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Il tessuto necrotico viene aggredito sia dai batteri saprofiti che normalmente si trovano sulla superficie
cutanea, sia dai batteri patogeni, provocando gravi setticemie e infezioni nosocomiali.
Inoltre, a causa della perdita di una certa quantità di tessuto cutaneo si ha anche una < dell’apporto
energetico e malassorbimento intestinale, per cui bisogna ripristinare l’apporto di energia mediante
nutrizione per via parenterale, evitando la fase catabolica con perdita delle masse muscolari (cachessia) ad
alto rischio di mortalità.
L’insufficienza renale si deve all’ipovolemia con deficit dell’apporto di sangue ai reni fino all’anuria.
Per determinare la quantità di liquidi da reinfondere al pz si usa la formula di Parcland, cioè:
(peso del pz × % di ustione) × 4
infondendo la prima metà nelle prime 8 h e l’altra metà nelle successive 16 h.
Il tampone cutaneo delle zone necrotiche, la biopsia dei tessuti più profondi e l’emocoltura con
antibiogramma consentono di valutare la presenza di infezioni e di ricorrere ad una terapia antibiotica
adeguata, controllando anche i cateteri vescicali e venosi che rappresentano una facile via di ingresso per i
batteri.
La Terapia del pz ustionato deve essere tempestiva:
togliere i vestiti bruciati e raffreddare le parti interessate con acqua fresca (evitare ghiaccio e olio che
possono aggravare la situazione).
nelle ustioni da folgorazione spesso è necessaria la rianimazione cardio-respiratoria a causa dell’arresto
cardiaco e alterazione della mucosa respiratoria.
nella fase di shock ipovolemico si applica un catetere vescicale e venoso centrale o periferico in modo da
monitorare le perdite e stabilire la quantità di liquidi da infondere al pz.
profilassi antitetanica.
monitoraggio ematico.
medicazioni antibatteriche, specie nelle ustioni più profonde.
chiudere la lesione mediante degli innesti per 2 settimane per favorire la riepitelizzazione.
Grazie alla tempestività dell’intervento e alle terapie il rischio di mortalità o di evoluzione verso la fase
cronica è notevolmente < negli ultimi anni.
Nei rari casi di fase cronica si eliminano i detriti necrotici meccanicamente, cioè strofinando una garza
nell’area interessata, e chimicamente mediante tensioattivi (ammonio quaternario) o pomate a base di enzimi
litici (collagenasi). Segue la terapia antisettica con battericidi e batteriostatici, e la medicazione occlusiva
con garza vasellinata per evitare le aderenze tra garza e tessuto, facilitandone il distacco.
Nella fase tossinfettiva si ricorre all’intervento di escarectomia (rimozione chirurgica dell’escara) tra la 5^ e
7^ giornata, dopo aver ripristinato la volemia, per evitare il riassorbimento di sostanze tossiche e le infezioni
batteriche: l’escarectomia può essere totale in caso di area necrotica ≤ 20% (si asporta l’area necrotica e si
copre con un innesto cutaneo prelevato da una zona sana), oppure parziale o a tappe quando l’area necrotica
è > 20% poichè il pz non presenta zone cutanee sane sufficienti per ricavare gli innesti, per cui si asporta