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VALUTAZIONE DELLE RIMANENZE DI MAGAZZINO

Introduzione

La necessità di quantificare e valutare le rimanenze di magazzino deriva dal fato che la vita aziendale è divisa in diversi

esercizi.

Sappiamo già che al 31/12 si segnano le rimanenze finali in CE e rimanenze di magazzino in SP ma non sappiamo come

arrivare al valore di iscrizione delle rimanenze nel magazzino.

Obiettivo: capire come arrivare a questo valore di iscrizione.

Cosa sono le rimanenze? Sono giacenze di fattori produttivi destinati alla vendita o usati per produrre beni destinati

alla vendita.

Es. un macchinario non può essere contato come rimanenze parchè non è destinato alla vendita quindi non posso

contarlo come rimanenza.

Perché devo registrare una rimanenza? Al fine di dare una rappresentazione più chiara e veritiera al bilancio. Nel caso

di rimanenze io ho sostenuto dei costi per i quali non ho ancora incassato un ricavo, non sussiste quindi la

corrispondenza tra costi e ricavi.

Rinvio quindi al futuro i costi che non hanno una corrispondenza nei ricavi in questo esercizio.

Alla fine dell’esercizio le rimanenze sono dei ricavi potenziali mentre all’inizio del nuovo esercizio sono dei costi che

non hanno ancora generato ricavi.

Come iscrivo a bilancio le rimanenze? Il valore di iscrizione del magazzino deve essere dato dalla moltiplicazione di 2

fattori: N° dei beni in rimanenza x Valore unitario della rimanenza

Il processo valutativo delle rimanenze finali avviene in 2 fasi successive tra loro:

1) Rilevazione delle quantità in giacenza (si rilevano solo i beni di proprietà e si escludono i beni di proprietà

altrui contenuti nel magazzino). La rilevazione avviene contando fisicamente il numero di beni presenti in

magazzino almeno una volta all’anno in concomitanza con la chiusura dell’esercizio (anche se alcune imprese

hanno sviluppato sistemi informatici tanto avanzati da non dover più ricorrere alla conta fisica).

2) Valorizzazione delle quantità in giacenza.

Prima di affrontare il processo di valorizzazione delle giacenze si deve capire di che giacenze si sta parlando.

Per descrivere i diversi tipi di rimanenze bisogna osservare il ciclo della produzione economica:

La produzione economica è divisibile in 3 cicli:

1) Ciclo reddituale fase che va dall’acquisto alla vendita dei fattori produttivi (ovvero dalla determinazione

à

dei prezzi-costo alla determinazione dei prezzi-ricavo);

2) Ciclo tecnico è la fase produttiva ovvero la fase in cui i fattori produttivi sono utilizzati per ottenere dei

à

prodotti;

3) Ciclo monetario la fase che va dal pagamento dei fattori produttivi all’incasso connesso alla cessione dei

à

prodotti ottenuti.

La tipologia delle rimanenze dipende dal ciclo in cui il bene si trova al momento della chiusura del bilancio

(solitamente coincidente con il 31/12).

a) Se il 31/12 cade prima dell’inizio del ciclo di produzione le rimanenze sono:

Materie prime

• Sussidiarie (es. imballaggio)

• Consumo (funzionali alla produzione, es. olio del motore della macchina per produrre il bene)

• Merci (cose che compro per rivendere, es. grande distribuzione)

• Semilavorati di acquisto (semilavorati su cui io non ho lavorato ma ho acquistato da terzi, es. involucro

• dei pennarelli che non produco io).

b) Se il 31/12 cade durante il ciclo di produzione le rimanenze sono:

Semilavorati di produzione (beni che sono già entrati nel processo di produzione ma che non hanno

• mercato di sbocco, non lo posso vendere così com’è)

Prodotti in corso di lavorazione (prodotti che non hanno ultimato il processo ma che hanno un mercato

• già così)

c) Se il 31/12 cade dopo il ciclo di produzione ho:

Prodotti finiti

Nel caso in cui il 31/12 cada dopo il ciclo di produzione e dopo il ciclo reddituale non ho rimanenze ma solo una

fattura emessa e un incasso da ricevere.

Una volta identificato il tipo di rimanenza bisogna passare alla loro valutazione. La logica economica propone 4 diverse

alternative per valutare il valore delle rimanenze, in Italia solo una di queste è utilizzata: la valutazione al costo.

Usando un esempio:

Sono un’azienda e so che nell’anno X ho:

- Costi per 7€ per ogni pennarello

- Al 31/12 ho in magazzino 100 pennarelli finiti ma non venduti

Nell’anno X+1 ho:

- Costi da sostenere prima di poter vendere 3€ per ogni pennarello

- Prezzo di vendita 12€ per ogni pennarello

Al 31/12/X+1 avrò ricavi, supponendo che ho venduto tutti i pennarelli, per 1200€.

Al 31/12/X+1 avrò costi per (7+3)x100 = 1000€

Alla fine del ciclo di produzione dei pennarelli avrò un guadagno di 200€

Ho costi nell’anno X ma non ho i rispettivi ricavi, come faccio a trovare la correlazione tra costi e ricavi?

Metodo errato] Considero tutti i costi al primo anno e tutti i ricavi al secondo anno senza considerare la competenza

(metodo errato per il principio di competenza).

Metodo 2 – del provento netto atteso] Anticipo all’anno X tutti i ricavi netti attesi futuri senza considerare che alcuni

sono di competenza dell’anno X+1 (faccio finta di averli già venduti tutti).

All’anno X+1 segno un effettivo costo di 1200 e un effettivo ricavo di 1200 e quindi un risultato netto pari a 0 (metodo

errato per il principio di prudenza e principio di competenza).

Metodo 3 – della scissione del margine in costo di formazione] Contabilizzo le rimanenze al costo di acquisto e

aggiungo al ricavo il pezzo di margine che ho generato durante questo esercizio. Il metodo usato è il cost to cost.

Prendo il margine e lo ripartisco in funzione dei costi sostenuti sui costi totali.

Margine = 200 $%%

Costi totali = 1000 200 ∙ = 140

à &%%%

Costi sostenuti = 700

Il margine da imputare all’anno X è 140.

Al secondo anno avrà delle rimanenze valutate a 700+140 e costi per 300 ma ho dei ricavi di 1200 quindi il margine a

X+1 sarà 60, insieme ai 140 fanno 200.

Metodo 4 –del costo] Valuto le rimanenze al costo di acquisto e segno i ricavi SOLO quando sono certi. In Italia

prevale questo per il principio della prudenza.

Nel valutare una rimanenza al costo devo valutare i costi sostenuti per realizzare una unità di prodotto finito e, se non

viene venduta, devo iscriverla a bilancio come un componente positivo di reddito del valore pari alla spesa necessaria

per produrla.

Se l’anno dopo vendo la mia rimanenza ad un prezzo maggiore del costo (tenendo conto di eventuali costi aggiuntivi)

allora segnerò un utile.

N.B se il margine è negativo secondo il principio di prudenza le rimanenze andrebbero valorizzate con il metodo del

provento netto atteso perché anticipo il valore della perdita tutto al primo anno.

I 3 (il primo si esclude a priori) metodi di valutazione delle rimanenze osservati producono, naturalmente, lo stesso

risultato finale (alla fine l’utile o la perdita sono gli stessi) tuttavia differiscono profondamente nelle modalità con cui

tale risultato viene imputato ai diversi esercizi:

Criterio del costo: rigida applicazione del principio di prudenza, penalizzazione degli esercizi in cui sono

• stati lavorati i beni ma non sono stati venduti. Questa applicazione del principio di prudenza è fatta

anche a scapito del principio di competenza.

Criterio del provento netto atteso: non è coerente né con il principio di competenza né con il principio

• di prudenza poiché anticipa tutto l’utile all’esercizio in cui i fattori produttivi sono stati acquistati.

Criterio della scissione del margine in corso di formazione: l’utile viene ripartito fra i diversi esercizi che

• concorrono alla sua determinazione, viene parzialmente disatteso il principio di prudenza ma viene

rispettato quello della competenza in modo più o meno veritiero a seconda delle ipotesi che stanno

dietro al calcolo del margine imputabile a ciascun esercizio.

Il criterio di scissione del margine richiede più informazioni per essere correttamente applicato (determinazione dei

costi, previsione dei costi da sostenere e stima dei ricavi netti futuri conseguibili). Inoltre necessita di una ragionata

scissione del margine che deve avvenire sulla base di varie ipotesi tra cui spesso non è facile trovare quella che

riconosce meglio il contributo apportato dai diversi esercizi.

Alla fine, in Italia secondo il codice civile, si fa prevalere il principio della prudenza su quello della competenza e

quindi si utilizza la VALUTAZIONE AL COSTO.

Dove trovo le rimanenze nel bilancio?

Nello Stato Patrimoniale attivo, macroclasse C “attivo circolante”, classe I “Rimanenze”.

Nel Conto Economico le trovo nella macroclasse A “valore della produzione” sia nella macroclasse B “costi della

produzione” ma non ci sono le rimanenze finali ma solo la VARIAZIONE delle rimanenze (rimanenze finali – rimanenze

iniziali).

Es. Rimanenze finali di prodotti finiti valore della produzione con segno positivo

à

Rimanenze iniziali di materie prime costi della produzione con segno positivo

à

Rimanenze finali di materie prime costi della produzione con segno negativo

à

Rimanenze finali di semilavorati valore della produzione con segno positivo

à

Come faccio a definire il valore della rimanenza?

L’articolo 2426 comma 9-10 le rimanenze vanno valutate al costo di acquisto o di produzione (valore di costo), a

seconda dal tipo di bene che sto valorizzando

es. materia prima valuto il costo;

à

semilavorato valuto il costo di produzione.

à

Devo anche valutare il valore di mercato (ovvero il valore del bene desumibile dall’andamento del mercato) anche in

questo caso ho due tipologie di valore di mercato a seconda della rimanenza che sto valutando:

Materie prime, sussidiarie etc…à le valuto secondo il costo di sostituzione (costo che tu dovresti

• sostenere oggi per comprare la stessa quantità dello stesso bene).

N.B nel caso di condizioni e quantità normali;

Semilavorati, prodotti finiti etc... le valuto secondo il valore netto di realizzo (prezzo di vendita meno

à

• eventuali costi ancora da sostenere per completarlo ovvero: costi di completamento e

commercializzazione). Costo di confronto Costo di

acquisto con sostituzione

Costo di confronto Valore netto di

produzione con realizzo

A bilancio iscrivo sempre il minore tra questi valori.

Il costo storico è definito come “il complesso dei costi sostenuti per ottenere la proprietà delle rimanenze di

magazzino nel loro attuale sito e condizione” e si indentifica con: costo di acquisto e costo di produzione.

Come calcolo il costo di acquisto?

Devo considerare il costo realmente sostenuto per acquistare il

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A.A. 2015-2016
7 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/07 Economia aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher NiccoloMP di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Analisi delle Politiche e Management Pubblico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano o del prof Lombardi Stocchetti Gianluca.