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PDM
Lo Psychodynamic diagnostic manual è un manuale diagnostico con un orientamento
teorico ben definito, contrariamente al DSM.
È il primo manuale che permette di formulare una diagnosi con un orientamento specifico, e
nello specifico con un orientamento psicodinamico. La prospettiva che utilizza non
prevede quindi che i dati diano senso alle categorie (DSM), ma sostiene piuttosto che la
teoria alla base dia un significato ai dati. Questo porta a dei punti di forza ma anche a dei
limiti: il limite è il fatto che, avendo una mia teoria, io osserverò in particolare i dati e i
costrutti che mi interessano, lasciando però fuori dei costrutti che invece altri autori, con
altri orientamenti, potrebbero reputare come principali.
L'obiettivo del PDM è quello di comprendere sia il funzionamento di personalità sano che
quello disturbato nello stesso paziente: tutti i pazienti, per quanto gravi siano, presentano
delle risorse, delle aree di funzionamento e un minimo di adattabilità. Queste aree di
funzionamento possono essere più o meno ampie, ma esistono sempre.
Questo funzionamento del paziente viene declinato in un suo profilo individuale, che
comprende le relazioni, la comprensione ed espressione delle emozioni, le modalità di
coping di fronte a stress o ansia, la capacità di osservare le proprie emozioni (entrarne in
contatto, sapere che effetto mi fanno) e i propri comportamenti e il giudizio morale del
paziente. Ovviamente, oltre a questi due obiettivi, il PDM si occupa anche dei pattern 69
sintomatici, includendo anche le differenze soggettive nella percezione di questi sintomi.
I punti di forza del PDM sono diversi:
• il disturbo o il disagio vengono valutati in maniera dimensionale, non categorica;
• si presta molta attenzione alle risorse dei diversi pazienti;
• si possono creare profili specifici per infanzia e adolescenza (sezioni apposite);
• partire dall'idea che la comorbilità è un dato di fatto, una caratteristica tipica del
disturbo mentale (nelle diagnosi descrittive/categoriali di solito la comorbilità è un
problema, un'eccezione);
• le sindromi, più che semplici assemblaggi di criteri, sono “Gestalt”, dei sistemi
complessi in cui confluiscono diverse dimensioni complesse.
La differenza sostanziale tra DSM e PDM è il fatto che entrambi i manuali compiono
diagnosi multiassiali, ma il DSM compie diagnosi categoriali e politetiche, mentre il PDM
compie diagnosi multidimensionali e prototipiche.
Quindi il PDM serve a integrare i sintomi con un più generale modello di funzionamento del
paziente, fornendo una nuova prospettiva psicodinamica in grado di incrementare la
comprensione dei diversi approcci al trattamento e di far comprendere sia le origini
biologiche che quelle psicologiche del disturbo.
L'aspetto più interessante è il fatto che il PDM mette in atto un forte collaborative effort,
un tentativo di integrare diverse modalità e prospettive diagnostiche, trovando un
compromesso. Esso infatti si propone di catturare la complessità dei fenomeni clinici
(comprensione funzionale) e di sviluppare criteri attendibili che possano essere esportati
anche nel campo della ricerca (comprensione descrittiva). Si cerca quindi un legame tra la
complessità clinica e la scientificità della ricerca empirica, in modo da dare un fondamento
empirico alle scoperte cliniche.
Il PDM parte da un'idea di salute e malattia aventi una definizione complessa, comprendente
diverse dimensioni e diversi aspetti; la malattia mentale è concettualizzata in maniera meno
semplificata rispetto a come viene concettualizzata da altri sistemi diagnostici. Tutto questo
cercando di non sacrificarsi in termini di attendibilità e validità statistica. Se il problema
delle concettualizzazioni iper-semplificate è quello di non comprendere tutti gli aspetti
necessari a comprendere il paziente, il problema del PDM potrebbe essere quello di
considerare aspetti troppo “complessi”, difficilmente “trasportabili” nella ricerca.
La salute mentale è considerata più della semplice assenza di sintomi psicopatologici;
comprende il funzionamento mentale/cognitivo adeguato, la qualità delle relazioni
interpersonali, la capacità di regolazione emotiva/affettiva, le strategie di coping adattive e
la buona capacità di auto-osservazione. Gli aspetti da considerare sono quindi molteplici, e
questo evidenzia la complessità della singola persona. Oltre a questo, però, il PDM si
focalizza anche sulle esperienze personali, sui pensieri e sui sentimenti del paziente: non
basta capire quanto è grave un sintomo, serve capire che significato ha per la persona.
Ovviamente l'obiettivo è quello di integrare queste esperienze personali all'interno di un
quadro di funzionamento più ampio e individualizzato.
La malattia, quindi, non è solo la presenza o assenza di sintomi (analisi oggettiva), ma
riguarda anche la descrizione dell'esperienza interna del paziente in termini di pensieri,
sentimenti e comportamenti. Si tenta quindi di affiancare alle spiegazioni funzionali quelle
eziologiche, facendo riferimento, laddove possibile, alla biologia e alle neuroscienze. Anche
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in questi casi, infatti, si partirebbe da una teoria per attribuire significato a dei sintomi,
anche se una teoria più biologica. L'idea rimane quella della necessità di non partire da zero,
ma di avere una teoria di riferimento.
Riassumendo, possiamo dire che il PDM è una guida diagnostica multidimensionale che
si propone di caratterizzare il funzionamento individuale attraverso la descrizione del
funzionamento cognitivo, di quello emotivo e dei pattern sociali. È inoltre un sistema
psicodinamicamente orientato che operazionalizza la complessità e specificità dei
fenomeni mentali e permette la comprensione funzionale della patologia.
Propone un approccio multidimensionale per descrivere l'intricato funzionamento dei
pazienti, per arrivare a scegliere il trattamento migliore e ottimale per il paziente e
ingaggiarlo, farlo entrare in questo trattamento. Questo è possibile farlo solamente
classificando lo spettro dei pattern e dei disturbi di personalità, offrendo in seguito un
profilo del funzionamento mentale del paziente che descriva anche le sue risorse e punti di
forza. La sintomatologia considerata non riguarderà solo i sintomi oggettivi, ma anche
l'esperienza soggettiva.
Il PDM presenta tre diversi assi:
• asse P, pattern e disturbi di personalità considerati lungo un continuum;
• asse M, funzionamento mentale;
• asse S, sintomi.
Il manuale è divisibile in tre sezioni: la prima riguarda la classificazione dei disturbi mentali
degli adulti, la seconda la classificazione dei disturbi mentali di bambini e adolescenti, la
terza comprendente le basi concettuali ed empiriche utilizzate per costruire il manuale e per
compiere le classificazioni (articoli).
La parte della classificazione dei disturbi mentali degli adulti ha i suoi tre assi P, M ed S.
Nel primo asse, il P, si va a verificare la condizione generale della persona lungo un
continuum di funzionamento, che va da “sano” a “disturbato”. Quello che si indaga sono le
modalità caratteristiche con cui l'individuo organizza il proprio funzionamento mentale e si
mette in relazione con il mondo. La personalità è considerata come l'insieme delle modalità
di pensiero, emozione, comportamento e capacità di instaurare relazioni interpersonali
relativamente stabili e adattive; il disturbo di personalità è invece la situazione in cui
l'abituale modo di pensare, agire, sentire e stare con gli altri diventa rigido e disfunzionale.
Nell'asse M si procede con la comprensione della globalità della persona, attraverso la
formalizzazione e l'operazionalizzazione di alcune osservazioni che i clinici usano nella loro
pratica comune.
Nell'asse S, infine, si parte dalle categorie del DSM ma aggiungendo alcuni elementi,
arricchendo la comprensione del funzionamento del paziente descrivendo anche stati
affettivi, processi cognitivi, esperienze somatiche e pattern relazionali che clinicamente si
associano ai diversi disturbi. La presenza di un sintomo, infatti, influenzerà le relazioni del
paziente: un paziente che si taglia vivrà in una relazione in cui, presto o tardi, i tagli
diventeranno un tema importante, conflittuale. E questo vale per tutti i sintomi.
All'interno del PDM il livello di gravità viene stabilito in base ai livelli tipici della
psicoanalisi: assenza di disturbo, livello nevrotico e livello borderline. I soggetti con
assenza di disturbi di personalità sono soggetti con buone strategie di coping, che però
risultano non abbastanza flessibili per far fronte a situazioni di grande stress. Quindi questi
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sono soggetti che manifestano alcuni sintomi in condizioni di forte stress. I pazienti con
livelli di gravità più alti, invece, presentano sintomi più pervasivi e più “costanti”, che non
si presentano solo di fronte allo stress.
Il livello nevrotico è un livello intermedio, e riguarda soggetti che hanno raggiunto in modo
adeguato le precedenti tappe maturative, ma hanno delle strategie di coping troppo rigide.
Essi dispongono di un limitato range di meccanismi di difesa e di coping, e presentano
nuclei di sofferenza circoscritti ad un unico nucleo problematico (disturbi depressivi,
masochisti, ossessivo-compulsivi o isterici ad esempio). Sono pazienti con un buon
funzionamento a livello lavorativo, in grado di instaurare relazioni interpersonali abbastanza
mature e stabili, in grado di gestire e modulare l'emotività e di essere collaborativi e alleati
nel setting terapeutico.
I livelli di funzionamento borderline presentano invece difficoltà relazionali e
interpersonali, disregolazione emotiva, difficoltà in ambito lavorativo, comportamenti
impulsivi e a rischio, tendenze suicidarie (ma non tutti: molti progettano solamente o
tentano di eliminare una parte di sé, magari mettendo in atto comportamenti che fanno
soffrire sé stessi, come tagliarsi) e sintomi psicotici (anche se non sono deliri o allucinazioni
costanti). I disturbi più comuni che rientrano in questo livello sono la paranoia, la
psicopatia, il narcisismo, il sadismo, i disturbi dissociativi o i disturbi di somatizzazione. I
meccanismi di difesa tipici sono la dissociazione e l'identificazione proiettiva.
Pazienti di livello borderline con sintomi molto gravi rientrano in quello che può essere
definito come un livello psicotico.
I diversi livelli di organizzazione della personalità vengono descritti dal PDM includendo
diverse informazioni:
• caratteri