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Estratto del documento

Maometto (La Mecca 570 circa, Medina 632) è considerato dai musulmani l’ultimo dei profeti, quello che ha concluso il ciclo d ella rivelazione

iniziata con Adamo.

La prima localizzazione urbana, che elegge la città a luogo privilegiato per lo sviluppo del mondo musulmano, è opera di Maometto con

l'emigrazione dalla Mecca a Medina nell'anno 622 (égira), creando quella che J. Berque chiama la repubblica profetica.

Una repubblica cittadina, che tagliava fuori il deserto e le steppe circostanti e collocava al centro il modello urbano.

Prima della sua predicazione, gli arabi erano un popolo sostanzialmente nomade.

La regione dove si era manifestata la predicazione di Maometto e ove si svolse l’opera di sistemazione giuridica e istituzionale dell’islam

(l’altopiano arabico dell’Hegiaz, al – Higaz), era tra le poche in cui il popolo arabo aveva conosciuto e praticato forme d’insediamento stabile di

tipo urbano, basate sull’attività agricola e commerciale.

L’altopiano si trova lungo un’importante strada carovaniera che collegava il Mediterraneo all’Oceano Indiano (Mecca, Taif, Medina, Gedda),

prima ancora che risultasse conveniente la navigazione lungo il Mar Rosso.

L'Islam è una religione creatrice di città, la scelta stessa del sito è determinata da fattori religiosi.

La sua espansione ha fatto moltiplicare il numero delle città fino ai margini del deserto, trasformando le tribù nomadi in popolazioni urbane.

In molti casi si tratta di creazioni ex nihilo: il nuovo aggregato si afferma su spazi vuoti e soltanto col tempo assumerà il ruolo di polo per un'area

che a questo fa riferimento come centro religioso-amministrativo e mercato di scambio.

Le città si sono sviluppate sia per il supporto economico derivante dall'organizzazione delle carovane, sia per l'ideale islamico che ne alimenta la

nascita:

- fostat, città-accampamento dei conquistatori accanto alle città pre-islamiche;

- ribat, una sorta di avamposto - convento fortificato per i soldati della guerra santa;

- città dinastiche, moltiplicate dall'instabilità delle dinastie.

Al vertice urbano stavano le città per eccellenza, che integravano le loro attività economiche con funzioni d’irraggiamento della cultura

musulmana.

In secondo rango figuravano le capitali, città amministrative e militari, residenze di sovrani.

Al terzo venivano i porti, centri di attività commerciali rivolti all'esterno e in contatto continuo con gli europei. Infine, i mercati rurali erano

disseminati nei territori.

Al-Medīna al-Mukarrama (Medina la Venerata) è la città per eccellenza, dapprima come luogo d’esilio di Maometto e in seguito come sede

dell’autorità islamica.

Medina è città antichissima, le cui origini si perdono nell'età del dominio assiro. Si chiamava allora Yathrib; per gli antichi Romani, era Yatrippa

Il vocabolo madīna compare diciassette volte nel Corano, voce araba che significa città; in italiano, medina è entrato nell'uso come sostantivo

indicante il centro storico della città islamica.

Decisivo, per il mutamento del nome, fu l'inizio dell'Egira; a Yathrib si trasferì Maometto, che creò la prima comunità di fedeli musulmani.

A rendere tipica una medina (città storica), come quella di Fès (una delle città imperiali del Marocco), è un

tessuto urbano molto denso e serrato, composto da una giustapposizione di cellule affiancate le une alle altre.

2. Le componenti essenziali della città islamica

L’idea di città islamica, contrariamente a quello che è accaduto con la trattatistica e manualistica architettonica e urbana occidentale, non è stata

codificata.

L’organizzazione urbana islamica nega un procedimento intenzionale e programmato per il quale la città verrebbe prima progettata e poi

realizzata.

La città era sempre stata per gli Arabi una creazione spontanea e tutto ciò continuerà a persistere anche dopo l'avvento dell'Islam, con l'aggiunta

della funzione religiosa e politica.

La cultura urbana dell'Islam si forma e si sviluppa anche attraverso i contributi derivati dalle tradizioni costruttive e dalle strutture urbanistiche

delle città pre-islamiche dell'Arabia e dei paesi di prima conquista, gravitanti nell'orbita del mondo ellenistico e romano da un lato e persiana

dall'altro.

All'interno dello schema antico compaiono però elementi nuovi, che diverranno segni distintivi della città islamica (il palazzo, la moschea e le file

di botteghe che prefigurano i suq delle forme urbane più mature).

La città islamica presenta un’organizzazione dello spazio ricorrente, manifestazione concreta di una specifica concezione di società; questo

nonostante le rilevanti differenze etnico – culturali, dimensionali e stilistiche connesse con le variabili storico – geografiche e ambientali; anche

attraverso un complesso delle norme e delle consuetudini generali di carattere legale e giuridico della società islamica, in particolare quelle

connesse alla proprietà, l’uso e i diritti di edificazione del suolo urbano, ai rapporti con le strutture religiose.

Questa ricorrente struttura urbana si legge non solo in città di nuova fondazione (in epoca più o meno remota), ma anche in numerosi casi in cui

popoli e istituzioni islamiche si innestarono su impianti urbani di tutt’altra origine, quali i centri ellenistico – romani della Siria (Damasco, Aleppo,

Antiochia), i centri permeati di cultura berbera (Meknes, Tlemecen), quelli di matrice indo – ariana (Herat, Bukhara), quelli sviluppatisi su uno

schema tripartito centrasiatico (Samarcanda, Merv).

Uno dei caratteri ricorrenti nella formazione e trasformazione delle città islamiche è la compresenza, all’interno dello stesso perimetro urbano,

di più comunità di matrice etnica, religiosa, culturale e linguistica anche molto differenti (si pensi ai consistenti gruppi di ebrei e cristiani presenti

in molte città del Mediterraneo)

Un sincretismo religioso e culturale, che risulta riconoscibile in diversi impianti urbani. Quello che scopriamo è la sintesi di una stratificazione di

molteplici civiltà.

Nella città islamica, lo spazio è in armonia con la struttura della società stessa, con la religione islamica (Al Hadith) e con il modo di vivere.

Le caratteristiche principali della città islamica sono:

- una configurazione chiusa, in contrasto alla continuità infinita e alla solitudine del deserto;

- la moschea è il cuore della città, integrata organicamente nella vita quotidiana dei cittadini;

il tessuto urbano presenta una dimensione orizzontale (la forma della città tappeto), che esalta la verticalità dei minareti e delle cupole delle

moschee; caratterizzato da un apparente disordine planimetrico (il tratto più appariscente del tessuto urbano è l'anarchia del suo impianto); i

punti di orientamento e di riferimento come i minareti e le moschee contemperano questa dimensione orizzontale.

La legge dominante è la massa costruita piuttosto che lo spazio negativo. È la massa che controlla lo spazio urbano e lo caratterizza.

Inoltre, la varietà e l’importanza dell’acqua e delle piante nel deserto hanno portato a introdurre questi elementi ovunque fosse possibile.

Vi sono alcuni connotati strutturali che distinguono la città islamica dagli altri modelli di urbanizzazione; si tratta di alcune peculiarità che non

stanno tanto nei singoli elementi costitutivi, tanto nel modo particolare di connetterli e di metterli a sistema; modalità di relazioni fra gli spazi,

che appaiono sufficientemente costanti al variare delle coordinate storiche e geografiche.

Un articolato e sufficientemente coerente sistema di relazione fra le parti, capace di aggregarle e combinarle in una configurazione unitaria di

elevato valore espressivo; che, senza negare le caratteristiche dei singoli componenti, li fonde e li trascende in un esito spaziale fortemente

rappresentativo della cultura che rappresenta.

Una sorta di matrice profonda, che caratterizza tutte le città di matrice – storia islamica.

Le componenti essenziali, non sempre espresse fisicamente da tipi edilizi ricorrenti e/o da schemi aggregativi riconoscibili e codificati, si possono

in estrema sintesi ricondurre a cinque elementi:

- il nucleo fondamentale, che include il centro religioso e culturale, il centro del sistema commerciale e il centro del sistema politico –

amministrativo, sul quale converge la rete della viabilità primaria;

- l’insieme delle aree residenziali, innervate e servite dalla rete di viabilità secondaria;

- il dispositivo difensivo che include la cinta muraria, a volte raddoppiata da una seconda cerchia bastionata e spesso da una cittadella;

- le attrezzature e gli spazi di servizio e complementari, in posizione periferica o esterna;

- una rete gerarchizzata della viabilità.

3. Il nucleo fondamentale

Lo svolgimento delle attività di culto e della vita intellettuale avviene nell’edificio più rappresentativo, la Moschea principale (anche Grande

Moschea, in persiano la Moschea del venerdì), che deriverebbe la sua forma architettonica dalla casa di Maometto a Medina.

Originariamente serviva anche come agorà, per discussioni e incontri culturali, per l’amministrazione della giustizia e la comunicazione di editti,

per l’acclamazione del Califfo o del Governatore (che dirigeva la preghiera del venerdì); nonché, occasionalmente, per il Consiglio degli anziani,

l’insegnamento e lo studio; con l’ occupazione libera degli spazi, sia dell’area che della corte (sahn), sia di eventuali altri spazi accessori, fra cui

un secondo cortile esterno e avvolgente (ziyada, letteralmente estensione), un vero e proprio filtro fra la Moschea e la città.

Alle funzioni assembleari della Moschea principale rispondevano quindi gli spazi di preghiera all’aperto, usati talvolta per la preghiera comune

degli eserciti in armi (sari’a nel Maghreb).

La facciata, il fronte esterno, mezzo di esteriorizzazione così importante in Occidente, non esiste in quanto tale e lo stesso vale per la piazza.

Mentre la città occidentale ospita generalmente due poteri, quello politico e quello religioso, nella città islamica questi coincidono; con ciò si

spiega perché non ha avuto bisogno di una piazza per le riunioni pubbliche.

La casa (bayt) volta le spalle alla strada: è una cellula autonoma, che rivela assai poco del suo contenuto. Nell’abitato tradizionale non è la facciata

(wājiha) che conta, ma il cortile ombroso (wasat al-dār) (in arabo, dar significa propriamente corte e per esteso casa).

Uno spazio chiuso, protetto dalle pareti che lo riparano dalla fu

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Publisher
A.A. 2017-2018
56 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/21 Urbanistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sofia.5 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Urbanistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Milano o del prof Vitillo Piergiorgio.