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Estratto del documento

La cultura, tuttavia, pur potendo modellare il comportamento umano è, di fatto, limitata da

un certo numero di fattori come le limitazioni biologiche dell’organismo umano, i limiti

delle capacità individuali riguardo l’apprendimento o la memorizzazione

di informazioni, l’ambiente fisico, come anche i fattori ambientali che possono rendere

improbabile lo sviluppo di particolari modelli culturali e, infine, l’ordinamento sociale che

deve vietare alcuni atteggiamenti per far sopravvivere le culture stesse.

La relazione vittima-criminale. Gli studi interpersonali delle relazioni che si instaurano fra la

vittima e il criminale possono dare notevoli apporti ai fini diagnostici al processo per esaminare la

relazione vittima-criminale. Gli autori che hanno dato inizio allo studio della vittimologia

considerano importante capire la relazione vittima-criminale, oltre che conoscere quelle che

possono essere le motivazioni, le caratteristiche e la fenomenologia del criminale.

Le vittime “privilegiate”. Ci sono vittime privilegiate, che sono quelle selezionate tra i più deboli e

gli emarginati, le donne, i bambini e gli anziani (Gulotta 1981).

Però le vittime possono essere molte: per esempio, la vittima può essere una persona che ha

qualcosa che il reo intende rubare quindi può essere la persona che ha del denaro oppure la persona

da truffare. Spesso diversi fattori di debolezza si sommano come nei confronti dell’anziano vittima

delle truffe, fenomeno attualmente molto praticato nelle nostre città. Alcune debolezze in questi casi

si sommano: il fatto di avere soldi in casa, la condizione di anziano, che si può riuscire ad

influenzare o, comunque, non è aggiornato e non è pronto nelle sue reazioni rispetto magari a una

richiesta di controllo sulle fughe di gas. In questo campo la criminalità ha organizzato vere e proprie

associazioni a delinquere specializzate.

Dai dati di uno studio condotto a Milano nel 2003, su più di duemila anziani che frequentavano un

centro ricreativo per anziani (quindi una popolazione socializzata, non chiusa in casa) emerge che

l’anziano truffato è soprattutto la persona sopra gli 85 anni, che risulta più debole, a livello mentale,

nelle capacità di reazione. Il numero delle truffe nelle quali cadono vittime gli anziani è

impressionante: si parla di quattrocento truffe all’anno a Milano, ma probabilmente il numero reale

è molto superiore (Codini 2004)

La visione tradizionale della vittima. “L’offeso non pone alcun problema: basta seppellirlo” (5)

questa era la visione tradizionale fino agli anni ’50 per quanto riguarda un certo tipo di cultura

(anglosassone e americana), mentre in Italia questa prospettiva si è mantenuta più a lungo (il primo

libro sulla vittima fu scritto da Gulotta alla fine degli anni ’70). Fino agli anni 50, quindi, la

criminologia era criminal-centrica e, tra l’altro, c’erano e probabilmente ci sono tuttora dei

malintesi e dei modi scorretti di interpretare l’analisi della vittima:

- la vittimologia è una disciplina creata allo scopo essenziale di raffinare, perfezionare e aggravare

le pene del reo. Molte critiche che sono state contrapposte alla vittimologia sostenevano la volontà

di questa disciplina di enfatizzare il ruolo della vittima per tornare a un discorso di vendetta nei

confronti del reo allontanandosi dal fine riparativo. Secondo alcuni, studiare la vittima o pensare dal

punto di vista anche della vittima potrebbe essere pericoloso perché potrebbe indurci a non

considerare le motivazioni del reo;

- la vittimologia è una disciplina che si concreta nel trasferire la responsabilità del fatto dal reo alla

vittima. Sostenere che la vittima ha giocato un ruolo attivo potrebbe significare che il reo non

poteva fare altro;

- la vittimologia è una disciplina per dare dignità scientifica alle lagnanze e alle querulomanie di

persone che tendono ad associarsi sotto il vessillo dei crimini reali o presunti di cui avrebbero

sofferto.

Von Hentig in “The criminal and his victim” ha presentato i concetti di:

- criminale vittima: casi di persona prima vittima e poi delinquente; prima delinquente e poi vittima

(il criminale assalta un negozio, il commerciante reagisce sparando e uccide il delinquente che

diventa così vittima); a seconda delle circostanze oppure contemporaneamente, vittima e

delinquente;

- vittima latente: predisposizione a diventare vittima e ad attrarre il proprio aggressore (un

portavalori, l’anziano che tiene i soldi in casa perché non si reca mai in banca...);

- rapporto vittima-delinquente.

Mendelsohn (1965) ha introdotto il concetto di “colpa” da verificare nella vittima, cioè quanta

responsabilità attribuire alla vittima per l’accadimento dell’evento deviante (attenzione a non cadere

nel malinteso di giustificare il criminale a favore della vittima, ovvero la colpa è anche della

vittima)

- vittima “del tutto innocente”: la vittima che passa per strada e alla quale sparano dalla finestra;

- vittima “con colpa lieve” e vittima “per ignoranza”: il passeggero che a bordo di un’auto distrae il

guidatore e, causando una sbandata del veicolo, rimane ferito o ucciso;

- vittima “colpevole quanto il delinquente” e vittima “volontaria”: il suicidio nella roulette russa, il

suicidio per adesione o in coppia;

- vittima “maggiormente colpevole del delinquente”: come nel caso della vittima provocatrice e

della vittima imprudente;

- vittima “con altissimo grado di colpa” e vittima “come unica colpevole”: ad esempio, il criminale

che aggredisce una persona e viene da questa ucciso per legittima difesa.

Sparks (1982) ha esposto come un soggetto può contribuire alla propria vittimizzazione

- precipitazione: il comportamento della vittima può far precipitare l’evento (ad esempio, la

provocazione fisica o verbale);

- facilitazione: la vittima, in maniera conscia o inconscia, si trova in contesti a rischio (ad esempio,

una persona che attraversa di notte un quartiere particolarmente malfamato della città);

- vulnerabilità: la vittima è in pericolo per una sua particolare condotta o posizione sociale (ad

esempio, una persona che viene mobbizzata sul posto di lavoro in quanto dipendente non gradito);

- opportunità: la vittima è in possesso di qualcosa che potrebbe richiamare l’interesse del criminale

(ad esempio, una persona anziana che si reca da sola a ritirare la pensione);

- attrattività: la vittima è in possesso di qualcosa che potrebbe richiamare l’interesse del criminale

(ad esempio, un rappresentante di gioielli).

In Italia non sono molti gli autori che hanno lavorato o lavorano sul tema della vittima: Gulotta,

Carrara, Bisi e pochi altri.

Le modalità di vittimizzazione. I sistemi attraverso cui un aggressore può sottomettere un’altra

persona, ovvero i reati che riguardano la vittima, sono: abuso fisico;abuso sessuale;abuso verbale;

abuso emotivo o psicologico, come la denigrazione; abuso spirituale, come costringere una persona

a tradire la propria religione; abuso economico, come la truffa e il furto; abuso sociale, come gli

scherzi esagerati (nonnismo militare), le critiche eccessive e continuate (mobbing), le accuse false e

il controllo dei movimenti.

Sono presenti in questo elenco molte situazioni che fino a poco tempo fa non erano neanche

considerate vittimizzazioni o reati: per esempio, il nonnismo militare ha causato numerosi morti sia

come vittime di scherzi sia come suicidi, tanto che Spadolini negli anni ’80 quando era Ministro

della difesa aveva creato nelle Forze Armate l’ufficiale consigliere, una figura particolare dedicata a

poter aiutare i militari nelle loro problematiche, questa iniziativa però è risultata poco efficace in

quanto sempre legata alla gerarchia militare.

La definizione più attuale di vittimologia. La vittimologia è la scienza che studia la personalità della

vittima, le sue caratteristiche fisiche, psicologiche, morali, sociali e culturali in funzione di una

maggiore conoscenza della relazione vittima-reo per poter esercitare soprattutto un’attività

preventiva ma anche, eventualmente, un’attività d’intervento in seguito alla commissione di reati.

La classificazione delle vittime. La classificazione classica delle vittime comprende:

• vittime passive, ovvero le vittime accidentali, professionali (per esempio, i tassisti che lavorano di

notte), simboliche (per esempio, la suora uccisa a Chiavenna) e trasversali (per esempio, il familiare

di un boss della mafia);

• vittime attive, ovvero le vittime aggressive (per esempio, il bandito ferito o ucciso dal

commerciante che si difende), provocatrici, favorenti, disonoranti (per esempio, la moglie che

tradisce il marito oppure la ragazza lapidata in Afghanistan dalla sua famiglia che si riteneva

disonorata dal rifiuto della donna di tornare dal marito che le era stato scelto) e consenziente (per

esempio, l’eutanasia attiva).

Le predisposizioni vittimologiche. In questo ambito occorre fare attenzione a non cadere

nell’equivoco che la vittima, come la donna che attraversa di notte una strada buia e viene

violentata, “se l’è andata a cercare”: il reato non è assolutamente giustificato.

Esistono sicuramente, però, predisposizioni vittimologiche congenite o acquisite (stabili, temporali

o occasionali), consce o inconsce (ad esempio, persone che diventano vittime per appagare i loro

desideri masochistici più o meno consci).

I fattori che possono determinare predisposizioni vittimogene sono di natura:

- fisica (l’età, il sesso...);

- psichica (l’insufficienza mentale può presupporre la facilità a essere truffati);

- psicopatologica (ipertimici, depressi, insicuri, fanatici, esplosivi, istrionici, abulici, drogati,

psicotici sessuali);

- sociologica ambientale (strade male illuminate, fermate dell’autobus isolate, sottopassaggi poco

frequentati...).

L’incontro della vittima e dell’autore del fatto criminoso. Molti casi di violenze sui bambini e sulle

donne avvengono in famiglia, quindi l’incontro avviene all’interno di una relazione affettiva che si

è instaurata negli anni. È da sottolineare, però, come negli ultimi anni Internet è all’origine di

incontri pericolosi, incontri che possono sfociare in crimini.

I tre modelli per limitare l’incidenza del crimine. Nel corso degli anni la criminologia ha

individuato dei modelli che possono ridurre il numero di atti criminosi. Tali modelli sono stati

sintetizzati da Gulotta in:

1. repressione o punizione, che presenta dei limiti in quanto per essere efficace la pena:

- non deve essere tro

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A.A. 2014-2015
7 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/12 Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher topsecret87 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Criminologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Saponaro Armando.