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LA CINA, LE POTENZE E LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Alla vigilia della nascita della Repubblica, la Cina era uno dei tanti tesori e la principale cassaforte

coloniale che le Potenze avevano costruito fin dal secolo precedente.

alla vigilia della prima guerra mondiale gran parte dell’Asia

Fatta eccezione per il Giappone,

orientale e meridionale era sotto il controllo delle maggiori potenze.

Tra la fine del 19mo e l’inizio del 20mo secolo la rivalità tra la Russia e l’Inghilterra aveva

segnato le relazioni internazionali: l’egemonia britannica, imperniata sull’India, era

fortemente

passata al conflitto in Asia Centrale e nel Golfo Persico con le ambizioni zariste; e nel frattempo

Londra si contendeva con la Germania il controllo sulla penisola dello Shandong.

Intanto la Russia si trovava a fronteggiare nelle regioni estremo-orientali, lungo il confine cinese, la

concorrenza giapponese, mentre la Francia creava l’Indocina francese e l’Olanda le Indie Orientali

Olandesi. sempre intervenuti marginalmente nell’insediamento in Asia, ma in

Quanto agli Stati Uniti, erano

seguito alla “conquista del west” si era accentuato l’interesse per il Pacifico.

Nel 1899 gli Usa avanzarono la proposta di una politica della “porta aperta” verso la Cina,

le Potenze godessero di condizioni paritarie nell’accesso alle risorse cinesi,

chiedendo che tutte

cercando quindi di difendere i loro interessi, dal momento che non avevano possedimenti in Cina.

SHIMONOSEKI, PORTSMOUTH, VERSAILLES

Le tre località di Shimonoseki, Portsmouth e Versailles rappresentano simbolicamente i momenti

più rilevanti nel processo di umiliazione nazionale che la Cina conobbe nel periodo tra la fine

dell’Impero e l’inizio della Repubblica.

Il Trattato di Shimonoseki del 1895 sancì la disfatta cinese contro il Giappone: i Qing dovettero

cedere al Giappone l’isola di Taiwan e la penisola del Liaodong nella Manciuria meridionale,

dovettero rinunciare a qualsiasi controllo sulla Corea e versare un’ingente indennità di guerra a

Tokyo, con gravi ripercussioni sul sistema finanziario dei Qing.

Il Trattato di Portsmouth del 1905 pose fine alla guerra tra Russia e Giappone per la supremazia

militare in Estremo Oriente, assicurando a Tokyo il controllo sulla Manciuria meridionale e

affermando il Giappone come potenza mondiale.

Infine, il Trattato di pace di Versailles che pose fine alla prima guerra mondiale, assegnando lo

Shandong al Giappone ed escludendo la possibilità di abrogazione dei “trattati ineguali” in cui la

Cina sperava.

La crisi del 1911 e la fondazione della Repubblica aprirono nuove speranze, ma offrirono anche alle

Potenze l’opportunità di sfruttare a situazione di caos e di divisioni interne per rafforzare la propria

influenza.

In quegli anni, il maggior problema della Cina era il controllo sulle frontiere.

La Cina aveva infatti difficoltà ad affermare il suo controllo su alcune aree come il Xinjiang, la

Mongolia esterna e la Manciuria settentrionale occupate dalla Russia, il Tibet occupato

dall’Inghilterra e la Manciuria meridionale e la Corea occupate dal Giappone.

Le maggiori preoccupazioni erano rivolte alla frontiera settentrionale, visto che la Russia e il

Giappone cercavano di spartirsi la Cina e alcuni trattati sottoscritti dalle Potenze con il Giappone

facevano sì che quest’ultimo potesse proseguire tranquillamente i propri progetti espansionistici.

La maggiore minaccia per i Cinesi era quella russa, infatti la Russia mirava ad annettersi la

Mongolia e la Manciuria settentrionale e occupare il Xinjiang per proseguire le sue mire

verso l’Asia.

espansionistiche

Riguardo al Giappone la percezione cinese appariva in profonda trasformazione.

Da una parte infatti non si era spenta la speranza di un ruolo propulsivo di Tokyo ai fini

dell’emancipazione dei popoli dell’Asia: Sun Yat-sen e numerosi rivoluzionari avevano trovato

rifugio in Giappone dopo il 1905 e ancora dopo il 1913, e lo stesso Sun aveva intessuto relazioni

positive con i membri dell’establishment politico, militare e culturale giapponese.

Nel corso della sua visita in Giappone nel 1913, Sun era stato accolto con calore da ministri,

dignitari di corte e banchieri: segno che Tokyo intendeva difendere i propri interessi attraverso

relazioni con Yuan Shikai, ma non trascurava la possibilità di una sostituzione di Yuan al vertice

della Repubblica con Sun.

Un anno dopo, nel 1914, in esilio a Tokyo dopo la fuga dalla Cina, Sun trovò un clima meno

favorevole, poiché non era più l’unico interlocutore privilegiato tra coloro che congiuravano per

rovesciare Yuan Shikai, ma uno dei tanti tra generali e indipendentisti mongoli e mancesi.

La sua posizione diventerà ancora più difficile nel 1915 all’epoca delle “Ventuno domande”, ed

anche se in seguito riuscì a riconquistare un solido legame col Giappone dopo la morte di Yuan

Shikai, fu costretto a condividerlo con altri protagonisti, militari e civili.

Il fascino del modello giapponese appariva sempre più oscurato dal profilo minaccioso che

sembrava celarsi dietro di esso: la sorte subita dalla Corea nel 1910 aveva messo in allarme molti

cinesi, preoccupati per ciò che sarebbe potuto accadere anche alla Cina se non fosse stata in grado

di avviare un programma di rinascita e di rafforzamento interno e internazionale.

La situazione era allarmante non solo al nord, ma anche al sud: nel 1913 Yuan Shikai era stato

costretto dalla pressione britannica a riconoscere l’autonomia del Tibet, in cambio del

riconoscimento della Repubblica da parte dell’Inghilterra.

L’autonomia del Tibet appariva pericolosa perché poteva aprire dei varchi nelle frontiere

soprattutto nel Sichuan e nello Yunnan, confinanti con l’Indocina francese.

meridionali,

Le ambiguità giapponesi, unite alle politiche colonialiste britanniche, francesi e russe, spinsero

molti intellettuali cinesi a guardare sempre con maggior speranza agli Stati Uniti come fonte di

aiuto e sostegno alla causa nazionale.

Quando Woodrow Wilson, leader dei democratici, vinse le elezioni presidenziali del 1912, egli

dapprima ritirò la partecipazione statunitense dal Consorzio finanziario internazionale che doveva

garantire un grosso prestito a Yuan Shikai, criticandone le condizioni penalizzanti per la Cina, in

seguito avviò il processo di riconoscimento democratico, suscitando l’ira della diplomazia europea.

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

La prima guerra mondiale del 1914-1918 fu il frutto di rapporti difficili tra le Potenze, che si

divisero in due schieramenti: la Triplice Intesa, basata sull’alleanza tra Gran Bretagna, Francia e

Russia, e la Triplice Alleanza, imperniata su Germania, Austria-Ungheria e Italia.

La guerra si svolse principalmente in Europa, ma tuttavia il conflitto si estese anche alle colonie e

alcune battaglie furono combattute in Medio Oriente, Africa e Oceania.

Nel 1914 il Giappone, richiamandosi al patto firmato con la Gran Bretagna, dichiarò guerra alla

Germania e attaccò i possedimenti tedeschi in Estremo Oriente, tra cui la penisola dello Shandong,

portando la guerra in Asia.

La Cina si trovò di fronte al pericolo di divenire un campo di battaglia tra le Potenze che avevano

possedimenti cinesi, così dichiarò la sua neutralità, ma ciò non impedì al Giappone di invadere lo

Shandong.

Nel 1915, approfittando del fatto che le Potenze erano impegnate nella guerra, il Giappone presentò

a Yuan Shikai le “Ventuno domande”: un elenco di richieste che avrebbero allargato i diritti e i

privilegi economici giapponesi in varie regioni e che prevedeva l’inserimento di consiglieri

giapponesi nel settore politico, militare e finanziario, trasformando la Cina in un protettorato.

L’ondata di proteste che scoppiarono costrinse Tokyo a ritirare quest’ultimo punto, ma allo stesso

tempo venne inviato un ultimatum a Yuan Shikai, che fu costretto ad accettare le richieste.

La data dell’accettazione, il 7 Maggio, sarebbe stata ricordata negli anni a venire come il Giorno

dell’Umiliazione Nazionale.

Nel frattempo vennero esercitate pressioni sul governo cinese, soprattutto dopo la morte di Yuan

Shikai, affinché si schierasse con questo o quel gruppo di potenze.

L’allora primo ministro e leader della fazione militare dello Anfu, Duan Qirui, fu costretto dal

Giappone e dagli Stati Uniti a schierarsi al fianco della Triplice Intesa.

Sun Yat-sen aveva sempre sostenuto che la Cina dovesse restare neutrale, poiché la partecipazione

alla guerra avrebbe portato solo altri danni e problemi.

In realtà la Cina poteva offrire molto poco in termini di sostegno militare, così l’Inghilterra e la

Francia richiedevano nuova manodopera che potesse colmare i vuoti nelle fabbriche e nei luoghi di

lavoro creatisi con l’invio al fronte di centinaia di migliaia di uomini.

Così molti Cinesi, che volevano scappare dalla miseria, andarono in Europa a lavorare come

scaricatori di porto o come scavatori nelle trincee, e molti di loro morirono o durante il viaggio o

per difficoltà di adattamento.

La guerra era ormai finita: la Conferenza di pace riunì i leader delle maggiori potenze per definire il

nuovo ordine internazionale che si era creato durante il conflitto.

Furono poste le basi per la Società delle Nazioni, che avrebbe dovuto prevenire i futuri conflitti o

risolverli pacificamente.

Furono firmati trattati di pace con i paesi sconfitti, spesso prevedendo onerosi impegni in termini di

per la Germania e l’Impero Ottomano.

riparazioni di guerra e di rinunce territoriali, soprattutto

Nel frattempo furono firmati accordi segreti con cui il Giappone ottenne i possedimenti tedeschi nel

Pacifico e mantenne il controllo sulla penisola dello Shandong.

La delegazione cinese a Versailles era guidata da capaci diplomatici come Lu Zhengxiang, Gu

Weijun, Shi Shaoji e Wang Zhengting.

Al suo arrivo, la delegazione fu accolta con l’inquietante notizia che il Giappone aveva firmato

accordi segreti per mantenere il controllo sullo Shandong.

La delegazione cinese puntava alla restituzione diretta dei possedimenti tedeschi nella baia di

Jiaozhou e all’abolizione dei privilegi ferroviari e minerari tedeschi nella provincia.

Il Giappone, in virtù degli accordi segreti, rivendicava adesso i pieni diritti sullo Shandong, mentre

la delegazione cinese, colta alla sprovvista, adesso puntava sul sostegno americano.

Wilson si impegnò per garantire ai Cinesi almeno la restituzione “indiretta” dello Shandong (Cioè

dalla Germania al Giappone, che poi l’avrebbe restituito alla Cina in tempi non ben definiti).

La delegazione cinese uscì dalla conferenza pesantemente sconfitta: la restituzione indiretta dei

possedimenti annullò una possibile vitt

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Publisher
A.A. 2016-2017
50 pagine
17 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/14 Storia e istituzioni dell'asia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher DARIO9529 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia e Istituzioni della Cina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi L'Orientale di Napoli o del prof Paderni Paola.