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La Retorica
Il linguaggio serve per trasmettere ad altri il nostro pensiero ossia per comunicare. Ma il contenuto dei nostri pensieri può essere assai vario. Talvolta ci proponiamo di trasmettere un'informazione obiettiva: tipico da questo punto di vista è il discorso scientifico, che è fondato su cifre ed elementi tratti dall'osservazione della realtà e che viene spesso formulato in maniera secca e stringata. Naturalmente lo scienziato quando scrive si prefigge di convincere gli altri della verità delle proprie asserzioni; ma per fare ciò si affida interamente alla forza persuasiva delle proprie argomentazioni, alla loro coerenza interna. Un teorema matematico riesce convincente quando può essere dimostrato vero in se stesso; analogamente il rendiconto di un lavoro tecnico-applicativo (per esempio uno studio sull'inquinamento ambientale), riesce convincente quando i dati forniti appaiono veritieri e soprattutto controllabili.
In maniera che chiunque altro possa ripetere le analisi per verificare i risultati. Ci sono però molte altre situazioni in cui gli elementi che ci si propone di trasmettere non sono altrettanto obiettivi, ma rispecchiano piuttosto una nostra opinione. Questo accade per esempio nel discorso politico, che si fonda sull'intento di persuadere gli altri, e spingerli ad accogliere la nostra ideologia, cioè il nostro modo di vedere le cose. In maniera ancor più vistosa ciò si verifica nel discorso pubblicitario, in cui addirittura non si presume neppure che colui che produce il messaggio sia sincero. Può darsi che il pubblicitario cui viene affidato il compito di reclamizzare un dato detersivo sappia per certo che quel prodotto non è affatto raccomandabile: tuttavia, il suo mestiere, gli impone di far tutto perché la gente si senta spinta a comprarlo. Non dobbiamo scandalizzarci di questo, perché nella nostra società industriale
ènormale che sia così; del resto basta esserne coscienti e non prendere per oro colato tutto quello che ci dice la pubblicità. Gli antichi Greci, che per primi si accorsero di questi problemi, hanno coniato un termine speciale per indicare la tecnica secondo cui vanno confezionati i discorsi aventi per scopo la persuasione degli altri: l'hanno chiamata RETORICA, che significa all'incirca "arte del dire". Originariamente la loro attenzione si era fissata sulla tecnica "oratoria", ossia sulla tecnica dei discorsi tenuti in pubblico (per esempio le arringhe degli avvocati), e in quest'ottica avevano debuttato tutta una serie di norme da rispettarsi per conseguire il migliore risultato possibile. Essi suggerivano un metodo molto preciso per ciò che riguarda la disposizione degli argomenti, lo svolgimento delle argomentazioni, la confutazione delle tesi avversarie e la conquista delle simpatie degli ascoltatori. Un elementoessenziale per ottenere l'obiettivo desiderato consisteva poi nell'uso calcolato e sapiente di vari espedienti, detti figure retoriche, che assolvevano al compito di abbellire il discorso, ornandolo e rendendolo più gradevole. È chiaro infatti che per ottenere il consenso del destinatario è opportuno fare appello al suo gusto, al suo amore per le cose belle, proponendogli dei giri di frase che colpiscano la sua fantasia. Ecco allora che già gli antichi si misero a codificare un'ampia gamma di figure retoriche. Proprio per questo, col passare del tempo la retorica ha finito per essere associata in maniera privilegiata ai testi letterari, ossia ai testi che fanno un uso particolarmente vistoso delle figure retoriche. Ma che relazione esiste tra un'arte del dire, come la retorica, che era nata con l'intento di insegnare le tecniche della persuasione, ed i testi letterari, che almeno in apparenza non debbono persuadere nessuno? In effetti anche se unPoeta o un romanziere può essersi proposto di propagandare una sua ideologia, questa in genere non è l'ottica in cui vengono lette le opere letterarie. Eppure sotto sotto, anche i testi letterari hanno dei fini persuasivi, non fosse altro che il fine di indurre i lettori a leggerli, cioè a trovarvi appagamento. Lo scrittore realizza i suoi prodotti con l'intento di trasmettere ai suoi lettori un messaggio in cui crede molto, e che esprime la parte più viva e intima della sua personalità. Logico quindi che tale messaggio sia affidato a strumenti linguistici profondamente pensati, che nascono attraverso un lungo travaglio di prove.
Questo non significa però che ogni opera letteraria sia un denso contenitore di metafore, similitudini e via discorrendo. Anzi, talvolta, gli autori scelgono uno stile secco, privo di compiacimenti, proprio per reazione all'eccesso di ornamenti retorici che hanno caratterizzato in certe epoche l'arte.
Della scrittura. In effetti, la retorica, ha subito il destino tipico di tutti i prodotti e le tecniche legate al gusto della gente. Nata per abbellire i testi, essa ha finito spesso per irrigidirsi in uno sterile elenco di espedienti preconfezionati, fino a generare un senso di saturazione nei lettori. Anziché funzionare da stimolo alla fantasia inventiva, essa è insomma ridotta, nei tanti manuali di retorica confezionati nei secoli scorsi, ad un'arida precettistica che ostacolava la libertà creativa. Così è accaduto che questa parola assumesse addirittura un significato negativo: quando oggi diciamo che qualcuno "fa della retorica", intendiamo dire che parla a vuoto, che non dice nulla di concreto. Non dobbiamo tuttavia lasciarci condizionare da questi modi di confutazione = smentita, critica, dimostrazione di falsità.