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STUDIO DI RISONANZA MAGNETICA FUNZIONALE:
esperimento sulla memoria di parole. Si vuole vedere come si attiva il cervello quando
memorizziamo efficacemente delle parole. Come avviene la risonanza magnetica
funzionale? Devo avere sempre due condizioni a confronto, per vedere se il BOLD
aumenta o diminuisce. In questo caso le due condizioni sono:
- parole che io ho successivamente ricordato; - parole che mi sono dimenticata.
Quindi segnale BOLD relativo all’elaborazione di parole che in seguito mi sono ricordato
rispetto a parole che in seguito ho dimenticato (quindi le avevo codificate poco).
Se io confronto l’attivazione nel cervello in risposta a due tipi di stimoli osservo che cos’è
accompagnato da un ricordo più efficace.
Il segnale BOLD aumenta quando non sappiamo le parole ma va di pari passo alle parole
che vengono ricordate.
La regione V1 non partecipa alla memoria.
La corteccia motoria destra non partecipa.
Giro frontale inferiore sinistro: c’è stato molto consumo di ossigeno durante la
presentazione di parole che poi saranno state ricordate. Quindi la corteccia frontale
sinistra partecipa alla codifica degli eventi.
Giro fusiforme sinistro: è la regione visiva che riconosce le parole.
regione paraippocampale: è coinvolta nella codifica a lungo termine.
- IMAGING OTTICO:
si tratta di una tecnologia nuova che si basa sul proiettare dei fasci di luce infrarossi sul
capo di una persona e osservare come la luce attraversa le regioni cerebrali. Fasci di
radiazioni luminose vicine all’infrarosso vengono proiettati verso la testa del soggetto. La
luce si diffonde attraverso i tessuti e alla sua uscita del cranio viene rilevata da sensori
localizzati sul cuoio capelluto. Le regioni cerebrali più attive diffondono meglio la luce
perché c’è più sangue.
invasività: questa tecnica di visualizzazione non è invasiva.
risoluzione temporale: ha un eccellente grado di risoluzione temporale.
risoluzione spaziale: la risoluzione spaziale è simile a quella della MRI.
- MEG: Risto Naatanen.
È la “magneto encefalografia”, cioè la modificazione dei campi magnetici in relazione ai
processi cognitivi.
Questi campi magnetici vengono prodotti dal cervello. Il cervello produce potenziali elettrici
e qualunque variazione di voltaggio è associata a una variazione di campo magnetico.
Queste minuscole variazioni di campo magnetico si possono rilevare appunto con la MEG.
studia le variazioni di campo magnetico che derivano dagli scambi sinaptici all’interno del
nostro cervello.
I potenziali postsinaptici all’interno della corteccia sono associati a una modificazione di
campo magnetico, quindi per osservare il funzionamento cerebrale sulla base di segnali di
tipo temporalmente sincronizzato (con una risoluzione di 1 millisecondo) si usa la MEG o
l’EEG.
Il principio su cui si basa la MEG fondamentalmente è quello di proteggere i debolissimi
segnali elettromagnetici, filtrarli (cancellare segnali non biologici che derivano
dall’inquinamento elettromagnetico) e amplificarli in modo che siano rilevabili, quantificabili
e misurabili.
Per proteggerli si usa un dispositivo formato da un sistema che si basa su una doppia
parete all’interno della quale c’è il vuoto. Lo scopritore di questa tecnica che consiste nel
creare il vuoto fra le due pareti si chiama Dewar (si chiama doppia parete Dewar). Nel
vuoto le particelle non ci sono e quindi non c’è possibilità di trasmissione elettromagnetica.
In questa doppia parete le particelle sono immobili perché la temperatura è – 237 °.
Il tipo di segnali che si ottengono sono identici, dal punto di vista della morfologia, a quelli
che si ottengono con i potenziali evocati, che derivano da una tecnica poverissima rispetto
alla MEG. La MEG tuttavia rispetto ai potenziali evocati è caratterizzata non solo da una
elevata risoluzione temporale, ma anche da un’eccellente risoluzione spaziale.
La MEG è una procedura preoperatoria che consente di identificare la corteccia
somatosensoriale.
Può essere usata sia per localizzare le funzioni mentali sia per studiare il decorso
temporale dell’elaborazione delle informazioni. Quindi è possibile stabilire con quale ordine
si attivano diverse regioni del cervello.
È quindi una fMRI più sofisticata, che va anche a vedere quali neuroni si stanno attivando.
La MEG ha dei fini diagnostici (per esempio per la localizzazione di masse tumorali o di
anomalie cerebrali che determinano un’alterazione dei campi evocati magnetici). Grazie
alla sua eccellente risoluzione spaziale, la MEG è uno strumento prezioso nella
neurochirurgia. Comporta però anche alcuni svantaggi:
1) i neuroni di cui la MEG riesce a registrare l’attività sono per lo più localizzati nei solchi in
cui l’asse maggiore di ogni dendrite apicale tende ad essere orientato parallelamente alla
superficie del cranio.
2) un apparecchio per la registrazione MEG ha ancora un costo abbastanza proibitivo in
confronto a quello per registrare gli ERP.
invasività: non è invasiva
risoluzione temporale: eccellente, ha la stessa risoluzione temporale degli ERP.
risoluzione spaziale: eccellente.
STUDI MEG: Ci sono stati molti studi sulla MEG, soprattutto usata con l’applicazione della
mismatch negativity, ovvero la risposta negativa dei potenziali evocati o elettromagnetici
che riflette la rilevazione di una discrepanza nella stimolazione uditiva. Il nostro sistema
uditivo monitora costantemente le nostre informazioni in ingresso e fa dei confronti su
cosa ho sentito nell’istante 1 e nell’istante 2.
In altre parole la mismatch negativity è la risposta del cervello quando lo stimolo 2 e lo
stimolo 3 sono diversi dallo stimolo 1. Quindi posso usarla in qualunque contesto per
vedere come viene rappresentato il suono, cioè se il paziente è in grado di discriminare
una differenza tra suoni di altezza diversa, di intensità diversa o per esempio tra fonemi.
- MRI:
Le immagini MRI forniscono una rappresentazione del cervello molto più nitida di quella
che è possibile ottenere con la TAC. Con la MRI è facile vedere i singoli solchi e i giri della
corteccia cerebrale. Il paziente è supino, con la testa nello scanner ed è immerso in un
debole campo di onde radio. Il risultato della risonanza sono delle sezioni tridimensionali
coronali, assiali, sagittali dell’encefalo. Si vedono bene variazioni di densità, se ci sono
concentrazioni.
L’acqua, composta da atomi di idrogeno, è la componente principale del sangue. Per
vedere l’idrogeno modifico l’orientamento dei suoi atomi. In seguito all’applicazione di
un’onda radio si modifica l’orientamento degli atomi di idrogeno. La risonanza magnetica è
uno strumento sofisticato che è in grado di rilevare quando questi atomi cambiano
orientamento e dove si trovano: il loro segnale si chiama segnale di risonanza (mi
permette di vedere dove si trova l’idrogeno). Ottengo in questo modo la fotografia del
cervello. La risonanza magnetica quindi mi dà il dettaglio anatomico osservando i segnali
di risonanza degli atomi di idrogeno quando il paziente si trova in un debole campo
magnetico e viene sottoposto a onde radio. L’unità di misura della forza elettromagnetica è
il TESLA.
Il campo magnetico non è nocivo, è debole. Se aumento il campo magnetico vedo meglio.
invasività: scarsa, c’è un fortissimo rumore.
risoluzione temporale: non c’è (15 – 30 secondi)
risoluzione spaziale: ottima
- NEUROFISIOLOGIA: Robert Desimone.
Desimone ha studiato come funziona il meccanismo dell’attenzione. Riguarda la
misurazione dell’attività bioelettrica di singole cellule o di cellule multiple mediante la
registrazione intracranica. Cioè vengono inseriti dei microelettrodi direttamente nel cervello
e poi si fanno delle misurazioni dell’attività di singoli neuroni di regioni diverse mentre
l’animale è perfettamente vigile.
invasività: È una tecnica altamente invasiva.
risoluzione temporale:
risoluzione spaziale: molto buona.
ESEMPIO: Prima registrazione dei neuroni specchio nel macaco.
Ciascun neurone ha un campo recettivo. Ogni neurone visuo – motorio, audio – visivo
ecc…, risponde a una specificità sensoriale. Per esempio se è uditivo risponde a una
gamma di frequenze, mentre quelli visivi sono specializzati oltre che per il tipo di stimolo,
per il campo recettivo, cioè la posizione retinica in cui cade l’oggetto.
Quindi se si illumina con una piccola barretta luminosa una certa posizione del campo
recettivo (misurazione da singolo neurone), il neurone “spara”, quindi produce potenziali
elettrici molto frequenti.
Se io mi sposto di poco, il neurone dimezza la frequenza di scarica. Se io vado fuori
stimolo degli altri neuroni e il neurone che stavo registrando non “spara” più.
La frequenza di base (risposta basale) è un’attività di standby che va a costituire
l’elettroencefalogramma.
La registrazione a singolo neurone si fa anche nell’uomo ma a scopo terapeutico, per
esempio per monitorare pazienti epilettici si instaurano delle griglie permanenti o
semipermanenti di elettrodi da cui si registra per vedere dove si trova il focolare epilettico.
- PATCH – CLAMP:
sono tecniche che isolano regioni limitate del neurone, permettendo di studiare i
cambiamenti della membrana che consentono l’ingresso ai neurotrasmettitori.
- PET: Steve Petersen.
È la “tomografia ad emissione di positroni”, cioè il primo macchinario in grado di leggere le
variazioni di flusso sanguigno cerebrale, durante lo svolgimento di particolari compiti o
durante lo stato di riposo.
Quindi il paziente è immobile nello scanner e si osserva come circola il sangue nel
cervello.
prototipo più moderno delle tecniche neurometaboliche. È invasiva in quanto si basa su
sostanze radioattive. Necessita di introduzione di radioisotopi. La PET è stata scoperta nel
1983.
La PET mi dà delle informazioni funzionali e mi dà un’immagine anatomica, dicendomi
dove c’è più o meno flusso di sangue (mi dà quindi un’indicazione neurometabolica).
Quindi io indirettamente posso vedere quali regioni sono attive e quali sono ipoattive. La
PET prevede un’iniezione in vena di un tracciante, comunemente acqua con un ossigeno
invece di 16 marcato 15. Questo tracciante raggiunge il cervello dopo circa 30 secondi.
Tra i 30 secondi e 1 minuto l’ossigeno marcato 15 perde un positrone (moleco