale è crudele e privo di senso, poiché c’è un cane che va
in cucina, ruba un pezzo di pane e il cuoco lo uccide picchiandolo con un mestolo -> c’è un’idea
comica ma tragica -> torna il concetto del tragicomico.
Vladimir canta la canzoncina e inspiegabilmente è contento, non sa perché -> altro tratto
caratteristico dei personaggi di questo testo: non sono in grado di dare una risposta ai loro
comportamenti (come a volte succede anche nella realtà).
Entra Estragon che invece ha l’umore opposto -> perché i due sono personaggi speculari.
L’incontro tra i due avviene in modalità simili a quelle del giorno prima, ovvero “You again” -> al
primo atto, già suggeriva un incontro ripetuto; al secondo atto, è come se questo nuovo “Again”
ampliasse il significato di quello pronunciato al primo atto. Viene di nuovo menzionata la violenza
fuori scena.
Il secondo atto, rispetto al primo, ha un tono più dolente, il dialogo procede in maniera più
difficile, le pause e soprattutto i silenzi aumentano ed è come se piano piano Beckett ci mostrasse
un meccanismo che molto lentamente va verso la sua fine, verso lo spegnimento. C’è chi, infatti,
ha detto che Waiting for Godot non è un cerchio che si chiude ma una spirale discendente, di cui
non vedremo mai la fine perché i personaggi non smetteranno mai di incontrarsi, pur continuando
a farlo mostrandosi sempre più decadenti.
V.: “I missed you…and at the same time I was happy”
(pag. 59) -> Beckett ci mostra la
contraddizione dei personaggi e la contraddittorietà dell’essere umano nel suo essere, senza
spiegazioni.
Crawling -> Parola che si ripete sin dal primo atto; viene richiamato un verso di Amleto che si
riferisce all’essere umano che striscia tra cielo e terra e qui lo vediamo anche fisicamente, in
quanto a un certo punto i personaggi sono tutti a terra più o meno striscianti; viene spesso riferito
al personaggio di Estragon.
Si cita la violenza nei confronti di un barbone (Estragon) da parte di dieci persone, fatto assurdo
da vedere a teatro ma che potrebbe succedere e succede nella realtà. Però Beckett non lascia
mai che la parte triste prevalga quella comica, perciò ora Estragon pronuncia frasi completamente
assurde e più o meno comiche -> la violenza è sempre insensata, priva di ragioni.
don’t know”
Vladimir chiede spiegazioni ad Estragon, il quale risponde “I -> ritorna il “Non lo so”
in quanto i personaggi non sanno dare una spiegazione a ciò che accade.
I personaggi parlano in modo assurdo, tant’è che alla fine Vladimir è come se dicesse che la colpa
per cui Estragon è stato picchiato è di Estragon stesso, non di chi lo picchiano -> inversione della
logica. “Dì che sei felice anche se non lo
Riempiono il tempo di chiacchiere completamente inutili (es.
sei”, ecc…), elemento comico e allo stesso tempo triste.
Citano nuovamente il fatto che stanno aspettando Godot ed Estragon, come ogni volta che viene
nominato Godot, fa uno strano verso. never the same pus from one
Vladimir si sofferma sul cambiamento, Estragon risponde “It’s
second to the next” (“Non ci si bagna due Volte nello stesso fiume”-> l’acqua scorre quindi non
è la stessa nel momento in cui ci si bagna per la seconda volta) -> è una citazione alta, di un
filosofo, ma ovviamente modificata in modo Beckettiana, infatti non cita l’acqua ma il pus, quindi
qualcosa di malato e disgustante.
Un’altra citazione, proveniente da Cartesio, si ha nel testo ogni volta che un personaggio piange:
nel momento in cui qualcuno fa notare le lacrime di quel personaggio, c’è qualcun altro che
Cogito, Ergo Sum.
risponde “Allora è vivo” -> da Beckett quindi sfrutta i filosofi, modificandone le
citazioni e rendendole significative in un modo diverso.
Vladimir dice di guardare l’albero all’amico, il quale però non si ricorda di essere stato nello stesso
posto il giorno prima, mostrando ancora una volta la fallibilità della memoria, e risponde “You
dreamt it” -> viene mostrata la realtà come se fosse un sogno; il reale ci viene mostrato dai
personaggi nel suo fallire. Al contrario del primo atto, adesso la fallibilità della memoria ha il
pubblico come testimone, in quanto tutti hanno visto che il giorno prima Estragon era là, e quindi
è consapevole in maniera più evidente di come la memoria dei personaggi sia completamente
fallibile. Estragon afferma che o dimentica subito o non dimentica mai, allora Vladimir cerca di
ricordargli di Pozzo e Lucky, ma Estragon non si ricorda nemmeno di loro -> si ricorda solo di
qualcuno che gli sferrò un calcio (Lucky) e di qualcun altro che gli diede un osso (Pozzo) -> quindi
ricorda pochissimo e a frammenti. Estragon non ricorda nemmeno che il giorno prima era stato
dove si trova ora, e quando Vladimir insiste per cercare di fargli ricordare almeno la strada, si
innervosisce. Estragon afferma di non essersi mai mosso da lì, soprattutto in senso figurato -> la
sua vita è complicata, statica, è come se il presente si dilatasse.
Quando successivamente parlano della contea di Macon, Vladimir si rivolge ad Estragon come se
quest’ultimo ci fosse stato, ma risponde che invece è stato tutta la sua vita nel “Cackon
Country” (gioco di parole, si riferisce alla parola “cacca”).
be better if we parted”
(pag. 62) “It’d -> torna il tema di separarsi.
best thing would be to kill me, like the other”
“The -> ricorda Pozzo, il quale diceva lo stesso
di Lucky. Viene subito dopo detto da Estragon “Milioni di morti” -> si sente fortemente il periodo
in cui viene scritta l’opera, ovvero dopo la Seconda Guerra Mondiale, con le sue devastazioni e i
suoi milioni di morti. Estragon e Vladimir hanno paura del silenzio, infatti fanno discorsi insensati
che hanno il solo scopo di riempire attimi vuoti, in quanto hanno paura di queste voci che non
sentono, di prendere consapevolezza di questi morti, in quanto spesso i sopravvissuti si sentono
in colpa per essere sopravvissuti alle catastrofi al contrario di altri.
uomo prenda la sua croce e mi
Viene nuovamente citato il Vangelo, che in realtà dice “Ogni
segua”, ogni uomo la sua piccola croce finché muore ed è
modificandone le parole, ovvero “A
dimenticato” -> perché non c’è speranza psicologica, non c’è speranza di una vita futura; l’unica
cosa che succede dopo la morte è l’essere dimenticati.
C’è una continua lotta con i silenzi, che sono parte del testo come le parole -> il continuo parlare
dei personaggi serve a non pensare e a non sentire.
(pag. 63) In questo secondo atto, la menzione del fatto di aspettare Godot è molto più frequente;
è come se Beckett volesse far avvertire molto di più al pubblico l’angoscia che provano i
personaggi nei confronti di questa attesa.
“Long silence”
Dopo i molto frequenti nel secondo atto, vediamo l’angoscia, tant’è che i
personaggi pregano l’uno all’altro di dire qualsiasi qualcosa pur di riempire gli infiniti silenzi che si
creano. Abbiamo un ripiegamento del linguaggio su se stesso, in quanto i personaggi stanno
parlando per trovare qualcosa di cui parlare -> anche qui idea circolare; non sanno più che
inventarsi quindi cercano qualsiasi cosa per riempire il silenzio, non si va più alla ricerca di senso.
Sono disperati, si stanno arrampicando a qualsiasi cosa pur di trovare un argomento di cui parlare
we gave thanks for our mercies?”
-> talmente disperati che Estragon afferma “If -> (“Se
ringraziassimo per le benedizioni che abbiamo?”) -> in realtà hanno poco di cui ringraziare.
Citano degli scheletri, chiedono da dove provengono -> provengono dall’aver pensato, il loro
->
pensiero produce questa carneficina. “Charnel-house” posto dove si tengono le ossa dei morti.
C’è una ripetizione di vari “True”.
Parlano tanto ma non si stanno dicendo niente, stanno solo riempiendo il vuoto -> Estragon
riflette insieme a Vladimir sulla loro performance, perché alla fine qualcosa hanno detto, e Vladimir
propone di trovare qualcos’altro di cui parlare per evitare di ricadere in silenzi.
Estragon si toglie il cappello, si concentra, e la stessa cosa fa Vladimir, che propone di tornare al
discorso che stavano facendo all&r